di Manuela Coniglio
Un libro tanto elegante nella forma quanto controcorrente nel contenuto, uno splendido involucro nel quale è racchiuso il riscatto di un frammento storico della Sicilia e di chi, nello stesso momento, la governava. Un pregiato volume che custodisce al suo interno la memoria di sette anni di storia, brevi ma intensi, spesso ignorati dalla storiografia ufficiale. “Vittorio Amedeo di Savoia Re di Sicilia” ha il merito di riportare alla luce un periodo storico a lungo- e a torto- relegato nell’indifferenza e nel disinteresse degli storici. Una “parentesi effimera” che adesso, corredata da un robusto e variegato corpus di fonti, assurge a dignità storica. Molteplici narrazioni, dirette e indirette, dello stesso momento storico e dello stesso personaggio che convergono nel riscatto della figura di Vittorio Amedeo di Savoia restituendogli onore e rispettabilità e riconsegnando una verità storica al lettore. Sfogliando queste pagine appare evidente l’impegno dell’Autore nell’appassionata ricerca al servizio del revisionismo storico. La vicenda siciliana di Vittorio Amedeo di Savoia, infatti, ha tradizionalmente sofferto di pregiudizi sollevati dalla propaganda vaticana e spagnola antisabauda e riproposti dagli storici rei di “puntuale e parassitaria pigrizia” nella verifica delle fonti. Al contrario, Tommaso Romano mette in atto una rivalutazione della storia, finalmente affrancata da giudizi arbitrari e parziali funzionali alla distorsione della narrazione storica. La necessità della revisione è la ragione profonda che conduce alla realizzazione di questo volume che ha il vanto di essere il primo mai scritto sulla vicenda del breve regno siciliano di Vittorio Amedeo. In esso, grazie all’apporto di molteplici fonti, viene dipinto il ritratto del sovrano sabaudo, i suoi sforzi di creare un legame forte e diretto con i nuovi sudditi, i grandi progetti commerciali e amministrativi da attuare in Sicilia, il suo piano di riforme. Il tutto nel rispetto dell’Isola e dei suoi abitanti e senza alcuna intenzione di piemontizzare né l’una né gli altri. Inoltre, grazie alle fonti reperite da Romano negli Archivi di Stato di Palermo e Torino, emerge l’attenzione continua del re nei confronti della Sicilia; attenzione che rimane una costante nonostante l’allontanamento fisico del sovrano, vissuto come meramente territoriale da Amedeo ma avvertito come distacco psicologico dai siciliani.
Prendendo le distanze dal conformismo storico ufficiale, Tommaso Romano riscrive una pagina della storia della Sicilia. È un’esposizione di fatti, testimoniati da fonti ufficiali e non, nella quale il nostro Autore non teme una presa di posizione: ammirazione nei confronti della legittima monarchia savoiarda in Sicilia, realmente interessata all’Isola, alle sue sorti e all’attuazione di misure per migliorarne le condizioni economiche, sociali, di sicurezza. Romano non si lascia condizionare dai preconcetti e dalle “leggende nere” che, nel corso dei secoli, si sono consolidate attorno alla figura di Vittorio Amedeo. Al contrario, si immerge nell’epoca e nel contesto e, grazie all’appendice artistica e documentaria, consente tale immersione anche al lettore. Il merito di questo volume è di fornire alla collettività un frammento, fin qui mancante, di quel vasto e complesso mosaico costituito dalla Storia di Sicilia. Lascia che siano le fonti a parlare a colui che si abbandona alla lettura di questo spaccato di storia siciliana: per scelta metodologica ma anche estetica, molti dei documenti scelti, tra cui lettere autografe di Vittorio Amedeo e del suo Viceré Maffei, si presentano al lettore in riproduzione anastatica; le pagine tratte dal volume “Cose che furono…” della nobildonna Felicita Alliata costituiscono una sorta di meta-narrazione storica (quando, addirittura, non “meta-meta-narrazione storica”) con commenti a margine dell’autrice che, ricostruendo grazie ad un antico opuscolo la storia della sua famiglia, ricostruì anche gli anni del regno di Vittorio Amedeo in Sicilia; ed ancora immagini di stampe, incisioni, architetture, testimonianze iconografiche che descrivono il periodo storico e aiutano ad immergersi nel contesto esaminato. Lo sforzo documentarista di Romano include anche un saggio di Alberico Lo Faso di Serradifalco ricco di dettagli sui personaggi e sull’etichetta, sulle date e sulle attività del re durante la breve permanenza in Sicilia descrivendo e ricostruendo, per esempio, l’intero percorso di Amedeo durante la cerimonia ufficiale del suo ingresso a Palermo, i vari riti di appropriazione della città, l’accoglienza festosa a lui riservata dal popolo e le rivalità tra gli aristocratici che si contendevano i ruoli più prestigiosi.
Grazie ad aneddoti tratti dalla microstoria, all’apporto di informazioni provenienti dalla numismatica, alla corrispondenza epistolare del sovrano, ai dispacci corredati dai moduli di accompagnamento, alle biografie dei personaggi che gravitavano attorno alla figura di Vittorio Amedeo, grazie ad atti e documenti rinvenuti presso l’Archivio di Corte di Torino, grazie a bassorilievi presenti nei monumenti palermitani, grazie alle stampe e alle incisioni di Ciché riportate sul nostro volume, grazie a tutto ciò è stato possibile smentire i falsi stereotipi che sono stati intessuti ai danni della memoria di Vittorio Amedeo, re di Sicilia. Da ciò emerge, invero, la figura di un sovrano sinceramente interessato alla Sicilia: egli, precedentemente al suo arrivo, commissionò relazioni sullo stato dell’Isola; indisse due Censimenti “delle anime”; convocò in tre sessioni i tre Bracci del Parlamento; si avvalse del sostegno e della collaborazione di intellettuali, burocrati e artisti siciliani; tentò, aprendo le porte della sua dimora ai nobili e con la sua presenza nella quotidianità della città, di creare un dialogo diretto con i nuovi sudditi; propose un massiccio programma di riforme economiche, commerciali, infrastrutturali, per la pubblica sicurezza, amministrative e fiscali per risanare il Bilancio del Regno, per porre fine ai privilegi dell’aristocrazia e per limitare il potere baronale; si adoperò per il progresso delle scienze e delle arti. Tale “ricostruzione economica e morale del Regno” , ovviamente, creò malcontento e antagonismi tra sovrano e nobiltà: le grandi riforme furono accolte con reticenza dai grandi feudatari e dai Gesuiti che non avrebbero più potuto godere dei privilegi ecclesiastici. Ecco come si irrobustì la cerchia, ristretta ma potente, degli oppositori di Vittorio Amedeo. A ciò va aggiunta la propaganda antisabauda condotta dal Vaticano, derivante dal conflitto politico-ecclesiastico sorto intorno alla questione dell’istituto dell’Apostolica Legazia, e dagli ulteriori nemici esterni quali gli atri regni italiani, le repubbliche di Genova e Lucca, l’Austria. Il periodo in esame, quindi, risulta inquinato da fonti e documenti orientati a screditare la figura di Vittorio Amedeo.
Esattamente nel rifuggire da interpretazioni ideologiche e stereotipate di questo breve ma intenso momento storico sta il merito dell’operazione di severa e rigida ricerca d’archivio e di puntuale raccolta di dati e notazioni svolta dal nostro Autore.
Romano individua proprio nel buon governo di Amedeo le cause del perire del suo Regno. Il tentativo di privare la nobiltà del proprio potere destò sentimenti di insofferenza negli aristocratici. Ma c’è dell’altro. Le “colpe” di Vittorio Amedeo furono anche quelle di aver preteso – e di averlo preteso troppo in fretta - che i siciliani rinunciassero allo stato di torpore che li contraddistingueva: a lungo andare, i sudditi reagirono negativamente ai sacrifici richiesti dal loro re per uscire dallo stato di arretratezza in cui si trovava l’Isola. Il popolo, che come mette bene in luce Romano aveva partecipato con manifestazioni di giubilo all’arrivo e all’incoronazione del sovrano di casa Savoia, nel tempo si rivelò restìo ad accogliere il progetto riformatore di Amedeo.
Anche se potrebbe sembrare un’ovvietà, questo testo mette in risalto anche il ruolo giocato dalla Sicilia nelle dinamiche geopolitiche dell’epoca: contesa da spagnoli, austriaci e savoiardi ed in grado di ristabilire equilibri tra le grandi potenze. Inoltre, Amedeo, col suo breve Regno in Sicilia, creò un ponte di dialogo e collaborazione tra Nord e Sud e l’Autore sembra quasi volerci lasciar intuire che, se questo avesse avuto una più longeva estensione temporale, probabilmente oggi le relazioni sociali ed economiche tra i due estremi dell’Italia avrebbero delle connotazioni diverse.
Tommaso Romano e il suo “Vittorio Amedeo di Savoia Re di Sicilia” gettano nuova luce su ciò che, a torto, da sempre gli storici hanno dato per scontato e fanno riflettere sull’importanza del revisionismo storico, oltre a restituire dignità e verità storica ad un “episodio sfuggito alla storiografia” ufficiale.
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