venerdì 16 dicembre 2016

Stefano Arcella, "Misteri antichi e pensiero vivente" (Ed. Controcorrente)

di Luca Negri 
(recensione pubblicata da LaConfederazioneItaliana.it)

In viaggio verso coste italiche Tamo il marinaio udì la voce che annunciava il deserto futuro: “Il grande dio Pan è morto!”. Quel momento, raccontato da Plutarco, quella voce, sanciscono la fine del tempo degli Dei, della contiguità nostra e naturale col divino, col Tutto. Fino ad allora l’uomo poteva ancora percepire la natura nella sua totalità, nei suoi diversi gradi di manifestazione; ma si inaugurava l’era della percezione del solo livello più basso e degenerato, quello materiale. Secoli dopo Jean Paul Sartre avrebbe sentenziato “La natura è muta”, forse non del tutto consapevole della verità analoga ma di segno opposto: è l’uomo ad esser diventato sordo. 
Giambattista Vico affrescò magistralmente la degenerazione progressiva e ciclica: dopo l’età degli Dei, della spontaneità, fu il turno di quella degli Eroi che niente hanno in dono e devono conquistar tutto, compresa una prossimità col divino; nacquero le religioni, i Misteri, le iniziazioni. Quando poi tacquero gli oracoli, o l’avanzata sordità ci rese capaci di solo accogliere la notizia della morte di Pan, ebbe inizio l’età degli uomini. Uomini meno sensibili e sensitivi, non più veggenti ma assordati dal rumore del deserto in crescita, irrobustiti nelle facoltà logiche, nel raziocinio, nel calcolo matematico e materiale ma debolissimi nell’immaginazione e privi di iniziazioni. Chiusi nella testa, nell’attività cerebrale, nei nervi, col logos ridotto a logica e il mito ridotto a noiose parafrasi scolastiche da Omero. 
Fra chi non si rassegna alla sordità e nervosità moderne e si prepara alla risurrezione di Pan dopo secoli di nascondimento dell’Essere, c’è lo studioso partenopeo Stefano Arcella. Già autore di saggi su Julius Evola, sul culto di Mithra, sul buddhismo e sulla tradizione gentilizia romana, Arcella ha recentemente pubblicato un’opera di notevole spessore culturale e spirituale ma di agevole lettura anche per chi non frequenta usualmente temi simili: Misteri antichi e Pensiero Vivente (Controcorrente edizioni). Vi son descritti tutti i principali culti misterici dell’antichità mediterranea: in Grecia (eleusini, dionisiaci, orfici, cabirici, di Andania), Egitto (Iside e Osiride) e Frigia (Cibele e Attis). Vi si insiste sul ruolo di mediazione, di trasmissione del significato profondo, archetipico, di quei riti svolto dalla civiltà del Rinascimento grazie alle personalità illuminate di Gemisto Pletone e Marsilio Ficino. 
Dunque qualcosa venne trasmesso fino ai tempi moderni, nonostante la morte di Pan, la nostra avanzata sordità; anzi forse proprio in virtù di quell’allontanamento dal divino posto al di fuori di noi, fu possibile un suo avvicinamento nella nostra interiorità. 
Così si spiega la seconda parte del titolo del saggio di Arcella: i misteri antichi tramontati possono risorgere in un pensiero che sia appunto vivente, non limitato dalla logica e dalla dialettica che ha messo in un vicolo cieco tutta la filosofia moderna e contemporanea. L’incontro con il pensiero vivente, con la tecnica per un pensare che ci rimetta in comunione cosmica, lo si ha soprattutto nell’insegnamento di Rudolf Steiner e dei suoi principali continuatori italiani: Giovanni Colazza e Massimo Scaligero. 
La via indicata da tali maestri è via di risalita proprio a partire dalla caduta: se l’uomo è chiuso nel pensiero, nella mente, nella capacità analitica, potrà liberarsi proprio pensando il pensiero stesso, osservando la sua dinamica, esaurendo la sua dialettica, arrivando a cogliere la Luce del Logos che, come scrisse Scaligero “reca in sé il potere del Principio”. Il pensiero non più riflesso, libero dai sensi, ovvero dai nervi e dalla cerebralità, è appunto Luce che può esser colta nella meditazione, venir contemplata e trasferita poi nel cuore: così il pensare liberato libera a sua volta il sentire e il volere. 
Arcella ci ricorda dunque che il punto più basso della civiltà può diventare occasione per la più nobile e sicura risalita; deboli in tutto tranne che nel mentale, possiamo servirci del mentale stesso per rinvigorirci. Gli insegnamenti del tantrismo buddhista ed induista confermano che l’Età più oscura è quella che permette una liberazione più veloce. Gli Dei son più lontani ma quella lontananza è una prossimità da portare a coscienza. Vincendo la nostra sordità spirituale, mettendoci all’ascolto, possiamo sentire una voce che annuncia la resurrezione di Pan, rinnovare le antiche iniziazioni, tornare agli Dei dopo una rinnovata età degli Eroi.

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