martedì 9 agosto 2016

Barry Michael, " Massud il leone del Panshir. Dall'islamismo alla libertà" (ed. Ponte alle grazie)

di Domenico Bonvegna


Perfino i più ostinati pacifisti sono convinti che dopo i tanti attacchi, ormai siamo in guerra contro il terrorismo jihadista islamico. Che sia una guerra di religione o per motivi economici, è pur sempre una guerra. Senza voler demonizzare tutti i musulmani, è chiaro anche che il problema riguarda soprattutto l'Islam. Anche se poi si sostiene che chi commette certe atrocità tradisce il vero islam. Comunque sia la maggior parte dei conflitti nel mondo ha a che fare con regimi o gruppi islamici, è soltanto una sfortunata coincidenza? Ovviamente e per fortuna, non si può affermare che tutti i musulmani sono fondamentalisti e terroristi. Una cosa è certa, negando la realtà non si riesce ad affrontare la questione in maniera efficace.
La nostra cultura debolista non riesce a individuare il nemico.
E qui subentra la questione delle questioni:“Il problema principale di quel che resta della cristianità aggredita dal relativismo - scrive Marco Respinti - è l’incapacità di guardare diritto in faccia il proprio nemico per quello che è, di chiamarlo per nome”.
La nostra cultura debole e debolista, che non sa più cosa sia la schiena diritta e che soprattutto non ha più memoria dei padri, dei santi e dei martiri che ci hanno preceduto indicandoci la via, si trincera, si schermisce, si nasconde dietro un dito.  Utilizziamo certe parole come “islamismo” o “jihadismo”, pensando che nel frattempo con i nostri distinguo,“i tagliagole ci faranno lo sconto; ma loro no, tra islam e islamismo non fanno differenza, anzi il secondo nemmeno sanno cosa sia perché tutto ciò che conoscono e professano è solamente il primo”. (M. Respinti, Conoscere l'Islam, così com'è e senza sconti”, 3.8.2016, LaNuovaBQ.it)
A questo proposito lo studioso milanese, saluta con gratitudine, l’iniziativa del Centro Studi Federico Peirone di Torino che, in collaborazione con le Paoline di Milano, che hanno lanciato una collana editoriale sull'Islam, proprio per conoscerlo meglio. Si tratta di una serie di volumetti monografici sintetici scritti da esperti che hanno lo scopo di informare“sugli aspetti decisivi della cultura musulmana senza cedere alle sin troppo facili sirene del pressapochismo urlato, ma nemmeno a quelle rarefazioni dell’analisi che per volere spiegare tutto finiscono per non spiegare proprio nulla”.
I primi due titoli della collana sono abbastanza puntuali e decisivi. Il primo, Corano. Identità e storia, lo firma don Augusto Negri, docente di Storia dell’islam nell’Università Pontificia Salesiana di Roma, nonché cofondatore e direttore del Centro Peirone. Il secondo, Jihad. Significato e attualità, lo si deve alla penna di Silvia Scaranari, doppia laurea in Lettere moderne a Torino e in Filosofia a Parma, l’altra cofondatrice del Centro Peirone.
Per quanto riguarda l'Islam e quindi la questione del Jihad, Respinti, puntualizza:“Il punto nodale, infatti, non è criminalizzare tutto l’islam ma nemmeno deresponsabilizzarlo completamente, immaginando che tutto quanto in esso è morte e violenza sia solo una “devianza” (magari opera, come ora va di moda dire, di “depressi” e “schizoidi”). Va cioè chiarito bene che se la lotta armata non esaurisce da sola il concetto di jihad, la “guerra santa” non ne è nemmeno una estremizzazione spuria, eretica e liminale (per quanto magari numericamente rilevante). Infatti per la prof. Scaranari,“Se, infatti, il martirio-suicidio è ignoto all’islam fino al secolo XX, ciò non significa che chi lo pratica oggi con risultati devastati e destabilizzanti pure per lo stesso mondo musulmano sia solo un “compagno che sbaglia”, o addirittura un eterodosso. Insomma, se non cominceremo a renderci conto sul serio di ciò che la realtà musulmana è, continueremo a vivere in un film surreale, e in quel film magari anche a morirci”.(Ibidem)
Intervista allo storico militarista Alberto Leoni.
Alberto Leoni, storico militarista, autore di significative opere di storia sulle guerre e le conquiste islamiche intervistato da LaNuova BussolaQuotidina.it, ha rilasciato delle importanti dichiarazioni. Intanto rileva molta confusione, anche tra i capi di governo in Europa, non hanno chiaro il fenomeno terrorista che stanno affrontando. Bisognerebbe chiedere a loro a quale modello di guerra sono fermi:“alla Seconda Guerra Mondiale”, se è così,“sono completamente fuori strada”. Se invece “intendono una guerra asimmetrica, dove tutte le risorse di una nazione sono coinvolte, allora hanno ragione”. E per risorse, lo storico, intende:“risorse culturali, economiche e anche militari. Queste ultime sono in gioco, in proporzione rilevante ma minoritaria. Abbiamo illustri precedenti di guerre asimmetriche, non è un fenomeno del tutto nuovo”. Leoni fa riferimento niente meno che alla Guerra Fredda (1945-1991), guerreggiata in tutto il mondo, rimasta “congelata” solo in Europa. Una guerra abbastanza calda, visto il gran numero di morti.“Gli Usa hanno subito 100mila fra morti e dispersi su fronti extra-europei, loro la guerra l’hanno combattuta veramente. Noi no: in Europa, Nato e Patto di Varsavia si sono fronteggiati lungo la cortina di ferro, per decenni”.
Peraltro in quegli anni, i comunisti stavano vincendo la battaglia ideologica, il filosofo e politologo, James Burnham, per spiegare questa vittoria, ribalta il motto di von Clausewitz: “la politica è la continuazione della guerra con altri mezzi”. Sostanzialmente si possono raggiungere obiettivi militari attraverso metodi non violenti, come hanno fatto i dissidenti nell'Est, Solidarnocs e lo stesso Papa Giovanni Paolo II.
Leoni sottolinea l'impegno delle forze dell'ordine italiane, dell'intelligence che funzionano, anche grazie all'esperienza della lotta al terrorismo rosso, hanno imparato a dialogare tra loro. Inoltre si è evitato di creare ghetti, quartieri interamente islamici, come le banlieau in Francia, o in Belgio come Molembeek a Bruxelles.
Per lo storico questa è una guerra che si vince anche nei rapporti spiccioli, quotidiani, come un insegnante che dà lezioni di italiano ai ragazzini musulmani, soprattutto si cerca di educare l'universo femminile, da dove si spera che parta una riforma del mondo islamico.
Il terrorismo jihadista islamista colpisce principalmente i musulmani.
Chiaramente per Leoni la distruzione dello Stato Islamico (il Califfato) è fondamentale per vincere la guerra contro il terrorismo jihadista, anche se poi la questione non è risolta. L'intervista si conclude con delle osservazioni interessanti. Lo storico è convinto che non sia vero che “l’islam è una religione di pace e non ha nulla a che fare col terrorismo”. Chi vuole, può trovare, all’interno della tradizione e della letteratura dell’islam, gli elementi necessari a giustificare la guerra. Ma è anche vero che (e questa è una cosa che non trovo veramente da nessuna parte), l’80% degli attentati avvengono in Iraq e in Pakistan, dove i morti sono quasi esclusivamente musulmani. Specie in Pakistan, i terroristi sunniti uccidono altri sunniti, non c’è nemmeno la giustificazione dello scontro settario fra sunniti e sciiti”.
A questo punto è interessante la domanda che si pone Leoni:Chi sta realmente combattendo contro il terrorismo? Altri musulmani. Stanno combattendo la nostra battaglia, come i dissidenti e i cristiani dell’Est europeo durante la Guerra Fredda. E questa è una cosa di cui dobbiamo essere consapevoli e convinti. I numeri parlano chiaro, la realtà è testarda: l’islam è una religione guerriera, ma ha al suo interno gli anticorpi necessari a resistere al veleno terrorista. L’Isis è quella follia che distrugge i luoghi più belli e più sacri dell’islam, come i santuari sufi e sciiti, tesori dell’umanità. E poi c’è chi prova a resistere. C’è l’attentatore suicida che si fa esplodere per uccidere indiscriminatamente, ma ricordo anche che, nel gennaio del 2005, durante le prime elezioni in Iraq, in cinque punti diversi di Baghdad, poliziotti iracheni si lanciarono contro gli uomini-bomba e preferirono morire loro stessi per sventare la strage”. Secondo Leoni, “Un esempio luminoso è quello del comandante Massoud, che resistette ai Talebani e fu da essi ucciso alla vigilia dell’11 settembre 2001. In una preghiera recitava: “Ringrazio l’Onnipotente che ci ha dato la Sua forza e la Sua gentilezza, per resistere a questa gente lontana da Dio”. E parlava dei Talebani. La sua lezione non è mai stata fatta nostra.(“Possiamo vincere la guerra con i jihadisti”, di Stefano Magni, 2.8.16, LaNuovaBQ.it)
L'importanza strategica di studiare Massud, il “Leone del Panshir”.
Qualche anno fa ho fatto una ricerca su Ahmad Shah Massud, il leggendario “Leone del Panshir”, il “principe filosofo”, che ha combattuto tra le montagne dell'Afghanistan prima contro l'invasione sovietica dell'Armata Rossa e poi contro la dittatura islamista dei Talebani. Ho utilizzato uno splendido saggio, di uno scrittore americano, Michael Barry, “Massud dall'islamismo alla libertà”, pubblicato da Ponte delle Grazie(2003)
Nel mio piccolo avevo capito dell'importanza strategica di studiare questa splendida figura del “comandante-signore”, l’amer-sahib. Infatti, il Massud politico appartiene a una specie molto rara, Barry addirittura lo accosta all’agire gesuitico, del contemplativo in azione. Un insegnamento scrive Barry, che“dista anni luce dagli incubi di un Bin Laden” e dei suoi successori.
 Massoud era diverso dagli altri anche in guerra, il «leone del Panshir» viene definito, per la gentilezza dei modi e per un“profondo sentimento di pietà e clemenza , ha sempre riservato un trattamento umano ai suoi prigionieri e non è poco nel clima di lotta senza quartiere che i mujaheddin affrontavano ogni giorni contro avversari spietati come i russi e poi i talebani.
Rispondendo alla giornalista Colombani, qualche settimana prima di essere ucciso, diceva:Noi cerchiamo di togliere alle donne le catene, mentre i talebani non fanno altro che renderle più pesanti. Così le donne hanno due nemici: la guerra e la nostra cultura(…) e dando loro la possibilità di istruirsi che potranno ottenere le armi per liberarsi”. E in un’altra intervista, sostiene che per lui,“la donna e l’uomo, da un punto di vista umano, hanno entrambi lo stesso valore. Le donne potranno studiare, ottenere lo spazio che meritano in ogni tipo di lavoro, esprimere il loro voto nelle elezioni che si terranno in futuro ed essere a loro volta candidate”.
E qui si può notare perchè il comandante afghano era una figura ingombrante e fastidiosa e tanto odiata da bin Laden e dagli islamisti, per questo lo hanno ucciso il 9 settembre 2011. Studiare Massoud è importante,La sua eroica contestazione dell’islamismo proviene dall’interno dell’Islam, si richiama all’Islam più tradizionale e profondo, un Islam sufi, radicato in una terra, aureolato di gloria nella lotta, e a partire da ciò arriva a preconizzare la difesa di libere elezioni e dei diritti umani universali”.Tra l’altro, secondo Barry,“nessuna personalità a tutti gli effetti musulmana che abbia lottato contro l’islamismo, in questo XX secolo ormai concluso, può dire di aver raggiunto la levatura eroica di Massud”.

Il 7 aprile 2001quando Massud approdò a Strasburgo per chiedere aiuto all’Europa, al giornalista del Corriere della Sera, Ettore Mo, confidò con amarezza: I governi europei non capiscono che io non combatto solo per il mio Panshir, ma per bloccare l'espansione dell'integralismo islamico scatenato a Teheran da Khomeini... Ve ne accorgerete”. Ce ne siamo accorti tardivamente qualche mese dopo, l’11 settembre  con l’atto di guerra dell’abbattimento delle “twin towers”.

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