mercoledì 15 aprile 2015

La poesia di Tomas Trantrsomer, Premio Nobel per la letteratura 2011. Qualche corrispondenza negli autori italiani.

di Cinzia Demi
 
La poesia di Tomas Trantrsomer, Premio Nobel per la letteratura 2011.  Qualche corrispondenza negli autori italiani.
Introduzione: quando, lo scorso anno, in occasione del “Toscana Nordic Festival” Riccardo Baldelli, l’organizzatore, mi ha proposto di parlare della poesia scandinava mettendola in relazione con quella italiana, non ho avuto dubbi per la scelta del poeta svedese di cui parlare: chi meglio dello svedese Tomas Transtromer, vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 2011, può essere indicato a rappresentare la schiera di poeti scandinavi del XX° secolo? Oggi, a pochi giorni dalla morte del poeta, scomparso il 28 marzo 2015, mi sembra opportuno poter proporre anche al grande pubblico del web questa mio lavoro sulla sua opera.
L’idea nasce comunque dal fatto che, in fondo, per un poeta, un critico, è un’opportunità di approfondimento di un mondo poetico diverso da quello in cui opera di solito, vuoi per tematiche che per stili formali. Si potrebbe dire che è una sfida a cercare di capire, a cercare di calarsi empaticamente nella poetica di un autore il cui operato è passato alla storia, la cui fama resterà immortale, il cui pensiero è studiato e le cui opere sono tradotte in oltre cinquanta lingue mondiali.  Quindi, grazie all’aiuto delle traduzioni e dei testi che accompagnano i lavori di Transtromer cercherò di darvi anche una mia visione sulla sua poesia comparandolo alle poetiche di qualche autore italiano. Lungo il percorso che affronteremo vedremo quindi se ci possono essere tematiche di confronto, o modalità linguistiche analoghe espresso con la poesia italiana, limitandoci a qualche breve cenno. E in conclusione approfitterei di questa iniziativa, che mi si offre, per presentarvi qualche mio testo, leggervi qualcosa di mio.
Biografia e radici poetiche: dunque, Tomas Transtromer nasce a Stoccolma nell’aprile del 1931 e vive nella sua infanzia un particolare rapporto affettivo coi nonni materni, specie col nonno che è pilota di rimorchiatori nel Baltico. Di loro e dell’ambiente della natura svedese di quei luoghi si trovano molte tracce nelle sue poesie, così come della sua professione di psicologo e dei suoi innumerevoli viaggi all’estero. Dopo la laurea alterna il lavoro all’attività letteraria e vive soprattutto a Vasteras. Transtromer è anche un pianista di talento e compositore, e anche di questa sua peculiarità si trovano tratti nei suoi testi. A predominare la poetica degli ultimi suoi scritti è tuttavia la dolorosa esperienza della malattia, che lo colpisce nel 1990 e che limita i suoi movimenti e il suo parlare, e dalla quale stenta di riprendersi, cercando di affrontare una vita pressoché normale, grazie anche all’aiuto della moglie.
La sua prima raccolta è del 1954 s’intitola 17 poesie ed ha subito un grande successo e l’ultima è del 2004, Il grande enigma. Il consenso per la sua opera è universale sia per il suo valore intrinseco sia per la sua grande attività di traduttore, avendo tra l’altro fatto parte della Commissione per la traduzione della Bibbia. Brevemente, prima di passare a parlare del lavoro La lugubre gondola, un lavoro del 1996, riedito in Italia nel 2011 dalla Rizzoli in occasione del Premio Nobel all’autore, diciamo due parole sulle radici della sua poesia che sono state ritrovate sia nei lavori classici che nella mistica medievale, nella metafora barocca e in alcun tratti romantici, nel simbolismi e nel surrealismo e naturalmente in alcuni grandi autori svedesi e altri stranieri contemporanei del ‘900 come Baudelaire, Pound, Eliot. Per le sue liriche si parla di Modernismo e non solo in relazione alla tecnica ma anche per l’attenzione alla natura, al rispetto per la vita, per il profondo senso della storia e per una religiosità tali,  da far sentire al lettore la forza e l’umanità che emergono dai suoi testi. Transtromer universalmente riconosciuto un grande poeta, ha avuto così infiniti riconoscimenti per il suo operato tra i quali – come detto – il più importante riconoscimento per un autore, il Nobel nel 2011.
La lugubre gondola: la raccolta di cui andiamo a leggere qualche testo e a parlare è La lugubre gondola – titolo ripreso da due composizioni di Franz Liszt, composte a Venezia nel 1882/83 ispirate al passaggio delle gondole funebri dirette al cimitero -. Chiaramente sembrerebbero riflessioni sulla vita e sulla morte. Transtromer è ormai anziano, segnato nel fisico dalla malattia e ad una prima lettura si potrebbe pensare che si tratti anche solo di questo tipo di riflessioni. Ma non è solo così. La poetica di Transtromer non è una poetica che si rassegna di fronte agli accadimenti della vita, limitandosi a constatare l’andamento degli stessi.  Qui, in questa raccolta, lo stile, l’intreccio delle tematiche e la continuità del suo pensiero sono particolarmente evidenti e significativi.
Vediamo come… Chiaramente la raccolta è ambientata a Venezia, luogo ideale d’ispirazione per scrittori e musicisti, peculiarità riscontrabili entrambi nel nostro autore, e al tempo stesso peculiarità entrambi riscontrabili nell’opera in questione, tanto da farla definire da alcuni un’opera che sembra letteratura scritta per pianoforte, con frasi che hanno il sapore di accordi musicali. Una letteratura del viaggio… dell’ultimo viaggio che tra note e parole manifesta frammenti del mistero, dell’ignoto: una possibilità espressiva che non trova uno sbocco solo, ma ha bisogno di più forme che si compenetrano per trovarne una adeguata. Nello scenario quasi irreale che offre Venezia, città sull’acqua, viene al poeta facile il paragone con la precarietà della vita: un pensiero di sprofondamento della città diviene l’annegamento anche della vita nelle acque della laguna. Il mare, come la morte, divengono elementi pronti a sommergere, a travolgere, a far sprofondare nell’abisso l’umanità tutta e sembra quasi che, al contempo, lo stesso luogo induca a raccontare come l’uomo tenti invano di nascondersi dietro le maschere della propria identità… non a caso ci sono senz’altro riferimenti al Carnevale, che a Venezia trova una collocazione di primo piano tra gli eventi della città. Ecco allora che il viaggio su questa gondola dai caratteri lugubri appare anche avvolto in una dimensione di fuga, forse unica via d’uscita per ritrovare un senso alla vita: parrebbe un messaggio politico, nel senso ampio della parola, un messaggio dove – oltre ad indicazioni a fatti o accadimenti di attualità – ritorna forte la denuncia verso una società che ha privato l’uomo di naturalezza, una società che ha basato tutte le sue strutture in funzione del potere, in direzione molto speso solo di un ipotetico futuro che mai sarà raggiunto… ma noi lettori, se insieme al poeta ci adagiamo sulla lugubre gondola, sentiamo la possibilità di scivolare sulle acque incontro al mistero, con la sensazione quasi di afferrarlo. E’ la magia della dimensione poetica che nell’arte del rovesciamento di prospettiva porta l’uomo a immergersi anche nel dubbio, nella possibilità di vivere un’esperienza che non sia solo tangibile in risultati concreti, ma faccia immergere il pensiero in qualcosa di religiosamente profondo.
L’opera di questo poeta è stata tradotta, come dicevamo, in oltre 50 lingue. Certo alla base c’è il suo amore per la poesia e l’uso di questo linguaggio per comunicare, ma anche l’uso di una lingua che cerca questa comunicazione (vedremo in che modo). Tra l’altro, osservazione molto interessante e che condivido, egli ha anche detto che in fondo ogni lettore ha la sua lingua e che in questa sua lingua traduce la poesia che legge, adeguandola al suo ambiente, al mondo della sua fantasia. Ad uno stesso testo corrispondono così diverse poesie, forse tante quanti sono i lettori: si tratta di un atteggiamento di generosità letteraria non indifferente e di un compito molto gravoso per un eventuale traduttore, che deve stare attento a non sciupare la possibilità del lettore stesso di essere libero di interpretare, a modo suo, il testo.
La poetica: affronteremo adesso qualche nodo della poetica di Transtromer, chiaramente toccandone qua e là alcuni punti focali e con la consapevolezza dell’impossibilità di essere esaustivi, in questa sede:
1) Spunti poetici: parla Transtromer di necessità di spunti poetici, anche in relazione alle modalità comunicative… cosa vuol dire? In realtà è un concetto che condivido molto perché  rientra proprio nell’accezione della parola poetica così come io la intendo e del concetto stesso di poesia. Dice Transtromer che la parola intesa come elemento che organizza la percezione delle cose e che costruisce le tecniche comunicative non rientra nel discorso legato alla poesia. La poesia è un luogo d’incontro, un luogo dove si stabilisce un legame inatteso tra la realtà, le sue parti e le lingue e i modi convenzionali di vederle che tendono ad essere separati. Ecco che laddove:
-          i dettagli incontrano le culture,
-          uomini di diverse culture creano opere artistiche,
-          la natura si incontra con l’industria…
si creano legami…in tutto questo se è vero che usiamo la lingua per comunicare, se è vero che è la lingua il mezzo che fa da tramite per relazionare convenzionalmente gli accadimenti, spesso ci accorgiamo che, certe volte, questo non basta, anzi rischia di stroncare la comunicazione sul nascere… la poesia invece che nasce da stimoli esterni meditati, più che da strategie comunicative, rende conto nel miglior modo possibile di molti aspetti della vita. Il lavoro del poeta, e sottolineo la parola lavoro che sento mia, che mi appartiene,  utilizzata intorno al concetto di poesia,  è quello di far emergere i frammenti colti dalla realtà, rivestirli di immagine, suono, ritmo…ovvero di poesia creando un insieme vero e non falsificato di ciò da cui era partito. Poesia come luogo d’incontro di immagini e simboli in forma non statica ma dinamica per dare all’uomo la possibilità di ritrovare se stesso tra riflessione e attesa, tra apertura e stimoli, prudenza e riservatezza. Poesia dove il legame con la quotidianità non significa arrendersi alla routine e di conseguenza al linguaggio convenzionale, ma capacità di leggere dietro la forma delle parole la vita vera che è semplicità, essenza, e obiettivo della forma stessa.
2) Concentrazione: un altro elemento che caratterizza la poetica del nostro autore è quello che riguarda il tema della concentrazione. Le sue poesie diventano semplici e perfette descrizioni per riflessioni che aderiscono perfettamente alle immagini/sensazioni evocate per una massima concentrazione, intesa dal poeta come l’essenza stessa della poesia. L’arte così intesa, ovvero come forza espressiva e concisa  non può non ricordarci grandi modelli novecenteschi quali Pound e Elliot di cui abbiamo già detto troviamo molti echi nei testi di Transtromer. Ma, al contempo, passando per la prosa poetica di cui spesso fa uso e nella quale comunque egli mantiene alto il livello che si è imposto relativo alla concentrazione, egli raggiunge una tale dimensione in un modello che è di per se una forma poetica concentrata al massimo, un modello che sembra essergli davvero congeniale e che è quello dei componimenti haiku. Qui la poesia esprime davvero ciò che nella filosofia giapponese viene indicato con un termine che significa comprensione intuiva, illuminazione: ovvero una conoscenza che oltrepassando i confini della logica superi lo spazio e il tempo. Esperienza permessa grazie all’uso di questa forma poetica che diventa un’arte dell’allusione, un’arte che permettere di trasformare in conoscenza una situazione oggettiva grazie all’uso di una lingua che traduce elementi concreti in esperienza immediata. E Trasnstromer ne fa largo uso, ne leggeremo alcuni. Ma anche laddove la poesia assume una forma più classica e comune nulla vi è di superfluo: i versi sono asciutti e scarni con una tecnica che tende dunque a delineare, a tradurre in linee e traiettorie quasi geometriche i pensieri e leggendo come abbiamo detto alcuni suoi testi lo vedremo molto bene. Con questi mezzi il poeta compie delle vere e proprie indagini metafisiche, sui misteri dell’esistenza e partendo da elementi della quotidianità volge la sua costante attenzione verso una dimensione altra, attraverso l’assoluta chiarezza di immagini unita al forte senso della transitorietà.
3) La chiarezza di immagini va rapportata naturalmente agli strumenti retorici che utilizza, in specie alla metafora e alla frequentazione del tema del sogno, mentre il senso di transitorietà si sviluppa principalmente con la frequentazione del tema del viaggio.
 
a) Metafora: relativamente all’uso di questo strumento, universalmente, il poeta è riconosciuto un maestro e si potrebbero fare tantissimi esempi. Vediamone alcuni:
1) ONDE COME PALLIDE/LINCI, CHE INVANO CERCANO UN APPIGLIO SULLA RIVA GHIAIOSA
2) QUANDO L’ANNO GETTA VIA GLI STIVALI CON UN CALCIO,/E IL SOLE SI ARRAMPICA Più IN ALTO, GLI ALBERI SI COPRONO DI FOGLIE/E SI GONFIANO DI VENTO E VELEGGIANO VIA LIBERI.
3) L’ANIMA/ SFREGAVA CONTRO IL PAESAGGIO COME UNA BARCA/ SFREGA CONTRO IL PONTILE A CUI E’ ORMEGGIATA.
Alcuni critici affermano che quanto è più lontana la distanza tra i campi semantici cui si attinge per formare una metafora, tanto più questa è efficace e questa è davvero una capacità del nostro autore che attingendo dal Surrealismo per l’audacia con cui usa la lingua promuove un assoluto e personale modernismo. All’uso della metafora Transtromer aggiunge spessissimo l’uso di uno strumento analogo, la similitudine, riconoscibile per la presenza del marcatore som, in altre parole il come italiano. Così, se con la metafora il legame che si crea tra la parola e l’immagine è visivo, questo trascende verosimilmente nella similitudine e quindi nel sogno, così come nello specchio non solo per riflettere le cose quanto per catturarne la natura più autentica. Ecco come anche la metafora si lega al metodo della focalizzazione centrando il punto e il momento in cui l’oggetto poetico vive in quanto tale, fermandone l’immagine, rivelandone l’identità e ciò che vi sta dietro ovvero la sua essenza. La metafora va a riempire un vuoto inteso come apertura per una conoscenza superiore e non come assenza di qualcosa.
b) Sogno: Ora, se La vita è un sogno - come direbbe Calderon de la Barca – anche la poesia per Transtromer si inoltra spesso nell’inconscio della personalità umana – non dimentichiamoci anche la sua attività di psicologo – andando ad esplorare proprio il sogno.  Questo elemento diventa spesso una sorta di despota nei confronti dell’uomo: è il sogno che domina il sognatore e che diventa il centro dell’attenzione – e quindi torna anche il discorso della concentrazione del poeta -. Il sogno sta alla poesia come la poesia sta all’io del poeta: è un mezzo ed è anche una meta vicina alla verità su se stessi, sulle cose della vita, sull’interazione tra l’uomo e i misteri dell’universo. Dice in un verso, il poeta: “Due verità si avvicinano l’una all’altra. Una viene da dentro,/una viene da fuori/e là dove si incontrano c’è una possibilità di vedere se stessi.”
c) Viaggio: Ora, oltre alla chiarezza di immagini della quale fanno parte, come detto, la forma retorica della metafora e gli elementi di contenuto come il sogno, abbiamo accennato allo strumento della transitorietà che si sviluppa con il tema del viaggio e dall’intersezione di elementi quali il tempo e lo spazio… Il discorso intorno al viaggio possiamo risolverlo:
a) con la sensazione della dissolvenza che spesso accompagna le immagini: nel  momento stesso in cui vengono descritte esse mutano perché la loro consistenza è appunto transitoriala metafora del viaggiatore – di colui che intrattiene con la realtà solo un legame temporaneo (che poi è il rapporto dell’uomo con la vita) – è un altro tema caro a Transtromer. 1) le sue poesie prendono spesso spunto da situazioni in movimento….2) da luoghi, da momenti – come detto anche per il sogno – dove la situazione del quotidiano è sospesa e, di conseguenza, vi è un certo distacco o ancora una certa attesa.
b) E’ qui – in questa peculiarità del viaggio - che l’uomo va incontro al mondodiversamente invece dal sogno dov’è il mondo dell’inconscio ad andare incontro all’uomo stesso -. Indagine e pensiero, ricerca sull’uomo che ancora una volta necessità di concentrazione anche per intersecare questa visione della vita come viaggio con le soste necessarie, punto di quiete transitoria, punto da poter considerare metafora anche della malattia (data anche la situazione del poeta, in questo senso). E allora pensiamo, con Transtromer, al sogno e alla malattia come situazioni che allontanano l’uomo dalla realtà consueta e lo spingono verso i confini più estremi, verso l’idea della morte. D’altra parte il distacco necessario per avvicinarsi alla dimensione altra/estrema – o meglio la distrazione necessaria per farlo – e le soste o gli incontri inattesi del viaggio stesso sono le due condizioni indispensabili per lo spazio e il tempo della riflessone che tende a raggiungere un centro… un centro che si sposta continuamente nel momento stesso in cui si procede con l’indagine artistica. E lo vediamo dalla simbologia, dalle immagini, dalle sensazioni mediate dalla psiche, dall’apertura a spazi nuovi dove il viaggio e la meta trovano la loro coincidenza poetica in un rimando continuo l’un l’altra, mirabilmente espresso, tra altro, in un verso particolare del poeta: “Nella prua spumeggiante c’è la quiete” dove la linea della prua è al tempo stesso il limite dell’orizzonte che si spinge sempre più avanti nel mare, elemento non certo statico, sfuggente al controllo, simbolo di mistero stesso.
c) Ancora, il viaggio non è solo dislocazione ma anche allontanamento. Cosa vuol dire? Vuol significare il muovere il proprio centro verso altri per poi ritrovare il proprio, partendo da un necessario e continuo rapporto con sé per arrivare all’esperienza che dia frutti artistici: nel ritrovare il proprio sé, come dice l’autore stesso, si ritorna quasi ad un vuoto iniziale, quello che c’era prima dell’esperienza, e da qui si può partire per accogliere il mistero, e per creare la poesia.
d) Infine, come accennato, non c’è tema del viaggio che non faccia pensare alla morte, e questo torna specie nelle ultime raccolte del poeta, dove se
- da un lato la morte sembra l’unica possibilità di scoprire, lontano dall’io, il vero punto di concentrazione per capire il mistero dell’esistenza,
- dall’altro lato, ancora una volta, questa ricerca è fatta nel percorso rasente la vita – unica possibilità che si ha per aprirsi davvero alle epifanie del mistero -.
Il confine è labile e solo la poesia può superarlo perché è capace di creare una sorta di varco segreto al crocevia del tempo e dello spazio. Ma per riuscire a far questo ci vuole tutta l’esperienza di un grande poeta. Un poeta che sa collegare il buio alla morte e rovesciare il concetto trasformando il buio nell’ombra in cui l’uomo si muove durante la vita, raccontando così anche il disagio della civiltà che si basa sul dualismo esistenza/distacco dalle radici della stessa e che tenta di dare una soluzione, che egli ritiene possibile solo nel momento in cui potrà avvenire l’incontro tra luce/buio, sogno/coscienza, lingua/silenzio, vita/morte un incontro che diventa compresenza e che si risolve nel pensare (e questo pare l’unico scopo della ricerca del poeta) ad una sosta nel viaggio della vita sul liminare del mistero fino a che il mistero stesso non ci avvolgerà. Una confluenza, se ci pensiamo, dell’uomo nell’infinito laddove l’io trova la sua dissolvenza. C’è un verso che esprime bene questo: “lasciare/l’abito dell’io su questa spiaggia/dove l’onda batte e si ritira, batte//e si ritira”.
4) Tempo e spazio: come già accennato, la ricerca poetica di questo autore che parte dal distacco della realtà cercando il segreto dei momenti e dei luoghi di passaggio verso spazi e dimensioni altre, si incrocia certamente con i due elementi chiave della vita dell’uomo: il tempo e lo spazio. Infatti, i suoi testi, partono quasi sempre da un luogo geografico definito o da un tempo preciso, ma questi sono solo pretesti, spunti che aprono a possibilità infinite di epifanie sul mistero, labirinti di intersecazioni, come labirinto è la vita stessa, come labirinto è del resto il tempo che trova, in Trastromer, conformazione spaziale così come lo spazio può essere pensato come un labirinto temporale. Questo, pensando ad una dimensione geometrica della poesia, ci porta ad immaginarla come un luogo fatto di mille centri, tutti uguali dai quali non può uscire col solo mezzo della parola (e l’abbiamo già visto, esplorando tutti gli elementi che servono per arrivare a costruire una poesia)… Labirinto è però – ancora, vedete come i concetti tornano – uno spazio vuoto dove chi entra deve trovare in se stesso la forza di uscirne, deve inventarsi soluzioni per arrivare al centro – ovvero al proprio io – difficile anche da definire, raggiungibile solo dopo passaggi stretti e impervi che rappresentano le implosioni spirituali, il distruggere l’inutile per arrivare all’essenza. Il raggiungimento dell’essenza per il poeta passa da un percorso linguistico dove si incrociano quindi simbologia del sogno, del viaggio, del tempo, dello spazio in un cammino che l’uomo deve compiere partendo da un punto focale di concentrazione – dove mondo interiore ed esteriore si incontrano - aprendosi a tutte le direzioni per tradursi nell’immagine poetica, nella metafora l’uno dell’altro.
 
5) L’io poetico: in tutto questo restano da dire ancora un paio di cose. La prima riguarda la presenza dell’io poetico nei testi dell’autore, discorso molto ampio su cui si potrebbero aprire varchi disquisitori davvero infiniti e contrastanti. Dunque Transtromer come si comporta in questo senso? Se nelle prime raccolte è più schivo a rappresentarsi notiamo come invece, in seguito, il suo io abbia trovato più spazio se pure il suo rapporto con gli altri, con l’universo, il suo sentirsi un io in mezzo a tanti altri non è così mutato. La sua voce ha bisogno di affermarsi non tanto per comunicare i propri sentimenti ma per verificare quanto egli stesso non si possa perdere o confondere o mimetizzarsi con altri io, altrettanto incerti , indefiniti, confusi non dimenticando di sottolineare - certe volte - come egli si senta anche sconosciuto a se stesso o abbia addirittura paura di conoscersi. Un io che cerca la propria identità, il senso della propria esistenza concentrando le energie/percezioni/conoscenze nel punto in cui queste, riassorbite, si trasformano in esperienza e quindi in poesia – attraverso gli strumenti linguistici -.  Per far questo ritornano, necessari, due concetti intersecati tra loro:
- il concetto di presenza: ovvero dell’attenzione, della concentrazione del poeta che diventa come una sentinella (e c’è un testo che esprime questo concetto, si chiama “Di guardia”) come colui che con la propria attenzione porta beneficio agli altri;
- il concetto di assenza: ovvero di allontanamento del proprio io dalla visione poetica per lasciare spazio all’opera, che resti sola testimone del senso della vita.
Il poeta dunque non agisce ma misura la realtà coi propri strumenti, si trasforma in ciò che esprime mantenendo la consapevolezza di sé data dalla stessa parola. La parola?
6) La lingua: e qui torniamo all’inizio del nostro discorso intorno alla poetica di Transtromer. Quale voce dare agli spunti poetici che si affacciano alla coscienza senza che vengano corrotti nell’atto di trasporli in parole? Qui sta il nocciolo della questione: la concentrazione tanto ricercata porta il poeta ad uno scetticismo sempre maggiore verso la lingua, ad una stanchezza verso coloro che si presentano con la parola, ad una ricerca di rifugio nella natura. Dice in un suo testo il poeta: “La natura non ha parole./ Le pagine non scritte si estendono in tutte le direzioni!” E su questa neve solo le orme degli animali selvatici, una lingua senza parole: per un bisogno di immediatezza, di semplicità, lasciando spazio alla natura che ha come interlocutori privilegiati i bambini che, avendo un’intuitività ancora non corrotta, hanno anche una lingua che può considerarsi nuova, ma che in realtà è antichissima. Appaiono  chiaramente alcune cose:
-  la necessità di tornare a ritrovare la naturalezza dell’infanzia
-  la necessità di ricercare un po’ di silenzio (nel vociare ininterrotto della modernità)
- la paura che porta a considerare la lingua come uno strumento di potere, come prigione dove l’uomo si trova rinchiuso in convenzioni costruite e subite.
 
La poesia può essere una via d’uscita? Sì, se abbinata al luogo della natura, l’unico luogo dove si possa riuscire a far brillare quell’oro che in essa esiste, che non siamo capaci di vedere. E qui, come già accennato, sta il Trastromer inteso come poeta politico, come accusatore dell’uso della parola per farne arma di potere. Egli afferma in un testo: “La lingua marcia al passo dei carnefici./ Perciò dobbiamo cercarci una lingua nuova”… cosa intende? Che la lingua non deve offuscare l’essenza delle cose, distruggere la verità che contengono. E la riflessione ultima che andiamo a fare sta proprio in questo concetto di verità, inteso su due piani distinti, se pure anch’essi intersecati:
-          la verità come valore individuale da esprimere e difendere con le parole, ovvero con la propria lingua, per difendere la propria dignità umana
-          la verità come concetto oggettivo, difficile da dimostrare, e legata al mistero, e quindi non necessariamente esprimibile con le parole, se non attraverso una ricerca di parola poetica – al poeta è dato il compito più ambizioso, dunque – per aderire il più possibile all’essere e al divino che si manifesta. Saranno parole spinte all’estremo perché dovranno essere capaci di svuotarsi del loro significato convenzionale, diventare trasparenti per riflettere la luce del mistero, essere scritte per la loro comprensione nei brevi attimi in cui la verità le trapassa. Parole fatte di suoni e silenzi, un po’ come la musica, parole che creano un’immagine perfetta ma al tempo stesso sempre diversa, che può essere letta fra le righe e interpretata in modo sempre uguale e diverso ogni volta. Parole la cui ricerca nella lingua è come un moto perpetuo, continua ininterrottamente in autori come Trastromer con un desiderio sempre nuovo di migliorare il proprio modo di rapportarsi col mondo.
7) Concomitanze d’intenti e poetiche con la poesia italiana:
 
Questo diciamo che è il compito più difficile che mi sono data ma, d’altra parte, mi sembrava anche doveroso cercare di trovare qualche assonanza con la poesia italiana, per lo meno a grandi linee, a intuizioni o semplicemente a indicazioni, a intersezioni di spunti e poetiche di autori europei che in qualche modo hanno attinto dalla nostra poesia e proprio per questo non possiamo negare che ci sia un qualche legame anche con la poesia di Transtromer… almeno di riflesso.
Transtromer in Italia era poco conosciuto fino al Nobel del 2011.  Di lui erano state pubblicate La lugubre gondola nel 2003 (per Herrenahaus) e Poesia dal silenzio nel 2008 (per Crocetti). Dopo il Nobel abbiamo visto qualcosa di più, abbiamo sentito qualche critico affacciarsi al suo pensiero e parlare di lui. Ma vediamo con ordine qualche intervento anche precedente.
-          Daniela Marcheschi, ad esempio, nel 2005, traducendo alcune sue liriche per l’Almanacco dello Specchio Mondadori, disse che tra i maestri del poeta c’erano Orazio e Mallarmé, ricavando tale intuizione dall’uso della metafora che, come abbiamo detto, ha un ruolo fondamentale nella sua scrittura.
-          nel 2011 Mario Grimoldi fa riferimento ad Osip Mandel’stam ed al suo lavoro “Conversazione su Dante” e, prendendo a spunto il discorso della  novità della conversazione intorno alla poesia che si rifà alla natura, recitandola per immagini, sembra riferirsi alla poetica di Trantromer che si occupa principalmente della natura, la recita per immagini dando voce alle idee che stanno nelle cose e che dice, come abbiamo già sentito: sono stanco di parole senza lingua… preferisco le impronte di un animale sulla neve, una lingua senza parole.
-          Nel 2014 Giorgio Linguaglossa parla di una poesia svedese che abita il contemporaneo e che egli ritiene verticale, intendendo per verticalità sia la direzione delle metafore che la costruzione tra i vuoti e i pieni, tra la forma e l’ombra degli oggetti e dice che in questo si differenzia dalla poesia italiana che invece dalla raccolta Satura di Montale del 1971 ha un’esposizione orizzontale.
-          A fronte di questi pochi spunti, quali sono le osservazioni che possiamo fare a conclusione di questo intervento? Sicuramente in Transtromer si ritrovano echi di Eliot e di Ezra Pound… li abbiamo sentiti anche solo aprendo il primo testo della raccolta La lugubre Gondola, oltre che nell’uso delle metafore e delle similitudini. Questi due autori basano la loro poetica principalmente su Dante: il primo ne La terra desolata ripercorre molti passi della Commedia, ne cita dei versi, scrive su Dante ben due saggi a distanza di quarant’anni l’uno dall’altro e lo conferma il suo maestro principale, il poeta della filosofia che parla per immagini. Dante usa le allegorie, dei condensati di immagini che esprimono un concetto e usa le similitudini che, come detto – sono analoghe alle metafore: il secondo nei Cantos pisani ripercorre nelle intenzioni lo stesso itinerario della Commedia…dunque a grandi linee non possiamo escludere l’influenza dantesca anche in Transtromer. Pensando alla ricerca del proprio io per conoscere meglio gli altri, alla necessità di una poesia verticale, al rifiuto della lingua delle parole non mi viene che in mente Giorgio Caproni – che con analoghe espressioni parlava della sua poesia, della sua voglia di esprimersi – tra l’altro - verso la fase finale della sua produzione poetica con poche e scarne parole… Pensando ad alcuni testi anticipatori di situazioni e pensieri ritrovo D’Annunzio che si proclamava come poeta testimone e profeta del suo tempo. Pensando al desiderio di guardare il mondo con gli occhi incontaminati del bambino ritrovo la poetica del Fanciullino di pascoliana memoria. Potrei continuare ma mi fermo qui, ricordando un solo ultimo punto. Transtromer cita, ad un certo punto, pensando a quanto gli uomini non vedono ciò che hanno davanti, magari neanche il divino che si palesa, perché troppo concentrati nelle proprie faccende, nei propri convincimenti, l’episodio del Vangelo, laddove di fronte all’adultera che sta per essere lapidata , Gesù ferma quelle mani e solleva la donna dicendole di andare e non peccare più, mente gli uomini non si soffermano neanche sulla necessità di compiere certi gesti, sono già pronti a colpire prima ancora di capire…

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