Il presente lavoro di
Sebastiano Timpanaro, che si avvale nelle sue argomentazioni della svolta
critica segnata dagli studi di Walter Binni e di Cesare Luporini, è una serrata
indagine, filologica e filosofica insieme, che porta in primo piano la sostanza
concettuale dell'opera di Leopardi, il quale fece della poesia un passaggio
testimoniale per la definizione del suo pensiero.
La particolarità della posizione leopardiana, ancorata a
una tradizione classicistico-illuministica, risiede nella rappresentazione del
rapporto uomo-natura che esclude ogni metafisica consolatoria. Il critico,
tenace avversario della linea idealista ottocentesca e poi crociana, vede
nell'umana infelicità di cui ragiona il Leopardi materialista non già un
romantico mal du siècle, né un'angoscia esistenziale, ma un'afflizione
soprattutto fisica che egli converte in strenua strategia conoscitiva.
Leopardi viene esaminato lungo il dispiegarsi di un
pensiero lucido, corrosivo pur dietro le sue forme limpide, che Timpanaro va
ricomponendo attraverso le categorie del «materialismo» e del «pessimismo» per
ridefinirne la visione del mondo e dell'uomo, con un'indagine sempre puntuale e
poggiata sulle fonti.
L'appassionata esperienza di Timpanaro rimane uno dei rari
esempi italiani di quella difficile unità fra campo di analisi e scelte di
vita, fra ragione letteraria e ragione politica. Le pagine introduttive di
Antonio Prete, che rivisitano con garbo e autorevolezza il lavoro del grande
studioso, aiutano a metterci in ascolto di quell'interrogare che è il «respiro»
della scrittura leopardiana.
Nessun commento:
Posta un commento