domenica 25 gennaio 2015

Recensione "I Vichinghi in America"

di Fabio Bozzo

Analizzare la Storia umana attraverso gli effetti che su di essa hanno avuto le mutazioni climatiche, è l'obbiettivo dell'autore di questo libro: opera breve, essenziale, divulgativa, ma consigliata a tutti coloro i quali vogliano comprendere le inevitabili connessioni intercorse, nei secoli, tra forze della natura e volontà degli uomini.
Alberto Rosselli, storico e giornalista già noto, tanto al grande pubblico, quanto all'ambiente accademico, per le sue opere rigorose e politicamente fastidiose, ci porta questa volta a navigare insieme ai pirati-esploratori scandinavi che solcarono l'Atlantico settentrionale nei quattro secoli a cavallo del primo millennio dopo Cristo, con uno stile sintetico, sobrio e tale da soddisfare sia lo studioso più intransigente che l’appassionato.
Dalle pagine di questo libro si evince che gli arditi viaggi per mare compiuti dagli avventurieri iperborei furono resi possibili da molti fattori di natura meteorologica soprattutto, ma anche tecnologica. Partiamo dall’elemento ‘naturale’. Ciò che spinse i vichinghi ad ampliare i loro orizzonti di scoperta fu, innanzitutto, una fase temporanea, ma a dire il vero relativamente breve, di riscaldamento, noto come “optimum climatico medievale”: fenomeno che produsse un significativo innalzamento della temperatura nell'emisfero settentronale del pianeta. Tale surriscaldamento (torneremo a breve su questo termine) fece si che, nel periodo compreso, all'incirca, tra il 900 ed il 1250 d.C., la temperatura media salisse di circa quattro gradi: escursione termica che determinò lo scioglimento di notevoli porzioni di banchisa artica. Questa era calda, alla quale fece seguito un periodo decisamente più freddo ed umido che, tra l’altro, contribuì al regresso agricolo ed economico del XIV secolo, favorì, inoltre, un incremento delle terre coltivabili e di quelle adatte all'allevamento e, di conseguenza, un maggiore incremento demografico. Ora, questa favorevole congiuntura climatica spinse i popoli scandinavi (e non solo) a cercare nuove terre e, soprattutto, nuovi insediamenti oltre Oceano: necessità indotta dall’improvviso sovraffollamento e dal tradizionale, sfavorevole rapporto tra aree agricole disponibili (ci riferiamo sempre alla penisola scandinava). Secondo, importante fattore destinato, assieme al clima, a favorire i vichinghi nei loro lunghi viaggi per mare fu l’elevato livello raggiunto, nel IX secolo, dall’industria navale scandinava: industria cantieristica in grado di mettere a punto imbarcazioni molto adatte alla navigazione d’altura, come i leggendari drakkar e knorr. Grazie al testo di Rosselli, possiamo anche esplorare il percorso storico ed evolutivo di queste imbarcazioni, che, nel volgere di quattro secoli, si trasformarono da semplici canoe in gioielli della tecnica nautica in grado di raggiungere l’Islanda, la Groenlandia e Terranova. Merito dell'autore è, a tale proposito, quello di garantire al lettore una buona scorta di informazioni, senza però esondare in noiosi e non del tutto necessari tecnicismi.
Volontà d'acciaio, conoscenze marinaresche adeguate, mezzi d'avanguardia e condizioni meteo straordinariamente favorevoli: questi furono gli ingredienti dell'epopea e dell’espansionismo oceanico vichinghi. Tuttavia, allorquando il clima – si badi, in modo del tutto naturale e ciclico - tornò a raffreddarsi, questa grande avventura iniziò a declinare. Con l’abbassarsi delle temperature (fenomeno che ebbe il suo inizio intorno al 1250) le rotte che univano la Norvegia all’ Islanda e alla Groenlandia meridionale si interruppero, causando l'estinzione degli insediamenti vichinghi groenlandesi, già insidiati dagli attacchi delle tribù eschimesi calate dalle lande settentrionali dell’immensa isola proprio in seguito all’irrigidirsi del clima. Ma come si è detto, il testo di Rosselli si incentra, soprattutto, sull’analisi dei cambiamenti climatici, ciclici, verificatisi nel corso dei secoli: mutazioni ripetute, e che continueranno a ripetersi, in quanto insite nel ciclo naturale. Il tutto, a sfatare, almeno in parte, la convinzione – quella espressa dagli attuali climatologi ‘catastrofisti’ (spinti, spesso, da interessi poco chiari) – circa un’inarrestabile inaridimento dell’intero globo. Se è, infatti, vero che il progresso umano ha surriscaldato la terra, è altrettanto vero che, a partire dalla metà del XIX secolo, siamo entrati in una nuova fase di ‘optimum climatico’: fenomeno che ha fatto, e sta facendo, la sua parte nell’innalzamento medio delle temperature. Detto questo, l'autore, con l'onestà intellettuale che lo contraddistingue, non opta per un attacco frontale ai ‘catastrofisti’ che imperversano su tutti i media, bensì, più pacatamente preferisce spiegare che, alla luce degli eventi passati e senza ignorare la rilevanza delle azioni antropiche, questo nostro pianeta risulta molto più grande, autogestito e meno schematizzabile di quanto i sostenitori del “socialismo climatico-ecologico” vorrebbero fare credere. Per ultimo, il testo di Rosselli porta il lettore più attento ad una particolare considerazione che spazia dalla Storia, alla spiritualità e, forse, ad una nuova presa di coscienza. Tale considerazione non giunge automaticamente, ma si fa strada nel lettore progressivamente, come un sano germe, quello della legittima, ragionata e disinteressata analisi, dissociante, per sua stessa natura, da quella conformista e politically correct, ormai in voga da troppi decenni. Come abbiamo visto la cultura vichinga - norrena non si fece cogliere affatto impreparata dal grande appuntamento con la Storia, tanto da farci credere ad una sorta di nostra occidentale predestinazione, tipica di chi ha sempre saputo affrontare l’’oggi’, sempre denso di ogni imprevisto, senza mai abbandonarsi a quella sorta di ‘ripiegamento’ intellettuale, di matrice ‘progressista’, ideale a condannare, anche attraverso un’accurata disinformazione, ogni realtà effettuale.

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