domenica 25 gennaio 2015

Presentazione "Il sismografo e la cometa" (Tommaso Romano, Palermo 2014)

Come annunciato si è svolta la presentazione a Paermo,nella prestigiosa Sala delle Lapidi del Comune,del nuovo libro della collezione del mosaicosmo di Tommaso Romano ''Il sismografo e la cometa'' edito dall'ISSPE,con la partecipazione di oltre 150 ospiti.Il Consigliere Comunale avv. Giulio Cusumano ha introdotto e donato una Targa a Romano a nome della Citta',sono intervenuti Giuseppe Bagnasco,Umberto Balistreri, Maurizio Massimo Bianco,Arturo Donati,alla Presidenza Ciro Spataro,Elide Triolo,Vito Mauro,Maria Patrizia Allotta,Pippo Romeres ha letto spendidamente 30 testi lirici di poeti e 2 di Romano,mentre applauditissimo il maestro Francesco Maria Martorana ha dato un saggio di pezzi di chitarra classica fra cui uno inedito composto per Tommaso Romano.Pubblichiamo di seguito l'intervento di notevole spessore del prof. Maurizio Massimo Bianco ricercatore di lingua e letteratura latina all'Universita' di Palermo,autore di preziosi saggi e traduzioni,si occupa prevalentemente di commedia e retorica del mondo antico,nonchè di biografia,storiografia e antropologia. (Vito Mauro)




di Maurizio Massimo Bianco
Quelli di Tommaso Romano sono per così dire dei veri e propri libri a mosaico, dei metalibri, costruiti talora intorno e a premessa ad altri libri, attraverso un labirinto spesso e sorprendente di ricerche e di percorsi. Aprono curiosità, introducono ad universi paralleli, danno conferme, sviluppano revisioni.
La collana del Mosaicosmo è giunta ora al suo dodicesimo volume. Un traguardo ambizioso che dimostra come il percorso culturale di Tommaso Romano sia ancora fertile, ancora destinato a dare fruttuose interpretazioni della realtà e della sua misteriosa articolazione. Non a caso la collana è intitolata ad uno splendido neologismo, Mosaicosmo. Ne spiega molto bene il senso Ida Rampolla Del Tindaro, utilizzando gli stessi chiarimenti di T.R.: «la tessera del mosaico rappresenta […] la sintesi simbolica che la vita dell’uomo sviluppa nei suoi atti, nella sua coscienza, nella profondità del suo essere, che è unico ma fa parte di un insieme e non è mai avulso da un contesto in cui tutto, anche una particella infinitesimale come un tassello, ha un senso e si proietta verso il mistero. Ogni essere umano è dunque indispensabile nell’economia del creato e ogni uomo […] ha una sua missione da compiere». L’occhio di Tommaso Romano, guidato da sensibilità e formazione, indaga su alcune corrispondenze, per dirla in termini baudelairiani, cerca di intuire alcuni legami tra le tessere del tempio della Natura. Non si tratta mai di un lavoro di cucitura ma di uno sguardo di ricomposizione, che tiene insieme molteplicità e unità
Innanzitutto il titolo, Il sigmografo e la cometa: come talora T.R. ama fare, il titolo non è mai del tutto espressamente spiegato all’interno del volume; qualcuno, ad esempio, si continua ancora ad interrogare su cosa esattamente significhi L’isola Diamascien. Ma i titoli - ce lo insegna Genette – sono soglie, ci portano già dentro il testo, anche quando semplicemente producono interrogativi, certezze o fraintendimenti, perché un libro, prima ancora che dell’autore, è soprattutto di un lettore. Quello che subito balza all’occhio è l’ossimoro di questa espressione: da un lato c’è il sismografo che registra e presuppone il sisma, il movimento, la distruzione; dall’altro c’è la cometa che segna la strada, indica una via, dà certezze. È un ossimoro orientato in positivo, perché la cometa segue il sismografo e non il contrario: non si ignora la slavina, il clima ‘apocalittico’ (come lo definisce lo stesso T.R.), ma si consegna al lettore un’occasione, una possibilità, un percorso di salvezza. La cometa è un simbolo straordinario, sacro e profano al contempo, che riesce a riscattare con la sua aura poetica anche molti messaggi prosaici.
Il libro si articola in 5 sezioni, che in qualche modo prospettano campi di indagine diversi ma che inevitabilmente, nel quadro del mosaico, finiscono per richiamarsi tra loro.
La prima parte, intitolata LA TRADIZIONE E LA DERIVA APOCALITTICA, è aperta da un lungo saggio, inedito, sulle LINEE ANTIMODERNE PER I CAVALIERI ERRANTI DELL’IDEALE. Si tratta di un’ampia riflessione sul nostro tempo e sulle sue prospettive, in un’epoca segnata dalla crisi delle istituzioni politiche, economiche e spirituali. T.R. parla di clima apocalittico, anche se non si lascia mai tentare dal nichilismo. Contro questo quadro desolante vengono chiamati in causa, con una bella allusione donchisciottiana, i cavalieri erranti dell’ideale, ovvero quella resistenza, apocalittica e controrivoluzionaria, che è individuata, con una felice metafora, nelle microcomunità agricole degli uomini di cultura e nell’azione coraggiosa dei piccoli gruppi. T.R. non risparmia critiche, talora con sottile ironia, nemmeno ai cavalieri mancati, anche a quei Pastori di anime che, a suo avviso, hanno in qualche maniera rinunciato alla resistenza.
Al centro delle pagine di T.R. c’è proprio l’idea di progresso, che, come egli bene sottolinea, a partire dall’epoca post-illuministica si è trasformata in una vera e propria ideologia, in una sorta di fede unilaterale che, quasi secondo un fondamentalismo rovesciato, oggi non ammette infedeli: non si può non credere nel progresso. Nel saggio invece si insiste sulla necessità di un ripensamento radicale della modernità, che possa comportare una resistenza etica ma anche «spazi autarchicamente e umanamente tollerabili, anche in senso geopolitico». In questo sisma la cometa è rappresentata dal sacro; come afferma l’autore, «“Rivestirsi” di sacro è possibile, ma è anche arduo. Il sacro è comunque già nell’uomo imago Dei, è nella natura imago Dei, è nel cosmo imago Dei. Basta saperlo scrutare e coglierlo, il sacro, attraverso la direzione di pastori e guide all’altezza del compito tanto immane […] senza sincretismi e senza falsi pietismi».
La riflessione di T.R. si avvale, comunque, in maniera evidente delle sue risorse di storico e filosofo e delle sue competenze di politico. Al disastro, al terremoto, morale ed economico, si oppone una scia di luce, un percorso ideale, valido per i piccoli cavalieri ma anche per chi agisce da protagonista. A loro l’autore si rivolge nelle considerazioni conclusive: «Il protezionismo non deve essere un tabù, è la sola strada maestra possibile. Questo non significherà chiudere ermeticamente le frontiere ai nostri esportatori (pochi, in pochi settori e ormai marginali nello scacchiere mondiale) e a chi vuole introdurre i suoi prodotti in Italia. Bisognerà incoraggiare, promuovere, controllare e agevolare il mercato interno, con condizioni precise da imporre al liberismo e al mercatismo imperanti, per l’import-export».
IL SUD, L’ITALIA, LA NOSTRA STORIA: UNA NECESSARIA CHIARIFICAZIONE è il
secondo saggio della prima parte, anch’esso parzialmente inedito.
Viene chiarita l’occasione di questa riflessione, scaturita da una domanda insistente che è stata rivolta a T.R. dopo la pubblicazione del suo saggio su Vittorio Amedeo di Savoia Re di Sicilia. Lui stesso la sintetizza: come si può essere revisionisti rispetto al Risorgimento e poi scrivere un’opera sui Savoia? La riflessione che ne viene fuori è davvero straordinaria, perché non si limita soltanto a chiarire obiettivi e senso dell’indagine storiografica, che ovviamente avviene al di là delle nostre convinzioni, anzi avviene anche e soprattutto proprio fuori da ogni nostro pre-giudizio, ma diventa occasione per aprire altre interessanti considerazioni e porre nuovi quesiti. L’appartenenza, che sia essa politica, sociale o economica, non può mai portare all’ingenua illusione dell’esistenza di un sistema perfetto: e l’assenza di un bene terreno assoluto – mi si passi l’espressione – finisce per negare, in una sorta di manicheismo rovesciato, l’esistenza di un male terreno assoluto. Ci sono i buoni e i cattivi processi della storia: lo storico (ma si potrebbe aggiungere anche il politico, il filosofo) che, guidato da moralismo e partigianerie, guardasse a questi processi in maniera unidirezionale, finirebbe per tradire il suo stesso mandato scientifico. Il confronto tra alcune posizioni dei Savoia e dei Borbone, che T.R. tratteggia con una semplicità disarmante, non lascia dubbi sulla prospettiva con cui vanno misurati gli eventi e che lo stesso autore sintetizza con una definizione di Franco Cardini: «La storia, come indagine razionalmente e sistematicamente condotta su fatti, istituzioni e strutture del passato, non può essere altro che rilettura, reinterpretazione e quindi revisione continua di giudizio e di interpretazioni precedenti». Avere messo in luce le storture del processo di unificazione italiano non significa pretendere un antistorico rovesciamento degli eventi ma una più rivoluzionaria affermazione della verità storica, come necessaria per ripensarci sia oggi che domani. E come è il domani ripensato da T.R.? Ce lo dice lui stesso: «Ciò che conta, allora, è la riconquista della regalità a tutti i livelli, per ridare unità e dignità ad un popolo che l’ha perduta in quasi settanta anni di repubblica e di malgoverno, di mafie e malaffare».
Nel saggio RENDICONTI E PROSPETTIVE TRADIZIONALPOPOLARI si dipinge il bisogno di una “meta politica”, di un otium fruttuoso, che chi ha esperienza politica (e in questo caso il riferimento è alla stagione del partito Tradizional Popolare) ha il dovere di praticare. Quasi seguendo idealmente la lezione sallustiana, si evidenzia l’esigenza di mettere a disposizione il proprio patrimonio di idee ed esperienze, di vocazione e di cultura in tutti i modi possibili. «Essere lievito di progetto, prospettiva, programma, saper analizzare, formare, indirizzare non sarà - come non è stato - effimero modo di essere e agire».
Di questo patrimonio T.R. dà subito prova nel saggio successivo, dove, a partire dall’analisi di Agostino Portanova, egli riflette sulla parabola politica italiana dagli anni ottanta al primo governo Berlusconi, mettendo bene in luce tutti gli aspetti delle nostra ‘democrazia difficile’. La Seconda parte del libro è chiamata FRA STORIA, STORIOGRAFIA MUNICIPALE E BENI CULTURALI. Dietro ogni riflessione si scorge la fatica intellettuale ma si intravvedono anche le reti culturali che legano l’autore al suo territorio.
L’interesse per la simbologia emerge con evidenza in METASTORIA E SIMBOLO NEL NODO DI SALOMONE SECONDO PIPPO LO CASCIO ma anche in FARI E FANALI DI SICILIA,
dove si sottolinea la dimensione lirica dei fari, che, in analogia con la cometa, sono simbolo della luce e del giusto cammino, oltre che materia di interesse storico, architettonico, strategico.
I saggi LEONFORTE DEL SEICENTO NELLE RICERCHE DI NINO PISCIOTTA e ancora PER CRUILLAS: FRAMMENTI DI STORIA MUNICIPALE danno occasione a T.R. di rivendicare la nobiltà della storiografia municipale, ormai lontana dalle sommarie storie locali dei maestri, farmacisti e notai dall’Ottocento. Come egli stesso conferma, «la nuova Storiografia Municipale oggi è come una vera e propria scienza storica che segue… tutti i riferimenti utili alla ricostruzione della vicenda comunitaria».
Una forte convinzione, ovvero che «la cultura è anzitutto (anche nei suoi esiti concreti) anima che vive nelle cose oltre che nell’umano e nel mondo» è quella che sta alla base delle riflessioni proposte in UNA GUIDA ESSENZIALE PER I BENI CULTURALI.
Nella terza parte, dove Romano va esplicitamente ALLA RICERCA DELLA PAROLA AUTENTICA, troviamo molti saggi, brevi e ricchi.
In questa sezione T.R. dà prova della sensibilità che lo guida a leggere il panorama culturale in cui si muove. Chi sfoglia queste pagine riesce facilmente a capire come siano plurali e articolati gli interessi dell’autore, uomo di cultura ma soprattutto uomo innamorato della ‘parola autentica’, quella capace di tracciare disegni e che non rinuncia alla ricerca della verità. Molto raffinate le considerazioni sull’INIpoesia di Antonino Russo, sul profondo pathos di Stefano Lo Cicero, sulla lingua variopinta e ironica di Vito Conigliaro, sulle parole pulsanti e “scandite come lama” di Francesca Guajana e sull’opera di Dino Grammatico (“AD OGNI AVVENTO” DI DINO D’ERICE) e sulla dimensione totalizzante della poesia di quest’ultimo, intesa come poesia del ‘noi’, della coralità, che consacra il poeta come poeta dell’eticità. La lettura critica delle poesie di Michele Sarrica è, ancora, portata avanti con estrema sicurezza e sintetizzata efficacemente come frutto di un’anima sacrale, per la quale la religio è congiunzione e non laccio. Nell’opera di Pasquale Attard, T.R. vede con lucidità il tema della parusia, per mezzo della quale – come egli sottolinea - il Regno di Dio viene a congiungere i cieli e la terra.
Ancora in questa parte, volendo non trascurare nulla, equilibrato e profondo è il ritratto dell’opera di Salvatore di Marco (LE RIVISITAZIONI CRITICHE E BIOGRAFICHE DI FIGURE NOTE E DIMENTICATE DELLA CULTURA SICILIANA NELLA RICERCA LETTERARIA DI
SALVATORE DI MARCO), di cui T.R. ricostruisce formazione e interessi, dimostrando la sensibilità e la misura di chi sa esplorare anche terreni scomodi o semisconosciuti.
Romano propone in questa sezione anche una lucida lettura dell’epistolario di Salvatore Li Bassi al padre Matteo La Grua, inquadrandolo come «un viaggio interiore di purificazione, di bellezza verso la Luce», un viaggio concepito all’interno di quella dimensione cristocentrica che è alla base del pensiero libassiano. Viene sottolineato opportunamente come la «scrittura della vita non è solo un cumulo di occasioni», perché noi non siamo nel mondo per caso.
Una quarta sezione, intitolata PER CAUSA D’ARTE, mostra ancora le competenze e la passione di
T.R. per l’universo artistico e conferma, qualora ce ne fosse bisogno, la grande versatilità dei suoi interessi. Chi ha frequentato il suo studio non fatica a comprendere come per Tommaso Romano non sia davvero possibile creare barriere tra arte e storia, tra poesia e filosofia, tra formazione e politica: tutto si sintetizza nella sua sete di conoscenza, che non è mai sterile ma concepita sempre come condivisione di spazi, come occasione per capirsi e per capire. In questa parte troviamo riflessioni su Giuseppe di Giovanni, dove il tema della luce viene interpretato anche come proiezione metafisica, su Angelo Denaro, di cui viene ricostruito tutto il percorso artistico, sui disegni di Giuseppe Alletto, sui ‘santini, di cui si coglie il valore spirituale, culturale ed etnoantropologico, sulla raccolta fotografica di Umberto Balistreri dedicata ad un’Aspra policroma.
Un’ultima sezione è poi dedicata a quelli che T.R., con un titolo ad effetto, chiama FIGURE E PERSONAGGI NEL CAMMINO. In questo universo ritroviamo pagine indirizzate a Francesco Brancato, Michele Pantaleone, Renzo Mazzone, Francesco Carbone, Ludovico Gippetto, Sergio Ceccotti.
Il libro è chiuso da un denso saggio di IDA RAMPOLLA DEL TINDARO, che ricostruisce con lucidità il percorso bibliografico, e quindi intellettuale, dell’autore.
Per chiudere questa breve scheda, mi piace utilizzare un’affermazione contenuta in questo stesso volume, un’affermazione che bene traduce il senso e lo spirito della comunione intellettuale, della circolazione di idee, della condivisione di saperi che da sempre guidano l’azione culturale di T.R., convinto che solo i fili bene intrecciati producono un ottimo tessuto.
«Ciò che connota una comunità sono i legami, non solo di nascita o parentali ma anche di intendimenti, stili e memorie. La comunità, infatti, non è un semplice agglomerato confuso e indistinto, indifferente e freddo a ciò che si muove, germoglia o perisce. Certamente è molto di più. È un destino comune, direi, che costruisce ponti e non cinte murarie, che si riconosce nell’auspicare il meglio per la polis, nella sua totale interezza, che ha una fede uguale, una speranza profonda, una solidarietà operosa, vigile».

Nessun commento:

Posta un commento