lunedì 26 gennaio 2015

Ombre sulla luna di Giusi Alesi: una porta verso il domani

 di Giuseppe La Russa

Una poesia declinata al domani: può davvero pensarsi così l’opera in versi di Giusi Alessi, in particolar modo quella che si staglia sulle pagine della raccolta Ombre sulla luna. La lettura di questi testi è continua attesa di un avvento, di un’epifania, di un silenzioso evento che sconvolga, metafora, certamente, dell’esistenza umana che tendiamo, quasi sempre, ad immaginare “al futuro”. Le parole, vaghe e concrete al contempo, offrono dunque questa stretta compenetrazione tra arte e vita, tra una poesia che sembra correre sempre su un filo sospeso, perennemente in attesa e la vita umana che il più delle volte guardiamo non nel frangente presente, ma che tendiamo ad immaginarla al futuro.
Si chiede Giusi Alessi: «Domani forse…/ ma cos’è domani?/»
Domani forse… Sembra la tendenza tipica dell’uomo a rinviare a tempi più propizi le decisioni più difficili, la propensione a procrastinare e che fa vivere spesso un’attesa vana, vuota. Si leggano altri lacerti di testo: «Avvolgo/ il mio respiro/ nell’attesa/ spiando/ la tua sete/ d’amore», oppure «Compromessa/ da parole inutili/ vuoti, astrusi/ e sognare/ di vivere il sole/ la speranza/ mentre/ giorni ubriachi/ tentennano/ nella preziosità/ di un mondo/ da scoprire». Si tratta, forse, di una paura, tutta umana, del tempo presente, come si può leggere in un altro pregnante testo: «Ore che scorrono/ lente/ tentennanti/. Paura/ del tempo reale/ logorio/ vite intossicate/ inesorabili/ giorni sul nascere»; una poesia, dunque, che tende al domani caricandosi sulle spalle un passato che è sempre presente, che plasma i giorni presenti. Un passato ricordato a volte con nostalgia («Dove sono/ gli anni innocenti/ […] catapultati nei giorni a venire/ di donna/ mai bambina»), a volte, leopardianamente, come latore di immagini sfocate e perciò atte a stimolare l’immaginazione, l’illusione.
Leggere le poesie di Giusi Alessi porta ad immergersi in un tempo che è un “non tempo”, in cui la dimensione presente, l’atto concreto ed esperibile appare in un primo momento bandito, in cui l’azione è giocata su questo altalenarsi tra passato e futuro. Il tempo diventa il giudice fidato ed incorruttibile di ogni movimento, ed è un tempo spesso mitico, ancestrale, senza precisi riferimenti: non a caso una delle poesie chiave, quella che reca tra i versi il titolo della raccolta, si intitola Ripetersi e così risuona: «Ripetersi/ ritrovarsi/ spiagge bianche/ orme/ le mie le tue/ orizzonti di sospiri/ ombre sulla luna».
Ma proprio questo testo scioglie, probabilmente, il significato generale dell’opera: sembra di leggere, in questo testo, la capacità da parte dell’autrice di accogliere ogni aspetto che il Tempo (qui volutamente in maiuscolo) è capace di donare; e quando parliamo di Tempo lo intendiamo coniugato sia al passato che al futuro, ma le orme di cui l’autrice parla – i passi del tempo – sono inevitabilmente visibili hic et nunc, qui ed ora, altrimenti non sarebbero nemmeno delle orme, dei segni evidenti agli occhi dell’autrice. Ecco dunque che, quasi miracolosamente, quell’epifania c’è, il presente appare in tutta la sua concretezza e sa, a quel punto, aprirsi al domani.
La malinconia sembra spesso pervadere la pagina, ma la poesia di questi testi si gioca proprio sull’attesa. Perché l’attesa di un domani deve essere necessariamente una porta spalancata alla speranza: non esiste speranza senza domani e domani senza speranza. Ma l’attesa del domani presuppone un’attesa che sia presente, che ci sia, che sia vigile ed attenta. Il terzo piano temporale, quello che appariva lontano, eccolo nel testo chiave della raccolta: è un momento che scorre silenzioso, che viene percorso, agostinianamente, nell’animo e attraverso l’animo, ma che è conditio essenziale per schiudere i battenti al futuro.
Così, nella nostalgia e malinconia generale, che sono comunque presenti e che danno spesso uno spaccato di tristezza, fa capolino un barlume di luce, si lasciano intravedere gli occhi del tempo, gli occhi dei giorni «che cercano inventano i sogni di un nuovo giorno», nell’attesa, non vana, di una Speranza che da lontano si lascia intravedere, che arriverà silente un giorno… domani, forse… Ma cosa è, in fondo, domani?

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