lunedì 20 aprile 2015

Nel buio aspettando l’alba, speranza che non muore. Schegge da Mosaicosmo di Tommaso Romano, a cura di Maria Patrizia Allotta,Villasanta (Monza), ed. Limina Mentis, 2015, pp. 64.

di Gaetano Licata
 
L’intonazione letteraria di Maria Patrizia Allotta introduce il lettore, in questo testo sorprendente, alla scoperta del pensiero e dell’attività, appunto della virtuosa “contemplattività” di Tommaso Romano. Qui nel testo, più che in altri spazi dell’esistenza, Tommaso Romano è infatti spectator e insieme protagonista dell’actio teatralemessa in scena dall’autrice. Se vi è uno spectator, viene da sé, vi è uno spectaculum, e chi conosce il pensiero di Romano sa già che lo spectaculum di cui qui si tratta non può che avere la forma spirituale, nella materia, del mosaico. La potente metafora del mosaico annoda i temi di questa filosofia e di questo attivismo facendosi finanche carne e struttura del testo di Maria Patrizia Allotta, perché il metodo compositivo del mosaico guida di fatto la composizione dell’opera, restituendo al lettore un rimandometatestuale di rara forza espressiva: il testo di Tommaso Romano è materia di una destrutturazione e di una ricostruzione che lo fa divenire altro pur rimanendo se stesso, così il testo di Romano è anche il testo di Allotta, in un sodalizio di pensiero che, unendo nell’immobilità del testo esistenze vive di autori, risulta davvero unico. La storia del pensiero e della cultura conosce diversi esempi di forte sodalizio fra maestro e allievo, fra pensatori in comune, ma non credo che un’operazione come quella compiuta dall’autrice sia stata finora tentata. Questo sodalizio è possibile solo grazie all’idea del mosaico, alla capacità del mosaico di fare armonia della differenza a partire dal progetto.Quasi superfluo dire, a questo punto, che quella stessa meraviglia, quello stesso stupore filosofico che colse coloro che cominciarono a porsi domande sull’universo coglie lo spectator di un mosaico sotto la vibrante fascinazione di un richiamo estetico e secondo le coordinate storiche e religiose che il mosaico, come opera d’arte sacra, indica con chiarezza nella nostra cultura. E il mosaico cui ci riferiamo è arte cristiana, ed arte medievale.
        Lo spectator, che Maria Patrizia Allotta decostruisce attraverso il suo meta-testo e in cerca della sua personalità, è Tommaso Romano e lo spectaculum è il creato, il participio passato passivo che rimanda all’Autore. Se poi le tessere sono raggruppate in capitoli, entro i registri della filosofia della Parola, della filosofia del principio (che è anche teologia), della gnoseologia, dell’etica (che è anche estetica), della pedagogia, e della filosofia della religione, il lettore del testo di M.P. Allotta avrà l’impressione di una sistematicità per argomenti, di una differenza metodica nello studio e nella proposta teorica; ma è impressione che presto cede il passo al riconoscimento dell’unità che sottende e che pervade il pensiero e l’attività di Romano, l’unitàderridianamente disseminata nei mille rivoli di vita vissuta che distinguonoimportanti temi della riflessione filosofica, il cui fondo rimane però fortemente connotato dall’indeterminato anelito al Bello. I mille rivoli così distinti, si ricongiungono nel potente fiume della passione – artistica, culturale, civile, esistenziale – dell’uomo Tommaso Romano. Dall’uno i molti e dai molti l’uno del frammento 50 (DK) di Eraclito, in cui la simmetria da ordine ad un divenire la cui bellezza può essere detta e cercata solo per frammenti. Il mosaico diviene così, con parola eraclitea, “cosmo”, e il mondo, col potente neologismo di T. Romano “Mosaicosmo”.M.P. Allotta, poi,a sua volta, fa mosaico del suo soggetto: la filosofia dell’ideatore del Mosaicosmo.
La tessera del mosaico, il modulo di pensiero che la Allotta isola e destruttura dal testo di Romano, diviene così frammento, residuo di qualcosa che continua ad esprimere la propria luce anche dopo essere stato infranto, scheggiato, per l’appunto, come le sch¬egge di Mosaicosmo cui allude l’autrice nel suo titolo. I frammenti dei presocratici, così valorizzati nella riflessione di Romano, hanno attraversato la storia, portano la parola, ma parlano soprattutto attraverso il mistero, concedono poco alla parola e molto al silenzio, il loro dire è antico, pensato sotto la suggestione di una visione sacra della natura, al di qua del dominio del logos scientifico e dell’avvento dell’impero della tecnica. Si pensi al riferimento al frammento di Anassimene, con cui si apre il volume VI (2007) della collezione del Mosaicosmo, intitolato Scolpire il vento, in cui l’aria, come physis e pneuma dell’universo, prefigura l’anima mundi platonica. La tessera musiva raccoglie così l’eredità del frammento.La tessera di mosaico può farsi anche aforisma, non di rado, infatti, Romano sceglie per la sua scrittura la forma aforismatica. Rispetto al frammento, scheggiato dalla storia, l’aforisma è breve per umiltà e per debolezza del logos umano. Come il frammento e la tessera anche l’aforisma allude ad un intero presupposto, ad un progetto da ricercare. Si esprime in poche righe concise, ma, a differenza del frammento, la brevità dell’aforisma è programmata e voluta, come a produrre un breve e intenso lampo di verità.Ma le tessere di Romano, queste “parti”, ritrovano nuova unità e vita nella ricomposizione proposta da M.P. Allotta, e ogni proposizione che il testo dell’autrice rivivifica è estrapolata dai testi di Romano.
La tessera è in rapporto geometrico-matematico al progetto. Allo stesso modo il Dio leibniziano del secondo capitolo del libro della Allotta, capace di un’infinita potenza di calcolo, prestabilisce in libertà l’armonia, la coerenza e la bellezza del Tutto. E’ il Leibniz dell’anti-meccanicismo e dell’anti-fatalismo, il Leibniz critico di Spinoza. Così libertà e bellezza sono i caratteri che Dio, come origine ed essere immutabile, conferisce al creato. Al centro del creato, e non del Tutto, l’uomo e il suo spirito libero, l’uomo gravato del fardello della libertà che è heideggerianamente l’unico essere per cui ne va del proprio essere, l’unico vivente chiamato dalla luce dell’essere a soggiornare nella radura dell’essere e a rispondere a questo Geheiss. Il secondo capitolo è così l’ambito dell’antropologia e dell’etica, oltre che della cosmologia e della cosmogonia.
Ma la tessera del mosaico ha un valore metaforico che abbraccia anche il significato dell’esistenza personale, la psicologia, l’etica e la relazione dell’individuo con l’assoluto, nella storia del mondo. Scrive Maria Patrizia Allotta nel Proemio: «E se è vero che per percorrere itinerari straordinari che condu¬cono alla contemplazione della bellezza necessita la cura della pro¬pria interiorità, allora ogni uomo, probabilmente, potrebbe trovare giovamento grazie alla lettura e all’interiorizzazione dei contenuti esposti nelle Sue opere saggistiche, anche se il corpus dottrinale e pedagogico del pensiero romaniano lo rintracciamo nei dodici volumi che formano la Collezione del Mosaicosmo, tutti editi dallo storico Istituto Siciliano di Studi Politici ed Economici che rag¬gruppano saggi e interventi curati nell’arco del tempo. Finestra sul Cassaro (1996), Pellegrino al pellegrino (1998), Torre dell’Ammiraglio (2002), Oro del Mosaico (2004), Il fare del¬la bellezza (2006), Scolpire il vento (2007), Itinerari metapoliti¬ci (2008), La colonna e il mare (2009), L’Anima della Tradizione (2010), Sicilia 1860-1870. Una storia da riscrivere (2011), Mosai¬cographia Siciliana (2012), Il sismografo e la Cometa (2014). È in questi volumi che si rintraccia “non una filosofia, né un sistema organizzato ma un umile cammino eternamente proteso verso l’ir-raggiungibile perfezione, una via ancora da spianare” attraverso la quale lo scrittore “tenta la non contraddizione con se stesso, con gli altri e con Dio”.Il neologismo Mosaicosmonasce “dall’identificazione della tessera del mosaico con la sintesi simbolica che la vita dell’uomo sviluppa nei suoi atti, nella sua coscienza, nella profondità del suo essere unico. È una rammemorazione che nel mosaico dell’Univer¬so non si perderà, nel nulla, l’attesa unicità dell’evento esistenziale che si perpetua come rinnovamento dell’umano e come perennità dell’anima in questa dimensione musiva, rappresentazione corale del concetto degli spiriti, di tutti gli spiriti nessuno escluso, che con gradazioni e intensità diverse collaborano a formare la catena che non si spezza tra vita e oltrevita fra mondo e cosmo, fra terreno ed Infinito”, come lo stesso autore attesta.»(p. 7).
La scelta del metodo di questa filosofia è allora molto chiara, il gesto decostruttivo dell’autrice, che fa materia dello spectator, anche. Il progetto che nel medioevo cristiano articola il mosaicoa carattere religioso, ed esempio nelle cattedrali siciliane di epoca normanna, negli intendimenti dei maestri bizantiniaffonda le radici della sua ispirazione nella sacralità inconoscibile di Dio e della physis: il mosaico di fronte al quale si pone lo spectator è opera abissalmente più che umana. A questo proposito è utile ricordare che l’odierno operare tecnico, risultato in parte alienato dell’operare artistico, deve tempestivamente riconquistare umiltà di fronte alla trascendenza e alle forze naturali. Nell’opera d’arte invece, comeHeidegger ciricorda, l’operare tecnico, in quantotechne, mantiene ancora questa umiltà di fronte alle forze della natura. L’antico ed il medievale sono così stretti e alleati, in atteggiamento critico, di fronte al moderno, in una considerazione della storia che si rifà alla tradizionee parla alla cultura europea dei suoi urgenti problemi di oggi. La teoresi filosofica, lo studio della storia e l’attività politica trovano così una profonda coerenza.
Magicamente, il senso estetico e l’attività poetica operano all’unisono con tutto questo, come se si potesse attraversare con disinvoltura piani, registri, tradizioni di saperi e attività artistiche,facendo sempre la stessa cosa: aspirare al bello. Come se si potesse…anzi si può. Così rintracciamo il forte platonismo del pensiero di Romano in cui l’anelito al bello è trascendenza. Pensiero in cui, platonicamente, aspirazione al Bello e tensione etica al Bene, come si vede chiaramente nel sesto capitolo della ricostruzione di M.P. Allotta del testo di Romano, non si distinguono. E viene citato il Filebo: «Non c’è dubbio che la sottovalutazione della bellezza è anche la sottovalutazione del bene. Dice Platone: “La potenza del bene si è rifugiata nella natura del bello. Infatti, la misura e la proporzione vengono a realizzare ovunque la bellezza e la virtù”. Questa affermazione è fondamentale rispetto al principio che ogni “scheggia di bellezza e di bene” è una micrototalità in cui rin¬tracciamo la “possibilità” dell’esistenza autentica. Tale “possibilità” è appunto opportunità, e siccome la bellezza è questa ragione del bene, questa stessa bellezza deve realizzarsi per la concretizzazione del bene.»(p. 51). Così ogni singola “scheggia” di bellezza e di bene, fuor di metafora, ogni singola esistenza individuale, ha in se quella luce conferitagli dal principio; essendo capace di scelta libera e responsabile, essa ha la possibilità di un’esistenza autentica, di portare a buon fine la creazione divina. La scelta, biblicamente prima e heideggerianamente poi, è assoluta bivalenza fra autenticità e inautenticità, fra accoglimento della luce dell’essere e risposta alla chiamata da un lato, e rifiuto della luce e mancato ascolto della voce dell’essere dall’altro. La “scheggia” così, l’equivalente decostruitoin stile derridiano dalla Allottadella “tessera” musiva di Romano, è una “micrototalità”, una parte che riassume in sé il tutto, il granello di sabbia di William Blake in cui si vede un mondo, ed è naturalmente la geniale monade leibniziana, principio di vita infinitamente piccolo che contiene l’intero universo. Il cosmo, composto dalle tessere vive delle esistenze individuali, è così un mosaico vivo, un’orchestrazione di spiriti prima che di materia e corpi. Spiriti chiamati a contribuire alla creazione dell’Opera, con la loro vita, coi loro atti deliberati.
Da qui, dalla necessità, nell’economia del tutto, di ogni singola esistenza e di ogni singolo atto libero della vita di ciascuno, il senso di Romano per la storia. Storia della salvezza ma anche storia delle vicende umane di cui il grande Mosaico raccoglie il senso. E’ così che nella visione di Romano, proposta da Allotta tramite la sparizione dell’autrice dietro il metatestori-strutturato del suo soggetto, l’esistenza viva e il suo senso si conservano oltre la vita, e il Mosaicosmo è come la grande scrittura, la registrazione in gerarchica armonia della Historia Mundi. Il senso della storia diviene così senso della tradizione, perché la tradizione è la memoria dell’uomo nel mondo, e il senso della tradizione può volere dire in Romano, coraggiosamente, ancherifiuto della modernità, rifiuto di un razionalismo antropocentrico che fa a meno di Dio e celebra i fasti di uno scientismo nichilista che desacralizza ogni cosa.  Allora la tradizione può diventare la chiave di un progresso che non sia esclusivamente progresso tecnico, scrivono Romano e Allotta: «Recuperando l’autentica Tradizione, come radice e come pos¬sibilità di sincera renovatio, garanzia dell’autentico progresso. Sa¬pendo che senza radicamento, v’è lo smarrimento, la dissociazio¬ne, la paura e la violenza, l’atto gratuito, il delirio di onnipotenza travestito, a volte, da superomismo inconsistente. Cogliendo nel sacro, inteso come epifania permanente, il sen¬so di ogni cosa, fatto, avvenimento che ricolleghi alla dimensione spirituale e cosmica, il tassello musivo che è la nostra esistenza. E. Quindi. A Dio.» (p. 35).
Così il senso della storia e della tradizione, così come la concezione della storia e del mondo come Mosaicosmo, spingono ad una politica in cui le finalità dell’agire siano ispirate dall’identità fra il bene e il bello.La città felice, anche platonicamente, deve essere la città in cui ogni singolo atto umano deve essere conformato alla cooperazione per la costruzione di un’opera d’arte, un mosaico di atti e di esistenze che sostanzia nella sua eterna bellezza la correttezza e la bontà degli atti stessi. Così, col Platone della Repubblica e il Leibniz della Monadologia, la polis felice è la polis in cui gli spiriti sono gerarchicamente ordinati secondo la loro essenza naturale, un’essenza – si badi bene – che essi stessi si danno coi loro atti liberi e che non viene impostaa priori da nessuno. Così la politica, il cui fine è la felicità degli spiriti e il cui compito più importante è la formazione della virtù tramite l’educazione, nasce, e non può non nascere, dal senso della storia, in questa accezione “mosaicosmica”. E la visione del sacro, in politica come in bioetica, non può che chiedere lumi al diritto naturale, all’idea cioè che il creato, nelle sue forme fisiche e biologiche, è portatore di indicazioni inaggirabili riguardo ad un agire tecnico-scientifico rispettoso del nostro essere e dell’ecosistema che ci sostenta: le leggi dell’essere sono già scritte nell’essere, opporsi ad esse è follia e delirio di onnipotenza. L’uomo non è Dio, scrivono Romano e Allotta (p. 55) contro certe etiche utilitaristiche e contro certo positivismo scientista pericolosamente miope, ma pellegrino errante che deve sopportare l’esilio e la diaspora con virtù eroica, che affronta il cammino verso l’approdo con stoica resistenza al dolore. Naturalmente il tradizionalismo non è chiusura, ma riflessione consapevole di fronte alle nuove urgenti problematiche di una società così plasmata dal consumismo, dall’impero della tecnica, dalla rivoluzione informatica e così allo sbando per mancanza di guida politica e di ispirazione etica, quasi ad ogni livello del sistema. Scrive Romano: «La critica alla modernità, l’antimodernità e lo stesso post-moderno tradizionalista, non è incapacitante esotismo d’isolati e fieri reazionari, d’intransigenti individui fuori dal tempo, di curiosi soggetti impermeabili agli “immortali principi”, ma una lucida e impellente necessità per trovare la forza, le idee e la fede onde reagire alle barbarie» (Collezione del Mosaicosmo 12, 2014).
Così, per fare due esempi scottanti, se la crisi politica e morale ci colpisce così fortemente a livello nazionale ed europeo, questa filosofia che trova i suoi autori e i suoi valori fondanti nella storia europea, fin dalle origini greco-romane e giudaico-cristiane, può parlare dei problemi che affliggono oggi l’occidente. Il senso dell’arte, l’anelito al bello, come pienezza dell’essere e pienezza di vita di cui gli artisti sono protagonisti, diviene un exemplum da seguire nella cultura del consumo, del nichilismo e della bruttezza morale. Ma anche nella storia europea esistono esempi di eroica virtù, di difesa del sacro, di rispetto della trascendenza come essenza radicale dell’uomo, e di difesa identitaria, che possono costituire, e nei testi di Tommaso Romano costituiscono, lumi di civiltà per l’Europa di oggi. Il riferimento di Romano, non è un balzo inopportuno, è agli occhi del Cristo Pantocratore dei mosaici di Monreale in Oro del Mosaico (Collezione del Mosaicosmo 4, 2004), la cui genesi artistico e il cui contesto storico sono portatori di tre fondamentali suggestioni, legate fortemente fra loro, che l’eclettico immaginario delle opere di Romano raccoglie: la Sicilia, il Medioevo e il Cristianesimo. Intendo il RegnumSiciliae, al cui significato Romano dedica il suo profondoimpegno di storico, così legatoalla militanza cristiana da cui nacque il Regnum e che al Regnum restò sempre legata. E’ questo uno dei tesori culturali della denigrata civiltà medioevale, così importante per quei valori cavallereschi che sono certamente radici fondanti dell’Europa contemporanea e che possono divenire nuova ispirazione etica per i popoli europei. Perché la “militanza” è implicita nel concettostesso di cristianesimo, visto che,come ci ricorda Kierkegaard in Esercizio del cristianesimo, il cristianesimo non deve essere mai“trionfante” ma sempre “militante”, pena la perdita della sua linfa vitale, nel senso che il cristianesimo non si esercita come ammirazione distaccata che esalta Cristo e proclama il trionfo della chiesa, ma nella Sua imitazione, nel farsi carico della sofferenza che Lo segna, in contemporaneità con Lui.
Un tale complesso, variegato ma coerente e valido pensiero è ora lo spectaculum di fronte cui si pone, e che ci restituisce, M.P. Allotta col suo libro: lo spectator, in questo lucido e creativo sforzo interpretativo per composizione, è ora dentro il mosaico, in un giocometatestuale di rimandi senza fine, come è per lo scintillìo di luce che fugge rapido di tessera in tessera, nei racconti dei mosaici d’oro delle cattedrali normanne di Sicilia.

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