di Lino Di Stefano
In quest’ultimo saggio – ‘Pensieri filologicamente scorretti (Ed. Radio Spada, Milano, 2015) – lo studioso Piero Vassallo, che non ha bisogno di nessuna presentazione, affronta, da par suo, una tematica di grande rilevanza teologica e culturale, in genere; quella relativa, cioè, ai rapporti tra Ebraismo e Cattolicesimo in occasione, altresì, del 50^ anniversario della fine del Concilio Vaticano II.
Relazioni mai idilliache secondo l’Autore ad onta, egli sostiene, del noto ‘buonismo’ di estrazione concilarista. Prefato da Piergiorgio Seveso secondo il quale “se è vero che non si può uccidere Dio, si può tentare di ucciderlo”; prova ne è, a detta di Proenca Sigaud, che “il giudaismo internazionale vuole scardinare la Cristianità e sostituirsi ad essa” tant’è vero che, prosegue il citato autore, certe” ‘destre politiche’, quali il fascismo e il nazionalsocialismo non furono che fasi di una medesima guerra contro la Chiesa di Cristo”.
E veniamo, adesso, al libro di Piero Vassallo giudicato dal Prefatore quale ricerca “con coloriture spesso felici e con accenti sovente fecondi”. Ora, per Vassallo, se è auspicabile il dialogo fra Ebrei credenti e Cattolici fedeli alla tradizione, è parimenti criticabile l’affermazione di Bergoglio volta a dispensare gli “Ebrei dalla conversione a Cristo”.
Al riguardo, l’Autore menziona Padre Giovanni Cavalcoli - il quale conferma che oggi la Santa Sede ha “nei confronti degli Ebrei un atteggiamento di eccessiva indulgenza e quasi di adulazione” - non senza far riferimento, inoltre, al Pontefice Benedetto XVI. Questi, a detta di altri teologi, non esitò, in polemica con la Sinagoga, a raccomandare le preghiere del Venerdì Santo per il ravvedimento degli Ebrei.
Dopo aver respinto la posizione di Carlo Angelino diretta alla dichiarazione della morte del tomismo e quella di Eugenio Scalfari tesa ad esaltare l’Illuminismo contemporaneo basandolo su una “triade di anti-illuministi furenti, ossia Leopardi, Schopenhauer e Nietzsche”, l’Autore dà ragione ai teologi che, sulla linea tracciata dal Cardinale Siri, “nella centralità del problema costituito dal conflitto che oggi oppone le diverse correnti della cultura ebraica vedono un segno apocalittico”.
Criticata, a questo punto, la posizione di Ben Gurion intorno al mondo musulmano perché incentrata sul principio della “comune origine biologica”, l’Autore riferisce anche sul cosiddetto ‘caso Mortara’, bimbo ebreo sottratto alla famiglia per farne un sacerdote, non senza porre l’accento, ancora, sulla presa di posizione di Papa Ratzinger che, nella Sinagoga di Colonia, auspicò una sempre maggiore conoscenza fra Ebrei e Cristiani.
Riferendosi, poi, a Gershom Scholem – facente parte insieme con Benjamin Bloch, Marcuse, Jonas e Taubes della schiera dei pensatori eterodossi sostenitori delle svolte sessantottine della moderna rivoluzione – l’Autore parla, appunto, di Scholem come conoscitore di autori e testi neo-platonici e quale commentatore, inoltre, del testo ebraico ‘Zohar’, ampia raccolta, di trattati scritti da un ebreo esule in Spagna tra il 1265 e il 1285.
Estimatore, com’è noto, del grande Pontefice Pio XII, Piero Vassallo difende quest’ultimo dalle diffamazioni provenienti da più parti e relative alle presunte simpatie del Papa per il nazismo laddove è notorio che già dall’Enciclica ‘Mit brenner der Sorge’ (con pungente preoccupazione) – ispirata dall’allora Cardinale Pacelli – si evincono gli atteggiamenti anti-nazionalsocialisti ed anti-comunisti del futuro Vicario di Cristo. E ciò, in perfetta, opposizione alla diceria di Pio XII amico del Fuehrer. L’Autore affronta pure la problematica delle ‘mitologie intorno al delitto umanitario’ soffermandosi sul pensiero di Alexandr Solzhenitsin per il quale il regime di Stalin non era migliore di quello di Hitler.
Da qui, l’equazione dei due ‘Leviathan’ di hobbesiana memoria, ma da qui, anche la concezione della studiosa ebrea Hanna Arendt “la quale – parole di Vassallo – riconosceva che gli Ebrei, nel XX secolo, sono stati attori del gioco storico alla pari con gli altri popoli”, coinvolti in tali errori.
Dopo aver prodotto i dovuti rilievi alla concezione del mondo del marxismo e reso i dovuti riconoscimenti al filosofo Carlo Costamagna con l’asserzione secondo cui “la condanna del lavoro di qualità è la condanna dell’intelligenza”, l’Autore si accomiata dal lettore menzionando sia Giovanni Paolo II – a detta del quale la “Shoah fu opera di un tipico regime moderno neopagano” – sia l’eresiarca Marcione inventore di una teologia dualistica di probabile stampo persiano pre-Islam.
Le ultime pagine della ricerca di Piero Vassallo si chiudono con un ‘excursus’ sul pensiero di Simone Weil - proteso a dichiarare la propria estraneità alla teologia della Sinagoga e la consequenziale adesione al Cristianesimo marcionita – e col doveroso omaggio al pensatore e teologo Cornelio Fabro secondo il quale “il popolo d’Israele sopportò con disagio l’altezza della sua eccelsa vocazione e preferì trasformare il regno spirituale nell’ambizione di un dominio temporale e politico”.
Redatto con la consueta acutezza concettuale e con il solito brio letterario, il libro in questione si fa leggere tutto d’un fiato a conferma, se ve ne fosse bisogno, anche delle solide basi teologico-speculative dell’Autore.
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