di Sandra Vita Guddo
Ricostruendo, tassello dopo tassello, sulla scorta di ricordi
di famiglia supportati da ritratti, vecchie foto e documenti ritrovati attraverso un’accurata ricerca,
Irene Foderà ci racconta nel suo libro “ L’officina della memoria “ la storia
della Famiglia Pojero ed in particolare del suo bisnonno: Michele junior .
Il progetto di scrivere il racconto che, opportunamente, l’autrice
definisce storico, nasce in occasione delle celebrazione del 150° anniversario
dell’Unità d’Italia a cui, secondo i fatti esposti, Michele junior diede il suo
valido contributo partecipando attivamente alla mitica impresa del Generale
Giuseppe Garibaldi e dei Mille . Il libro ha soprattutto il merito, come
declama il titolo “ L’officina della memoria “ di scavare nel passato e riportare
alla luce fatti di importanza storica che altrimenti sarebbero rimasti relegati nel mondo dell’oblio .
La storia della famiglia Pojero, originaria di Napoli, si
intreccia con quella della Sicilia e del Regno di Napoli, a partire dalla seconda
metà del settecento fino ai primi anni del novecento raccontata, nelle sue fasi
più salienti. Molte altre famiglie e comunità provenienti da Genova, da Firenze
e dalla Calabria come i Florio ma anche dalla Francia e dall’Inghilterra si
trasferirono nell’isola, in cerca di fortuna, contribuendo a formare una classe imprenditoriale vivace ed
intraprendente. Tra i maggiori imprenditori, famoso per la sua abilità di uomo
d’affari, ci fu Joseph Ingham , zio del
più noto Giuseppe Witacher .
Ma tornando alla famiglia Pojero, il primo ad arrivare a
Palermo fu Matteo, nato nel 1755 da Bartolomeo, stimato commerciante di agrumi e
di sommacco ; con lui inizia la vera importante
svolta nella fortuna economica di questa famiglia che si rafforza quando,
nel 1820, il figlio Michele senior inizia i suoi traffici con l ’America,
principalmente a New York e a Boston. “
Don Michele inoltre
comprese l’importanza della pubblicità, da lui ritenuta indispensabile per
aumentare il volume dei suoi affari. A tal proposito l’autrice inserisce un’
interessante fotografia che immortala uno specchio con la scritta pibblicitaria
“ Boston
D. H. Tylly & co . Agenti della Pojero . “ In quello stesso periodo
l’imprenditore palermitano acquista “ per 322
onze lo sciabecco Madonna della
Misericordia, con tutti con tutti gli attrezzi e i fornimenti “ con cui
intensificò i suoi traffici commerciali ed un palazzo in via Butera al civico
n. 1 , proprio di fronte alla prestigiosa abitazione della famiglia Butera.
Provvide anche alla costruzione di uno stabilimento per la lavorazione del
sommacco da cui venivano estratti i tannini, impiegati in tintoria e nei
processi di concia delle pelli.
Alla sua morte, avvenuta nel 1866, il giovane figlio Michele
junior che, già da tempo lavorava a
fianco dell’anziano genitore, è pronto a
prendere le redini dell’azienda e ad incrementare gli affari di famiglia tra molteplici
difficoltà, tra le quali viene indicato il mancato sviluppo delle
infrastrutture, deficienza che ancora oggi perdura danneggiando irreversibilmente l’economia
isolana.
A questo punto mi viene spontanea una riflessione: alcuni di
questi imprenditori sembra abbiano avuto lo stesso destino “ sono arrivati in
maniche di camicia e, dopo tre generazioni, si sono ritrovati in maniche di
camicia “ come afferma Orazio Cancila nel suo interessante lavoro sulla
famiglia Florio, intitolato: “ Storia di una dinastia imprenditoriale . “
Strano destino, dovuto sicuramente non soltanto al caso ma, come
è documentato nel presente racconto storico, dalla constatazione che l’Unità
d’Italia non portò i benefici sperati anzi le successive tasse e leggi emanati
dal giovane regno, impoverirono il sud al punto da compromettere quella debole
rinascita che era stata avviata da imprenditori capaci come i Pojero e tanti altri:
“ La politica fiscale rimase oppressiva e
strade, scuole, ospedali crebbero con molto rilento. Era ancora il mondo dove
il contadino chiedeva la riduzione della tassa sul pane ( … ) . La prospettiva
unitaria rivelò un’angolazione diversa da quella auspicata ed alcune questioni furono più difficili da gestire
“ . Tale interpretazione dei fatti, tuttavia, sarebbe riduttiva e incompleta se
non si considerassero altri importanti fenomeni e congiunture sociali ed economiche,
nel quadro internazionale, che portarono ad un minore richiesta dei prodotti
siciliani come il sommacco e lo zolfo, mentre nell’isola, come scriveva Diomede Pantaleoni il 10 ottobre del
1891 al presidente del consiglio Bettino Ricasoli, in un lungo rapporto sulle
condizioni della Sicilia “ La
sicurezza nell’isola era insostenibile; gli omicidi all’ordine del giorno e la
vendetta personale l’unica forma di giustizia conosciuta “ .
L’autrice, Irene Foderà preferisce non approfondire tali
aspetti poiché il suo intento principale, in questo breve racconto, è quello di
parlare di Michele junior che, per il valido contributo dato al nostro
Risorgimento, nel 1922, fu eletto all’unanimità socio della Società Siciliana
di Storia Patria e “ al Museo del
Risorgimento rimane la sua fotografia insieme alle altre dei garibaldini. “
L’episodio centrale di questa ricostruzione storica, riguarda
la partecipazione attiva del giovane Michele, infiammato dalla passione
politica, all’impresa di Garibaldi la cui avanzata in terra di Sicilia, dopo lo
sbarco a Marsala, avvenuto l’ 11 maggio 1860, viene documentata tappa dopo
tappa finché Il generale arriva a Gibilrossa e qui stanzia, in attesa di
ricevere la carta topografica di Palermo con le postazioni borboniche . Sarà
proprio Michele junior a recapitargliela: sfidando il pericolo di essere
intercettato dalle forze borboniche, travestito da ufficiale della marina
americana grazie anche al suo ottimo inglese, superò facilmente i posti di
blocco, nascondendo, nel polpaccio della gamba destra, tutta la documentazione
richiesta da Garibaldi. Inoltre “ In
Sicilia, le armi, Garibaldi le avrebbe potuto acquistare dai bastimenti inglesi
che erano ancorati nella baia di Palermo e Michele Pojero si prestò per questa
missione. Mise a disposizione una sua imbarcazione ( … ) “
La narrazione, chiara e lineare, segue i fatti in ordine cronologico
senza digressioni che potrebbero confondere il lettore. Molto appropriata la
veste grafica e la copertina dove sono visibili il ritratto di Don Michele
senior, divenuto senatore del Regno delle Due Sicilie , dopo la parentesi
rivoluzionaria del ‘ 48, e la foto del
figlio con la divisa di un prestigioso collegio di New York dove, oltre ad
imparare perfettamente la lingua inglese, condusse studi di economia avanzata, abilità che gli
torneranno estremamente utili sia per la sua attività commerciale ma anche per
la sua esperienza di garibaldino: infatti diventerà traduttore ufficiale del
Comitato Rivoluzionario a testimonianza
che, dietro l’impresa di Garibaldi, vi furono molti altri attori, inglesi e
americani, il cui contributo, secondo un mio personale parere, è risultato
determinante per l’esito finale dell’impresa dei Mille .
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