di Tommaso Romano
Giovanni Madùli, docente e studioso appassionato dei problemi e dell’identità del Sud e della Sicilia, con il suo denso volume Rinascita di una Nazione (Pitti edizioni, Palermo 2014) si misura con due coordinate fondamentali che si intersecano necessariamente: la storia e le prospettive di rinascenza del Sud, di quella cioè che l’A. chiama”Nazione”.
Essenzialità e argomentazioni serie sorreggono il volume che rivendica nelle sue idee di fondo una specificità identitaria, sociale e geografica, all’Isola e al Meridione intero. La storia del Sud, dice Giovanni Madùli, ha una sua profonda unità spirituale e culturale data da un’eredità propria che affonda nel Regnum Siciliae.
Non manca l’A. di soffermarsi su fatti e personaggi dalla Magna Grecia ai Romani, da Ruggiero II ai Borbone Due Sicilie, che a tale processo diedero certamente un sigillo, oltre certi stereotipi storiografici che ci raccontano monotonamente solo di tristi dominazioni straniere.
Se si affronta il tema della civiltà di un popolo ben altre sono le coordinate rispetto a quelle consuete adoperate dagli storici intrisi di ideologismo: spirituali e religiose, tradizionali e di costume, della laboriosità e della cultura, del paesaggio e della bellezza. Tutti elementi che ben si contemplano scorrendo il libro di Madùli che, ulteriormente, pone attenzione e molto giustamente al Diritto Romano come fonte di equità. Obiettivo dichiarato e raggiunto dal Madùli è pervenire alla evidenziazione “dei caratteri significativi, distintivi e specifici, utili alla identificazione ed alla individuazione di quegli elementi comuni e di quei valori fondanti, che costituiscono denominatore comune”.
Senza revanscismo e tendenze bassamente reazionarie, Giovanni Madùli trova la chiave umanistica del futuro del Sud nella “riscoperta, rivalutazione e coraggiosa riaffermazione del nostro passato e delle nostre radici”.
La seconda parte del volume, scritto con esemplare chiarezza e in nitido stile, passa in rassegna le cause della decadenza a cominciare dalla c.d. “mala unità”. Analizza così i fattori economici ed espansionistici risoltisi in una sorta di colonialismo di sfruttamento puntellato da trame di forze occulte abbattutesi nell’antico Regnum, riprendendo tesi care a Nicola Zitara e a Vincenzo Gulì (quest’ultimo prefatore del volume, insieme all’altro introduttore, l’ottimo Ignazio Coppola), non mancando di effettuare proprie, interessanti ed ulteriori ricognizioni. Alla diagnosi Madùli fa seguire una prognosi, che si spinge sino ad una sorta di dichiarazione delle ragioni della separatezza della Sicilia e del Napoletano, più identitaria che politica forse, atteso che l’Autore rivendica le ragioni - ad esempio- dello Statuto Siciliano e della necessità di ripristinare l’Alta Corte per la Sicilia. Statuto, non dimentichiamolo, firmato da Umberto II come uno degli ultimi atti del suo breve Regno (personalmente ho sempre trovato uno stretto destino che ha accomunato sia l’ultimo Borbone, Francesco II, sia l’ultimo Savoia, anche nell’esemplare esilio che accompagnò entrambi, molto credenti e praticanti tutti e due, e ricordiamo che Francesco era figlio di Maria Cristina nata Savoia e poi Regina delle Due Sicilie, proclamata ora Beata, esattamente un anno fa).
Se molto convincenti sono le tesi ribadite da Madùli sull’abbandono dell’Euro e sulla rinegoziazione dei Trattati e degli Accordi Europei, nonché sul Fiscal Compact, più problematiche ci appaiono le forme istituzionali proposte. Tuttavia il libro afferma molte altre linee politiche assolutamente condivisibili anche per chi indipendentista non è: la tutela e il sostegno concreto alla famiglia oggi assai minacciati, la difesa dello Stato sociale, la non abdicazione dei servizi e dei valori pubblici, il sostegno alla ricerca e alla cultura, il divieto all’utilizzo degli OGM, la salvaguardia del territorio senza però mummificarlo e isterilirlo, la riconquista della sovranità popolare e monetaria. Sono tutti presupposti che si spera possano contrastare i “Signori della globalizzazione”, come li definisce l’Autore, senza Patria e senza radici.
Concludendo, il Saggio di Madùli è un utile e generoso apporto per una reimpostazione di vicende storiche, di problemi e prospettive per il Sud, anche per chi non condivida in toto tutti gli assunti e proposte operative, anche tenendo conto che nell’agenda dei Governi centrali, continua a persistere il disconoscimento della Questione Meridionale. E allora, libri stimolanti come questo di Madùli non poco servono al dibattito e all’approfondimento, evitando al contempo di ricorrere a miti incapacitanti e alla “nostalgia del bel tempo andato”.
Giovanni Madùli, docente e studioso appassionato dei problemi e dell’identità del Sud e della Sicilia, con il suo denso volume Rinascita di una Nazione (Pitti edizioni, Palermo 2014) si misura con due coordinate fondamentali che si intersecano necessariamente: la storia e le prospettive di rinascenza del Sud, di quella cioè che l’A. chiama”Nazione”.
Essenzialità e argomentazioni serie sorreggono il volume che rivendica nelle sue idee di fondo una specificità identitaria, sociale e geografica, all’Isola e al Meridione intero. La storia del Sud, dice Giovanni Madùli, ha una sua profonda unità spirituale e culturale data da un’eredità propria che affonda nel Regnum Siciliae.
Non manca l’A. di soffermarsi su fatti e personaggi dalla Magna Grecia ai Romani, da Ruggiero II ai Borbone Due Sicilie, che a tale processo diedero certamente un sigillo, oltre certi stereotipi storiografici che ci raccontano monotonamente solo di tristi dominazioni straniere.
Se si affronta il tema della civiltà di un popolo ben altre sono le coordinate rispetto a quelle consuete adoperate dagli storici intrisi di ideologismo: spirituali e religiose, tradizionali e di costume, della laboriosità e della cultura, del paesaggio e della bellezza. Tutti elementi che ben si contemplano scorrendo il libro di Madùli che, ulteriormente, pone attenzione e molto giustamente al Diritto Romano come fonte di equità. Obiettivo dichiarato e raggiunto dal Madùli è pervenire alla evidenziazione “dei caratteri significativi, distintivi e specifici, utili alla identificazione ed alla individuazione di quegli elementi comuni e di quei valori fondanti, che costituiscono denominatore comune”.
Senza revanscismo e tendenze bassamente reazionarie, Giovanni Madùli trova la chiave umanistica del futuro del Sud nella “riscoperta, rivalutazione e coraggiosa riaffermazione del nostro passato e delle nostre radici”.
La seconda parte del volume, scritto con esemplare chiarezza e in nitido stile, passa in rassegna le cause della decadenza a cominciare dalla c.d. “mala unità”. Analizza così i fattori economici ed espansionistici risoltisi in una sorta di colonialismo di sfruttamento puntellato da trame di forze occulte abbattutesi nell’antico Regnum, riprendendo tesi care a Nicola Zitara e a Vincenzo Gulì (quest’ultimo prefatore del volume, insieme all’altro introduttore, l’ottimo Ignazio Coppola), non mancando di effettuare proprie, interessanti ed ulteriori ricognizioni. Alla diagnosi Madùli fa seguire una prognosi, che si spinge sino ad una sorta di dichiarazione delle ragioni della separatezza della Sicilia e del Napoletano, più identitaria che politica forse, atteso che l’Autore rivendica le ragioni - ad esempio- dello Statuto Siciliano e della necessità di ripristinare l’Alta Corte per la Sicilia. Statuto, non dimentichiamolo, firmato da Umberto II come uno degli ultimi atti del suo breve Regno (personalmente ho sempre trovato uno stretto destino che ha accomunato sia l’ultimo Borbone, Francesco II, sia l’ultimo Savoia, anche nell’esemplare esilio che accompagnò entrambi, molto credenti e praticanti tutti e due, e ricordiamo che Francesco era figlio di Maria Cristina nata Savoia e poi Regina delle Due Sicilie, proclamata ora Beata, esattamente un anno fa).
Se molto convincenti sono le tesi ribadite da Madùli sull’abbandono dell’Euro e sulla rinegoziazione dei Trattati e degli Accordi Europei, nonché sul Fiscal Compact, più problematiche ci appaiono le forme istituzionali proposte. Tuttavia il libro afferma molte altre linee politiche assolutamente condivisibili anche per chi indipendentista non è: la tutela e il sostegno concreto alla famiglia oggi assai minacciati, la difesa dello Stato sociale, la non abdicazione dei servizi e dei valori pubblici, il sostegno alla ricerca e alla cultura, il divieto all’utilizzo degli OGM, la salvaguardia del territorio senza però mummificarlo e isterilirlo, la riconquista della sovranità popolare e monetaria. Sono tutti presupposti che si spera possano contrastare i “Signori della globalizzazione”, come li definisce l’Autore, senza Patria e senza radici.
Concludendo, il Saggio di Madùli è un utile e generoso apporto per una reimpostazione di vicende storiche, di problemi e prospettive per il Sud, anche per chi non condivida in toto tutti gli assunti e proposte operative, anche tenendo conto che nell’agenda dei Governi centrali, continua a persistere il disconoscimento della Questione Meridionale. E allora, libri stimolanti come questo di Madùli non poco servono al dibattito e all’approfondimento, evitando al contempo di ricorrere a miti incapacitanti e alla “nostalgia del bel tempo andato”.
Ottima recenzione del libro, che ho trovato stimolante per una rivisitazione storica della formazione della Questione Meridionale determinata più da fattori occulti ed estranee alla mentalità e allo sviluppo storico-economico dei popoli del Sud e che proprio grazie allo stimolo di una riflessione di largo raggio e in diversi ambiti si può giungiore prima alla consapevolezza e poi ad un azione energica per eliminare i problemi che hanno determinato la questione meridionale. Grazie per avermi stimolato ad interpretare meglio questo libro scritto dal mio caro collega professore Maduli. Suo devoto. Prof. Antonio Norrito
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