di Domenico Bonvegna
Per avere qualche risposta
storica in più che non sia quella suggerita dai talk show, ho dato un'occhiata a un
volumetto,“catturato” da poco nel solito outlet librario milanese, scritto da
uno storico Romano Canosa, “A Caccia di ebrei”,
Le Scie-Mondadori, (2006).
Sottotitolo: “Mussolini, Preziosi e l'antisemitismo fascista”.
Il testo, soprattutto in
alcuni capitoli, offre argomenti che potrebbero arricchire un vero e serio
dibattito storico.
Il testo di Canosa a margine
della questione ebraica italiana, ruota intorno alla vita politica di una
figura alquanto misteriosa e poco conosciuta, un certo Giovanni Preziosi,
un campano, ex religioso, uomo di pensiero, che per tutta la sua vita si è
concentrato sul problema dell'”Internazionale ebraica” operante in
Italia. Attraverso la sua rivista “La vita Italiana”, divenne
l'uomo politico più antisemita in Italia. Anche se guardando la sua carriera di
antisemita,“sembra possa dirsi che egli fu sempre assai lontano dai 'deliri'
tipici di altre persone e di altri luoghi. Gli furono infatti estranee le
fantasie mitico-razziali alle quali si abbandonarono ad esempio un Chamberlain
o lo stesso Rosemberg”. Per quanto riguarda il “delirio”, si trattò sempre
e comunque di un “delirio 'a bassa intensità'”. Anche se basava le sue
teorie sull'antisemitismo sui “Protocolli dei Savi Anziani di Sion”,
rivelatesi poi un falso storico.
Successivamente Preziosi si
legò al gerarca fascista Roberto Farinacci, diventando il nume tutelare
dell'antisemitismo, per molto tempo fu ignorato dal duce, soltanto durante la
guerra ha ottenuto la sua attenzione con la nomina a Ispettore Generale per la
razza. Piuttosto il nostro aveva rapporti diretti con i gerarchi nazisti, da
Goebbels a Rosemberg fino allo stesso Hitler.
Nel testo di Canosa emerge
chiaramente come la questione dell'ebraismo, era molto sentita in quegli
anni, non tanto in Italia, ma nel resto dell'Europa. Sono interessanti a questo
riguardo alcuni articoli pubblicati sulla rivista dei gesuiti,“La Civiltà
Cattolica”. E comunque per restare all'Italia, secondo Canosa,“le
tracce di antisemitismo, pure presenti in misura trascurabile nel pensiero
liberale di fine secolo e in misura maggiore in quello cattolico, non furono
mai tali che sulla loro base potessero sorgere e affermarsi teorie razzistiche
antiebraiche di una qualche presa e pericolosità”.
Pertanto secondo Canosa,“sembrava
un'impresa impossibile da realizzare quella di costruire un antisemitismo
italiano degno di considerazione”.
Tuttavia se si vuole fare un
po' di storia dell'antisemitismo italiano, nel IV capitolo, Canosa dà conto di
quello che era successo in Italia, tra l'Ottocento e il Novecento e pare che la
sola forma di antisemitismo, anche se lontano dalle forme estreme presenti in
altre parti dell'Europa, fosse quello cattolico, almeno da quello che ha notato
Renzo De Felice. Non si sa se questo sia dovuto allo scarso peso
demografico degli ebrei in Italia (tra le 35 mila e le 40 mila persone) o
perché non avessero mai occupato un posto di primo piano nella vita
economico-politica del paese.
Fu durante il pontificato di
Leone XIII che si intensificò un certo attacco della stampa cattolica contro
gli ebrei, associandoli ai massoni. In primo piano c'era La Civiltà Cattolica
che ha riservato almeno per un decennio una particolare attenzione agli ebrei
europei e italiani. E lo stesso Preziosi, molti anni dopo, al tempo delle leggi
razziali fasciste, ripubblica sulla sua rivista gli articoli pubblicati dalla
rivista dei gesuiti, in particolare un articolo,“Della questione giudaica in
Europa”del padre Raffaele Ballerini, apparso nel 1890. In
particolare si fa riferimento alla polemica parallela su come considerare gli
ebrei, tra due padri Oreglia e Guidetti.
Ritornando a Ballerini,“il
padre gesuita iniziava con il notare quanto fosse viva in Europa, ancora alla
fine del secolo XIX, la questione ebraica, quanto essa perturbasse le maggiori
nazioni, preoccupate per 'l'invasione degli israeliti in ogni appartenenza
della vita pubblica e sociale' e come in Francia, in Austria, in Germania, in
Inghilterra, in Russia, in Romania e in altri luoghi fossero sorte delle leghe
per arrestarla”. Ballerini era convinto però che la “questione giudaica”
non aveva origine per odio alla religione o alla stirpe,“In realtà essa
nasceva dall'abbandono da parte degli ebrei della legge mosaica e dalla sua
surrogazione con il Talmud”. Il cardine del talmudismo prevedeva “l'oppressione
e la spogliazione dei popoli che ai suoi seguaci avessero concesso ospitale
soggiorno”. Non solo ma secondo il talmud, gli israeliti sono la razza
superiore del genero umano e che solo a loro compete il diritto di conseguire
il pieno “possesso dell'universo”.
Interessante a questo
proposito le considerazioni di padre Ballerini in riguardo alle rivoluzioni
dell'Ottocento che hanno portato alla scomparsa di numerose monarchie e
ordinamenti cristiani, senza che i popoli beneficiassero di nulla. Il tutto
unicamente a pro del giudaismo. Fanno impressione le riflessioni del padre
gesuita sulle condizioni dell'impero asburgico, qui come in nessun altro luogo,
in trent'anni dalla loro emancipazione,
hanno conquistato il potere in ogni ambiente.“Nella capitale austriaca essi
avevano occupato le banche e con questo il giro del pubblico denaro […] Tutti i
primari giornali erano in mano loro ed erano diretti e scritti da 'centodieci
loro confratelli'. Loro monopolio era anche l'università, della quale
occupavano pressoché tutte le cattedre[...]”. Ulteriori riflessioni si
trovano in merito alla rivoluzione bolscevica russa, organizzata perlopiù da
elementi molto vicini al giudaismo. Soltanto due, Lenin e Cicerin, erano russi,
“gli altri diciassette erano tutti figli di Israele”.
Il libro di Canosa
ripercorre le varie vicende su come si è giunti alle leggi razziali,
alle posizioni dei giornali e in particolare alle spinte di Preziosi e
Farinacci. Il testo fa riferimento ai vari provvedimenti, ai vari criteri su
chi doveva essere discriminato, su chi poteva essere espulso e chi no.
Infatti dando uno sguardo ai
decreti legislativi riguardanti le leggi razziali, c'erano almeno sette
categorie esentate dalle discriminazioni, almeno nella prima fase delle leggi.
Infatti “la guerra portò con sé una nuova grave vessazione nei confronti
degli ebrei, costituita dall'internamento”. E soprattutto con l'occupazione
tedesca del Nord Italia, i rastrellamenti di ebrei si intensificarono. Ai
nazisti importava poco delle prime discriminazioni previste dalle leggi. Canosa
a questo proposito riporta due circolari telegrafiche, inviate alle prefetture
con elenchi di ebrei pericolosi da internare. E qui ritorna a farsi sentire la
Santa Sede insistendo sugli inconvenienti prodotti dalla legislazione razziale
nell'ambito dei matrimoni misti. riporta i vari e dolorosi rastrellamenti di
ebrei nelle città italiane.“Gli arrestati dell'Italia settentrionale furono
condotti nel carcere milanese di San Vittore che fungeva da luogo di raccolta”.
E dopo portati alla stazione Centrale caricati su carri merci, furono spediti per
il campo di concentramento di Auschwitz. Tuttavia da tutti i riferimenti
riportati nel libro, appare evidente “la sostanziale connivenza delle
autorità italiane, 'grandi' e piccole, nei confronti dei tedeschi, alle cui
richieste, contrastanti con le leggi italiane vigenti, il più delle volte non
venne mossa neppure la più blanda delle obiezioni e, nei casi in cui venne
mossa, rientrò immediatamente, non appena i tedeschi fecero mostra di qualche
insistenza”.
Comunque sia, “Le leggi
razziali non restarono senza eco nella Chiesa e negli ambienti ufficiali
cattolici, i quali ebbero a manifestare qualche perplessità nei loro confronti,
anche se di modesta entità”. La Civiltà Cattolica, tirata in ballo da
Preziosi, ritenne opportuno precisare il suo punto di vista sulla questione
ebraica in due articoli a firma di Enrico Rosa. Praticamente si puntualizzava
che i testi di Ballerini, di cinquant'anni fa, erano stati scritti in altri
contesti e probabilmente era stato travisato il suo pensiero, che non rappresentava
un “programma di vendetta o di rappresaglia”, o di “guerra senza
quartiere” contro gli ebrei. Anzi,“esso era invece un caldo e motivato
richiamo alla vigilanza e alla difesa, efficace ma pacifica, contro un pericolo
e disordine civile, non meno che religioso e morale, della società moderna,
minacciata dal giudaismo”. Tuttavia
Canosa ci tiene a specificare che “quello mussoliniano, almeno fino al
momento in cui il Rosa scriveva, non appariva (e non era), a differenza di
quello nazista, un atto di guerra contro gli ebrei, ma rassomigliava
stranamente proprio al programma di 'vigilanza e difesa, efficace ma
pacifica' del Ballerini [..]”.
Canosa passa poi
all'atteggiamento tenuto nei confronti delle leggi dalla Santa Sede, e si dà
conto di una serie di lettere dove si prospettavano preoccupazioni sulle varie
discriminazioni, in particolare ai matrimoni misti. Si fa riferimento a due
lettere di Pio XI, una al Presidente del Consiglio e l'altra al Re.
Tuttavia Canosa
sull'atteggiamento della Chiesa nei confronti delle leggi, è d'accordo con lo
storico De Felice:“In cinque mesi di trattative in pratica mai la Santa Sede
affrontò ex professo la questione dell'antisemitismo. Anche nei momenti di più
accesa polemica, questa si rivolse genericamente contro il razzismo, mai contro
l'antisemitismo”. Anche se il Papa e la maggioranza delle gerarchie
cattoliche “era, in sostanza, desiderosa di non apparire, agli occhi
dell'opinione pubblica fiancheggiatrice della politica razziale fascista,
perchè temeva che questa potesse, sull'esempio tedesco, degenerare in un
anticristianesimo [...]”.
Lo studio di Canosa prende
in considerazione una grande vastità di argomenti, spesso anche complessi,
pretendendo forse di dare a tutti qualche risposta, ma non è certamente facile,
come si può notare esaminando il testo.
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