di Francesca Luzzio
Numerosa è la letteratura che narra di adolescenti e di scuola, basta citare solo qualche opera e qualche autore: La classe di F.Bègaudeau, Domani niente scuola di A. Bayani, Un misero di Chetan Blagat, La mia unica amica di Eliana Bouchard, Il secondo momento migliore di Valentina Camerini, Liceali,raccolta narrativa e lirica della scrivente, ma nessuno ha focalizzato come SANDRA GUDDU le ragazze di periferia. Anzi, la specificità di “Tacco dodici”, consiste proprio in questo: fare emergere la periferia e il contesto sociale che lo anima. La scrittrice, grazie alla sua abilità narrativa, ma anche e soprattutto alla sua umanità, alla sua conoscenza della psicologia e delle problematiche adolescenziali, essendo anche psicopedagogista, riesce a dare corpo ed anima all’ esperienza acquisita e vissuta nelle scuole dei quartieri maggiormente a rischio di Palermo. Da qui la possibilità di trasformare in letteratura storie vere di “ragazze di periferia”, come recita il sottotitolo della raccolta. E periferiche sono le scuole, nucleo focale da cui s’irradiano le vicende vissute dalle protagoniste, in un contesto ambientale e socio-economico pieno di violenza, d’ipocrisie e di pregiudizi. Tante ragazze quindi, tante storie, ma non sono solo loro ad emergere nel contesto narrativo, infatti un ruolo rilevante è riservato anche ai genitori ed ai professori, insomma intorno alle ragazze-protagoniste ci sono anche le principali istituzioni alle quali è affidata la crescita culturale ed umana dei giovani: la famiglia e la scuola. Molte sono le considerazioni da farsi, ma anzitutto non possiamo non considerare la crisi della famiglia che di fatto genera insicurezza nei ragazzi che, bisognosi di modelli, quali i genitori dovrebbero essere , e di consigli, di fatto sempre più spesso trovano dietro di loro il vuoto, l’assenza di salde figure che, prendendoli per mano, l’inseriscano progressivamente in un sano percorso di vita. Di fronte a tale realtà, non tutti gli adolescenti hanno la forza di reagire, come invece, ad esempio, è capace di fare la protagonista del racconto “La treccia spezzata” che di fronte ad un padre indifferente nei suoi confronti, ad una madre che, separata dal marito, riceve a casa i suoi numerosi amanti, raduna dentro un trolley i suoi pochi vestiti e va a vivere con i nonni. Una visione in genere positiva è data dell’altra istituzione fondamentale nell’educazione delle nuove generazioni: la scuola. In questa sicuramente non manca la presenza di atti di bullismo, di spacciatori di droga, di qualche insegnante piena di astio, magari per motivi comprensibili, ma certo non giustificabili nei confronti degli allievi, come l’insegnante del racconto Petticoat lane, Michela, che in seguito all’amarezza e alle delusioni della sua vita, consapevole di aver perso la sua gioventù senza realizzare i suoi sogni, rivedeva nelle sue allieve e in Sofia in particolare “se stessa, come era ai tempi del liceo...” e “quando entrava in classe ”sprigionava ”la belva che si era insediata dentro di lei”. Ma la prof.essa Michela, che fra l’altro alla fine si ravvede,”scioglie”, come dice la nostra scrittrice”quel sasso che le bloccava lo stomaco”, è un’eccezione, così come removibili ed eliminabili sono il bullismo e la droga, considerati come mali tipici dei nostra attuale realtà, ma curabili, grazie alla presenza d’ insegnanti consapevoli del proprio ruolo e perciò seri ma non severi, pronti ad insegnare, a fare della letteratura vita vissuta, ma anche ad imparare dagli studenti, dal loro mondo, quale l’evolversi dei tempi e lo scadere dei valori umani e sociali, lo ha reso oggi. Dunque docenti umani, affettuosi, comprensivi, che magari non dicono ai loro alunni, come il maestro Perboni del libro Cuore, “ voi dovete essere i miei figliuoli”, ma sicuramente pronti ad aiutare le ragazze di periferia e ad entrare in sintonia con loro e a confrontarsi con i loro problemi e, proprio per questo, anche autocritici, come l’insegnante del racconto “ Non solo fumo”, dove la prof che accompagna gli allievi del quinto anno ad uno stage professionale ad Amsterdam ad un certo punto comincia a pensare che” in fondo non mi ero mai interessata a loro e che con ogni probabilità, ero io quella non adeguata alla scuola e non al contrario” e, proprio per questo, capace di entrare in sintonia con il sentire giovanile, con i loro problemi e alla fine proprio per questo disponibile ad aiutare gli studenti. Il colore rosso delle scarpe dell’immagine di copertina e il titolo della raccolta “Tacco dodici” ci collega circolarmente all’ultimo racconto, dove l’alunna Sofia indossa un paio di scarpe rosse, tacco dodici, che ricordano alla prof.essa Michela, quelle che gli regalò il suo ragazzo,Piter, in occasione del primo ed ultimo Natale che trascorsero insieme. Ma a parte la circolarità che può evincersi tra l’ultimo racconto con il titolo e l’immagine di copertina, quest’ ultima sicuramente vuole alludere alla violenza contro le donne, che oggi caratterizza, ahimè, non solo le periferie cittadine, ma ogni luogo ed ogni strato sociale. Come Elina Chauvet attraverso la sua installazione di 33 scarpe rosse a Juàrez, ha voluto denunziare l’alto tasso di femminicidi che avvenivano in questa città del Messico, facendo sì che le scarpe rosse divenissero simbolo della violenza contro le donne, anche sandra Guddu vuole denunziare tale fenomeno e lo fa attraverso i suoi racconti che danno veste letteraria a storie vere nei quali la violenza contro le donne in varie forme è ampiamente diffusa e praticata, basta citare, ad esempio, il racconto “Le opportunità tradite” dove si narra dello stupro di Giada, oppure il racconto Cannella, dove Layla, rifugiata politica proveniente dallo Sri Lanka, muore insieme con il suo fidanzato a causa di un incidente con la moto, quasi certamente architettato dal fratello che non le perdona il suo desiderio di vivere in libertà, contravvenendo alle regole della sua gente e della sua cultura d’origine. “ - Io, - afferma la mamma di Titti, la sua amica del cuore,- sono andata alla polizia..., ma mi hanno confermato che la moto è andata completamente distrutta e che, anche se fosse stata manomessa ,non c’è alcuna possibilità di dimostrarlo. – Dolore e rabbia, mescolate ad un sentimento d’impotenza s’impossessarono di Titti che come inebetita continuava a fissare le onde che si rincorrevano per poi infrangersi dolcemente sulla sabbia,quando ebbe l’impressione di vederla uscire dall’acqua e venirle incontro sorridente. Avvertì anche il profumo inconfondibile di Layla che sapeva di cannella”. Né sono solo quelli progressivamente citati i temi trattati, infatti la raccolta è un coloratissimo mosaico dove le tessere di vario colore rappresentano la maggior parte delle problematiche che caratterizzano il mondo giovanile attuale: la legalità, l’interculturalità, l’accettazione del proprio io e del diverso da sé, la sessualità, che non a caso, considerata l’età delle protagoniste, ha un ruolo preponderante in vari racconti, sono alcuni degli altri temi presenti nei racconti. Dal punto di vista estetico-formale, innanzi tutto è opportuno rilevare che i racconti presentano titoli che ripropongono parole o sintagmi-chiave del contenuto degli stessi; per quanto riguarda la dimensione temporale, la scrittrice tende spesso a creare, attraverso i numerosi dialoghi, l’uguaglianza tra tempo reale e tempo del racconto; d’altronde considerato che la professoressa Guddu ci narra storie vere, non possiamo non inserirle nell’ambito del contesto letterario realista, molto in auge anche nella produzione narrativa di oggi e, come è tipico di tali scrittori, anche lei tende a creare il massimo di aderenza tra tempo reale e tempo narrativo al fine di fotografare la realtà nei suoi particolari, a scopo, può dirsi quasi documentario. I fatti in genere sono narrati in ordine cronologico, ma non mancano analessi, ossia flashback, regressioni nel passato, come, ad esempio, nel già citato racconto Petticoat Lane, quando la prof. Michela rievoca il suo passato e prolessi, ossia anticipazioni, come nell’incipit del racconto Cannella dove viene descritta la paura di Layla per gli esami di maturità, al punto da non ricordare più il contenuto della sua tesina sulla Globalizzazione, ma di fatto gli esami avranno luogo molto più avanti nella narrazione. La dimensione spaziale è data dalle scuole e dai quartieri periferici dove esse sono ubicate, senza essere comunque particolarmente descritte, se non quando l’ambiente assume un ruolo specifico nello svolgersi dell’azione, come nel racconto “Dimensione sodoma”: “Stella...passava la maggior parte del suo tempo nella sua cameretta che si trovava al secondo piano di una palazzina di loro proprietà,accanto alla stanza della zia, mentre al primo piano al quale si accedeva attraverso la scala interna, c’era una comoda cucina, una sala da pranzo con salotto, la cameretta della bambina piccola e la loro camera matrimoniale. A piano terra c’era il garage che veniva utilizzato anche come cantina e ripostiglio”. La narratrice è in genere in posizione eterodiegetica, infatti tende a descrivere dall’esterno gli eventi, ma non mancano i racconti in cui la voce narrante è coprotagonista delle vicende narrate e, in tal caso, dalla posizione eterodiegetica si passa a quella omodiegetica, come ad esempio nei racconti “La donna struzzo” e “Rapsodia” , non solum sed etiam: autrice, narratrice e professori coprotagonisti nei vari racconti coincidono quasi sempre, perché negli insegnanti è riposta in linea di massima tutta la saggezza, tutta la competenza professionale e, soprattutto tutta l’ umanità della professoressa Guddu che ha insegnato- imparando. Le tecniche narrative spaziano dal discorso diretto del cui ruolo prevalente si è già detto, all’indiretto, all’indiretto libero o al monologo interiore. Fedele alla poetica verghiana, la scrittrice nella volontà di riproporre la realtà così com’è adopera un lessico comune, una sintassi lineare, insomma tende a riprodurre il parlato e a tal fine non manca anche sparsa qua e là qualche frase in dialetto siciliano o qualche parola tipica del gergo giovanile.
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