di Giovanni Taibi
Un’ interessante narrazione a metà strada tra il racconto e la
dissertazione filosofica è l'opera prima della giovane scrittrice lampedusana Francesca
K. Matina “La casa del vento” edito da Thule (euro 10.)
Con un linguaggio avvolgente l'autrice ci
conduce per le vie tortuose e fascinose
del suo pensiero, del suo sentirsi esule in ogni terra che non sia la
sua Lampedusa eppure desiderosa di perdersi tra gli sguardi inquieti e le
infinite possibilità che la realtà ci offre. Questo spiega il suo interesse per gli aeroporti, luoghi dove si mescolano
sentimenti e situazioni vari e molteplici che l’autrice ama sviscerare al di là delle loro
reali apparenze.
"Vorrei vivere un anno in ciascun
paese del mondo” dice.
Questa è soltanto una delle tante
dicotomie su cui disserta l'autrice , che da fotografa appassionata e
competente, posa sempre il suo occhio/obiettivo attento sul divenire della realtà cercando di
cogliere il momento emozionalmente più significativo.
Altro filo conduttore del suo scritto è il
valore del dubbio, socraticamente inteso.
“Dicono che siamo pieni di dubbi, noi
filosofi, incapaci di darci delle conclusioni.
Ma la filosofia nasce dai dubbi e, proprio
per questo, chi la sceglie non deve esaurirli mai, altrimenti finirebbe per
arrestarsi a conclusioni necessarie, sottraendo possibilità al contingente.” ( Cfr pag 59 )
Pertanto per lei l'approdo agli studi
filosofici naturalmente costituisce un lento, sofferto, pur tardivo e meditato
punto di partenza grazie al quale può riuscire a porsi le domande giuste senza
per questo avere la presunzione di trovare le risposte.
Studi filosofici che costituiscono la
sostanza del ragionamento, e quindi del libro, che la giovane lampedusana attraversa
con dotta profondità a differenza della
moltitudine dei suoi coetanei che ormai delegano la propria coscienza
individuale a quella collettiva, che
trova nei social network facile terreno di un effimero vivere, in cui non hanno
cittadinanza dubbi e meditazioni ma solo la vuota presenza dell'Esserci.
In una vita apparentemente normale che si
svolge tra Lampedusa e Palermo, Francesca K. Matina, ci apre il suo cuore
davanti allo stupore della vita, alla profondità dei sentimenti che riesce a
cogliere anche nell’anonima persona che occasionalmente incontra nel suo
quotidiano divenire.
Gli accadimenti della vita sembrano, alla
nostra autrice, così imprevedibili eppure necessari : “ L’orizzonte è così
vasto, che non possiamo fermarne il flusso di incidenza sulle nostre vite” (
cfr pag. 11) .
La casa nel vento allora altro non è che
il luogo simbolico e isolato dove rifugiarsi per decifrare i molteplici
messaggi che la vita ci invia. Dice ancora: “Le parole furono la mia prima casa
nel vento, lo spazio privato dove amavo confinarmi.” ( cfr pag. 11)
Non possono allora che venire in mente le
analogie con i versi di Saba in Trieste
in cui poeta ama nascondersi per riflettere : “Ho attraversato tutta la città./Poi
ho salita un’erta,/ popolosa in principio, in là deserta,/ chiusa da un
muricciolo:/un cantuccio in cui solo/ siedo;”
Se infine dobbiamo trovare un messaggio
allo scritto della Matina lo possiamo trovare nell’invito che nelle pagine
conclusive rivolge soprattutto ai giovani: “ Per ritrovarsi bisogna
perdersi. Non abbiate mai paura di
smarrirvi, dovunque sarete capaci di arrivare – senza bussola e senza
coordinate – vi arricchirà e farà di voi quello che diventerete.” ( Cfr pag.
70)
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