lunedì 18 maggio 2015

Gilbert K. Chesterton – Grandezza e attualità di uno scrittore cattolico

di Fabio Trevisan

“Credo al vecchio dogma mistico secondo cui ciò che l’Uomo ha fatto, l’Uomo può rifare”.
Con questa frase tratta dal lungimirante saggio: “Il profilo della ragionevolezza” del 1926, Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) intendeva porre l’accento su un indispensabile ritorno al passato in cui l’Uomo di ogni tempo poteva ricollegarsi. Lo faceva soprattutto in riferimento alla conservazione della libertà e della piccola proprietà contro i due sistemi, capitalistici e comunisti, che nella falsa contrapposizione attanagliavano le legittime aspirazioni umane: “I miei critici credono ad un dogma ancora più mistico: quello secondo cui l’Uomo non è assolutamente in grado di rifare ciò che ha già fatto…per questa via non si arriva da nessuna parte, se non a una perdita sempre maggiore di proprietà, inghiottita da un sistema ugualmente impersonale e inumano, sia che lo si chiami comunismo o capitalismo. Se non possiamo tornare indietro, non sembra che valga la pena andare avanti”.
Per il grande pensatore londinese il concetto di “proprietà”, soprattutto “piccola” e da contrapporsi al latifondismo, era un autentico punto d’onore che aveva a che fare strettamente con la dignità umana. Egli propugnava con le lettere maiuscole un Risveglio della Fede, un Risveglio del Cattolicesimo: “Non fanno che dirci che questa o quella tradizione è finita per sempre, che questo o quel mestiere o credo è finito per sempre. Ci definiscono reazionari se parliamo di un Risveglio della Fede”. Da buon cattolico, Chesterton sosteneva il Risveglio attraverso la ragione e la tradizione, ovvero la sanità dell’uomo: “Desideriamo sinceramente che si valuti con serietà se non sia possibile realizzare la transizione illuminati dalla ragione e dalla tradizione”. Il profilo della ragionevolezza e della sanità era imprescindibile da certi collegamenti con le antiche tradizioni riguardanti la terra, il focolare domestico e l’altare.
Dinanzi al proliferare di grandi catene industriali e di grandi magazzini, a quei tempi agli albori, Chesterton prospettava quasi un secolo fa il fallimento completo: “Credo che il grande negozio sia un pessimo negozio. Lo ritengo pessimo in senso morale e commerciale. Credo che quegli empori giganteschi non solo siano volgari e insolenti, ma anche incompetenti e sgradevoli e nego che la loro vasta organizzazione sia efficiente”. Si chiedeva quindi: “Cosa fare?” per preservare quelle ultime tradizioni di proprietà e libertà e si aggrappava al senso religioso atavico: “Come i Lari di un tempo, questa religione della casa o ciò che ne rimane, si oppone alla disciplina distruttiva del capitalismo industriale”. Nel rammentare che la proprietà, in linea con i principi della Dottrina sociale della Chiesa, è un deposito affidatoci dalla Provvidenza per il bene degli altri oltre che per il nostro, egli ammoniva di non dimenticare il giorno del Giudizio in cui avremmo dovuto render conto dell’uso fatto di questo deposito. Auspicava quindi una società che sapesse far rivivere quelle corporazioni di arti e mestieri medievali, delle quali Leone XIII aveva rimpianto nella Rerum novarum.
La corretta distribuzione della proprietà e della responsabilità personale e sociale erano indicate da Chesterton con l’immagine dell’arco architettonico: “Il principio dell’arco è umano, applicabile a tutta l’umanità e da essa utilizzabile. Qual è il principio dell’arco? Secondo il principio dell’arco, unendo in un certo modo delle pietre di forma particolare, la loro stessa tendenza a cadere impedirà che cadano. E sebbene la mia immagine sia solo un esempio, in larga misura vale anche per il successo di un’equa distribuzione della proprietà. A sorreggere l’arco è l’uguaglianza della pressione che le singole pietre esercitano l’una sull’altra. L’uguaglianza è al tempo stesso mutuo soccorso e mutuo impedimento”. Il corpo sociale, riassunto nell’arco architettonico, impediva così che le legittime disuguaglianze provocassero ingiustizie anti cristiane come la proletarizzazione o l’inadeguato arricchimento di pochi. Il profilo della sanità pensato da Chesterton era in un quadro organico cattolico e le sue provocazioni intelligenti rimangono ancora in attesa di una risposta ragionevole.
da: http://www.riscossacristiana.it/

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