di Gianfranco Romagnoli
La prima raccolta di liriche intitolata Nel silenzio del mio giardino, con la quale nel 2012 Anna Lupo si presentò nel mondo della poesia, mi aveva dato modo di apprezzare, attraverso la lettura dei suoi versi, una poetessa di grande sensibilità e dalla parola ricca di suggestioni evocative.
Questa nuova raccolta di sessanta brevi, intense liriche che viene oggi proposta, conferma la positiva impressione che avevo riportato delle sue doti poetiche: un’impressione che l’essere chiamato a presentarla mi ha dato la gradita occasione di approfondire.
Ciò che ho apprezzato, innanzitutto, è la limpidezza dell’ espressione, non legata a modi e mode che, sebbene ormai datati, perdurano nella maggior parte di coloro che si dedicano a quest’arte: un linguaggio, il suo, che con la una tutt’altro che banale comprensibilità sa trasportare immediatamente il lettore nell’atmosfera, reale e insieme di sogno, nella quale si muovono i suoi versi, rendendo palese la forza che il linguaggio quotidiano è capace di dispiegare, se usato con la sapienza dell’anima.
Il titolo di questa nuova opera, Tasselli di vita, indica inequivocabilmente che il suo nucleo ispiratore sta in esperienze di vita dell’Autrice che hanno fortemente coinvolto la sua sfera emotiva: esperienze d’amore, rivissute nei suoi versi per accenni, talora presenti quasi solo nei titoli delle liriche, ad evidenziare un delicato pudore dei sentimenti, cui si accompagna il motivo ricorrente del ricordo e del rimpianto, anche questo espresso con mano lieve. Su questi aspetti, compendiati nella sua bella prefazione da Antonio Martorana con il termine di “egoità”, non mi soffermo, perché sono stati magistralmente sviluppati nella prefazione stessa.
Ciò che mi interessa evidenziare è, invece, un altro aspetto che già costituiva il nucleo centrale della precedente raccolta poetica e che qui prepotentemente si riaffaccia: la profonda comunione, per non dire immedesimazione, della poetessa con la natura.
Non che questo aspetto risulti scisso dal leitmotiv dell’attuale pubblicazione, che definirei “un’autobiografia dei sentimenti”, anzi, entrambi gli aspetti si integrano armoniosamente nella scrittura poetica di Anna Lupo: non vi è infatti ricordo di quei “tasselli di vita”, che non risulti profondamente legato a immagini della natura, che la poetessa sa evocare creando momenti e immagini di un intenso lirismo, nonostante il suo proclamato sentimento di inadeguatezza a descriverne l’ineffabile spettacolo. In definitiva, questa nuova raccolta rappresenta un espandesi nella sfera interiore del mondo poetico dell’Autrice, che resta comunque saldamente legato al motivo della comunione/immedesimazione con la natura.
Un’ immedesimazione che, pur avendo origini nel mondo greco al quale la Sicilia è tanto intimamente legata, non è di natura panica o dionisiaca, ma piuttosto, nel suo terso ordine, apollinea: o meglio, ci riporta a un universo sacrale anteriore a quello olimpico, in un mondo tutto sacro precedente al declassamento a divinità secondarie delle ninfe che, con la loro presenza, pervadevano alberi, fiori, monti, acque sorgive e nel quale gli astri mantenevano la loro pura essenza, in seguito corrotta dall’ identificazione in deità antropomorfe.
Un esempio dello stretto legame tra i due, apparentemente diversi, motivi ispiratori della poesia di Anna Lupo che ho ricordato, lo si può vedere nei versi della bella lirica Tremenda notte: «Camminavamo lentamente nel sole, / accarezzati da un vento leggero / abbracciati nel silenzio / odore di terra, odore di noi / … »; o, in Io ti sento: « … / L’animo mio è una nuvola, / un alito di vento si fa messaggero / per giungere a te / e lasciare spazio al sole».
Altre liriche hanno come tema prevalente, e spesso esclusivo, la natura, nella cui contemplazione la poetessa si sente «divinizzata»: così Sinfonia campestre ricca di colori e di suoni; così L’orizzonte, nell’autunno «pallido» sotto un «cielo chiarissimo come un velo», tra elementi quali l’ «odore di pini e di resina» e le «foglie morte» sparsi qua e là nel discorso poetico; e ancora, in Impossibile svelare: «Il sole sfolgorava sulla campagna/ … / e un caro odore di erbe / e fiori campestri giungeva / » e più in là « … / filari di vigne / … / vive natura in rinnovato desiderio / di ritrovare immagini / di solare attesa nella sua infinitezza.»; così pure Farfalla, con la sua «fertile vallata» intorno alla quale « … / tremuli per i colli gli olivi/ bianco argentei / si vestivano di luce / …» mentre « … vola solitaria sui fiori la bella farfalla».
E poi la luna, di volta in volta «enorme globo fosforescente» o «candida e bianca», «bella signora vestita di buio», con il suo «cheto andare», eppure «bella e perfida», «fredda nel suo pallore»; e le stelle che « …/ Tremavano tutte assieme / come gocciole d’oro / …» o che, in un diverso stato d’animo, « /.. amiche della notte / brillano appena, velate, / senza splendore /…».
Questo mondo poetico, inesauribile come la stessa natura, si nutre di tante altre immagini, visive e sonore: il volo degli uccelli e il loro canto, il tremulo lume delle lucciole, il vento che scuote le piante. Ma il culmine dell’estasi contemplativa Anna Lupo lo raggiunge quando ci parla dei fiori, leggiadro ornamento del suo giardino «lontano dal mondo». Troppe sarebbero le bellissime immagini poetiche da citare, perciò preferisco, per tutte, leggere integralmente la lirica Fiori dappertutto
L’ immedesimazione nella natura, anche nelle liriche ad essa esclusivamente dedicate, non rimane però fine a se stessa: i mutamenti di aspetto, di stato e di colori delle ore, del tempo atmosferico e delle stagioni sono infatti molto spesso simbolicamente assunti e interiorizzati. Talora richiamano al Creatore, come in Sotto le grandi querce, dove dopo la struggente immagine «Dolci le mie colline» (che mi suscita i ricordi di una lontana infanzia) si legge « … / e tutto l’esser mio stava al cospetto di Dio / come una fonte inaridita / … »; altre volte si risolvono in un leggere, nel preannuncio di una tempesta, l’arrivo di un vento furioso che scuoterà l’anima.
Molto ricorrente è infine, come ho già accennato il tema del ricordo, del rimpianto, della tristezza: ma questi sentimenti non sono tali da sommergere l’anima, che non perde la speranza. Una speranza che è espressa programmaticamente in Il mio mondo: « … / voglio … / che le cose brutte scappino via / che ci sia solo tanta allegria / e mai più la malinconia» e che nella lirica che chiude la raccolta, intitolata Pezzi di vita, trova suggello nella consapevolezza che «la gita non è ancora finita».
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