di Guglielmo
Peralta
Certo, per conoscere a fondo un uomo bisogna guardarlo «dentro». E non
basta la sua biografia, specie se si tratta di una persona dalla "complessa formazione culturale",
dalla natura e dalle qualità singolari, caratteristiche, originali e, perciò,
sfuggente "a qualsiasi
classificazione". Bisogna disporre di una buona "vista", di capacità
d'osservazione e, soprattutto, avere una vicinanza amicale e intellettuale con
la persona in questione, saperne gli interessi e condividerli per potere
vantare una conoscenza approfondita e disegnarne un ritratto il più somigliante
possibile. Di quest'uomo, che risponde al nome di Tommaso Romano, Maria
Patrizia Allotta, sua ritrovata amica d'infanzia e ora collega di scuola,
nonché di penna, si è data il difficile compito di "comporre"
l'universo spirituale e "contemplattivo"
e custodirlo come un tesoro tra le
pagine di uno scrigno intitolato: "Nel buio
aspettando l’alba, speranza che non muore": titolo beckettiano che,
rimandando a Godot, sembra riflettere l'attuale crisi culturale e morale in cui
è sprofondata la società mondiale, a seguito della dissipazione dei valori, che
ha finito per prosciugare il senso dell'esistenza creando il vuoto e il deserto
nell'anima dell'uomo. Tuttavia, il "tesoro" e lo "scrigno" lasciano
intravedere la possibilità che il "buio"
sia dissolto e l'attesa colmata dalla speranza dell'alba, da quel "futuro eventuale", che è silloge
poetica di Romano e promessa di felicità, sempre differita. È possibile in
queste pagine, scelte con oculatezza dall'Allotta, attraversare i quarant'anni
di attività creativa dell'Autore. Sono lacerti, frammenti, schegge, tessere tratte
dal suo Pensiero composito, che trova organicità e unità nel suo "intrinseco valore" etico ed
estetico, nello Streben, nel suo tendere
alla Bellezza e all'Assoluto, che è ricerca della verità e consapevolezza di
essere parte dell'infinito Mosaico del Cosmo e, dunque, riflesso e "specchio
della (sua) Luce". Le tante tessere che costituiscono questo Pensiero
complesso - frutto delle intuizioni, delle illuminazioni, degli studi, degli interessi,
degli incontri e delle relazioni interpersonali, delle esperienze e conoscenze
acquisite nel tempo - danno la misura mai colma di un cammino, che, per il
Nostro, è "Il fare della bellezza"
(titolo di un'altra delle sue opere, che ne dà testimonianza) e compongono un vastissimo
mosaico, del quale l'insieme delle "schegge", sapientemente scelte dalla
curatrice, costituisce, a sua volta, un'organica sintesi musiva. Tutta l'opera
di Romano, nella quale hanno un posto di rilievo i dodici volumi del Mosaicosmo che rappresentano, come sottolinea l'Allotta, "il
corpus dottrinale e pedagogico del suo pensiero", è uno scrigno che mostra
il suo tesoro, colmo di una grande spiritualità che è "Luce del pensiero", di un pensiero
che "si racconta" attraverso la parola
e che non è "solo la biografia degli
atti che si manifestano nel reale, ma anche tutto ciò che è proprio del
percorso interiore". E in questa interiorità ha guardato l'Allotta, alla quale
va riconosciuto il merito di avere colto e assemblato i tratti salienti e
rivelatori delle opere di Tommaso Romano per disegnarne il "volto",
per dare ai lettori un ritratto dell'uomo e della sua anima il più somigliante
possibile, il più vicino al «vero». Poesia e vita sono un binomio inscindibile
e costitutivo della natura di questo Autore, del suo essere uomo e persona
autentica, senza maschere, senza veli. Esse sono il vero, la felice sintesi: il
mosaicosmo, dove vita e poesia sono
l'unità perfetta, l'essere cosmico dell'uomo nella Poesia della
Natura, dell'universo. Senza tenere conto di questa simbiosi, il ritratto di
Romano sarebbe impossibile; il mosaico
della sua opera un puzzle irrealizzabile, perché mancherebbe della tessera
fondamentale, della Poesia che è la radice,
l'Origine stessa della vita.
Ha
fatto bene la curatrice a dare spazio ai testi dell'Autore limitandosi solo ad
introdurli in un Proemio, con un titolo che coglie e dice il senso dell'intero vissuto di Romano e, cioè, la sua vita in interazione con la scrittura. Perché
lasciando parlare i testi si dà la possibilità al lettore di stabilire con
l'autore un legame più diretto, un "dialogo", un "circolo
ermeneutico", tramite il quale si manifesta la vita spirituale di cui il
testo è in-tessuto, e il lettore,
ponendosi in devoto ascolto, può cogliere il nesso tra vita, espressione e
‘comprensione’. Di questo nexus il
Nostro dà piena testimonianza con le sue opere, che egli vive scrivendo e scrive vivendo.
Perché la scrittura "è soccorso
vitale, terapia dell'anima in compassione solitaria, nel tempo della vita"
e apre alla comprensione dell'essere proprio e del mondo. La "cura" dell'Allotta
si coglie anche nella scelta dei titoli dei capitoli che, insieme con i versi
posti in apertura e a conclusione di ciascun capitolo, fanno da segnavia,
tracciano il cammino speculativo di Romano. Ogni titolo fissa un passaggio
cruciale, esprime una centralità, indica una tappa essenziale del pensiero
romaniano lasciandone indovinare il più vasto sviluppo. Sono delle perle di
saggezza, delle epifanie che "rivelano", che suggeriscono una "metodologia" dell'esistenza,
gli "strumenti del mutamento e della
rigenerazione", le vie del sapere, che si snodano nel tempo della
povertà e del deserto e annunciano il "Magistero
dello Spirito", ovvero,
"una pedagogia della coscienza",
fondata sull'arte e sulla bellezza che possono dare "senso e verità al nostro
agire". Abitare l'essere, "rifugiarsi
negli eremi del proprio spazio privato (...) e in quelli della natura"
praticandovi la contemplazione, significa mettersi in cammino sulle tracce del sacro per ritrovare "la dimensione spirituale e cosmica, il
tassello musivo che è la nostra esistenza". Ma, bisogna fare presto, sembra avvertire Romano. Urge la sfida per fermare
il deserto che avanza. In questo "tempo
di barbarie" non si può attendere Godot!....Occorre subito opporsi al non senso, che dilaga nell'ordinaria
follia quotidiana del mondo; lottare contro l'abisso in cui ogni giorno
precipitiamo e che è il vuoto della coscienza, la perdita dei valori, per riscoprire
e ristabilire "il senso del senso (...) in ogni cosa, fatto, evento, persona".
Occorre porre fine all'attesa e celebrare, oggi, "l'epifania del Sacro", "l'Eterno che è in noi / (...) perché
il futuro è sempre eventuale".
da: www.lionspalermodeivespri.it
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