martedì 15 dicembre 2015

Giorgio Bàrberi Squarotti "Le avventure dell’anima 1998-2013" (Ed. Thule)

di Nicola Romano


Tenere in mano un libro di Giorgio Bàrberi Squarotti è come evocare, per quel che l’autore rappresenta con la sua consistenza intellettuale di lungo corso, la storia della letteratura italiana dal secondo Novecento fino ad oggi. Lo conoscevo per nome e per la fama di attento critico letterario, sin dai tempi in cui abitai a Torino (ed erano gli anni ’70), ma ebbi modo di conoscerlo di persona nel 1993, allorquando egli occupava un posto in Giuria al Premio “Città di Como”, che vinsi in maniera inaspettata poiché, da finalista, il riconoscimento si seppe durante la cerimonia. Mi colpì la sua sorprendente umiltà nel relazionarsi cordialmente con un autore come me, che ero soltanto agli inizi dell’avventuroso cammino nel mondo della poesia. C’incontrammo ancora a Palermo in occasione d’un convegno, ricordammo insieme quel nostro primo incontro, dove in Giuria c’era – lo ricordo adesso - anche Luciano Erba. Per non dire il fatto che, ad ogni mio nuovo libro inviatogli, ha sempre risposto in maniera sollecita, puntuale e cortese, seppur con poche righe.
Ho premesso tutto questo in maniera personalizzata al solo scopo di sottolineare la sua amabile predisposizione umana e la sua sincera umiltà dimostrata in diverse occasioni, sensazioni che adesso ritrovo ancora una volta ribadite nel corso della lettura della sua raccolta poetica dal titolo “Le avventure dell’anima” (1998-2013), pubblicata in veste tipograficamente raffinata dalle edizioni Thule, e recante una pregevole prefazione di Vanessa Ambrosecchio. 
L’umiltà scritturale che tendo piacevolmente a sottolineare riguarda quella che è la convincente fierezza della sua capacità espressiva non disgiunta dai valori contenutistici scandagliati a vasto raggio, e che hanno a che fare con la sfera della vera essenza umana, dal momento che il complesso (senza complessità) del suo dettato è strutturato fra pensieri, circostanze e relazioni con le tante persone (che egli stesso rende alla fine come dei personaggi) incontrate per caso, o propriamente più contigue e familiari, che hanno fin qui accompagnato certamente il suo cammino di vita, persone che, per quelli che sono gli esiti dell’affabulante sviluppo descrittivo, sentiamo quasi palpitanti, vive e come se fossero a noi vicine e vere.
Quelle che maggiormente colpiscono, in questi versi di Giorgio Bàrberi Squarotti, sono soprattutto “le atmosfere” ariose e piene di vita che egli va a rappresentare attorno ad un avvenimento, ad una casualità o ad una memoria, tanto da far rivivere al lettore gli stessi gesti, le stesse parole e forse gli stessi sguardi che si affollano e si intrecciano nei vari quadri delle diverse scene facenti parte – queste – di un percorso creativo che si rivela originale e denotativo. E pertanto, i vari Elena, Anselmo, il dottor Murgia, Angelina, Diana, Maria, Bruno, Daniele ed altri, da semplici nomi comuni di persona si trasformano in figure essenziali che a turno salgono sul palcoscenico d’una rappresentazione quasi carnale, e vieppiù tramutati in deliziose solvenze lessicali attraverso delle felici trasposizioni poetiche. 
Per quella che è la nostra esperienza di militanti e di osservatori, siamo consapevoli della difficoltà dall’essere allo stesso tempo dei buoni critici e dei buoni poeti o prosatori, a volte l’una condizione esclude l’altra, ma nel caso di Bàrberi Squarotti dobbiamo prendere atto che non c’è scissione tra l’indagine/studio letterari e l’operatività scritturale, poiché entrambe le dedizioni fanno parte dell’incantevole mondo in cui Bàrberi Squarotti è da sempre immerso senza una soluzione di continuità, tanto da indurre a far dire – senza tema di smentita – che la sua semplice persona fisica ed il suo alto carisma rappresentano a tutto campo “la letteratura italiana”. 
Oltre ad una certa mitologia ancorata a dei «nomi» troviamo in questa raccolta un’altra mitizzazione che è quella dei «luoghi», di quelle numerose “località” che egli per lavoro o per diporto ha calpestato e che sono rimaste per ben precisi motivi nella sua parte sensibile, e che rivisitate a distanza di tempo diventano – alla nostra vista – dei luoghi certamente dell’anima, se sono stati prescelti per tracciare una sorta di viaggio memoriale il cui tessuto immaginario riesce a ben instaurarsi dentro al lettore. E, in buona sintesi, la materia di questa raccolta appare molto congruente e armonicamente trattata con una certa sensualità di linguaggio, pur residuando il comune e irrisolvibile convincimento che attraversare le pieghe dell’anima costituisce sempre un’intricata avventura!

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