Questo mese segnaliamo il volume Dante e la Bibbia,
testo che inaugura la collana Fede e poesia e che si inserisce nella serie di iniziative e di
opere che hanno reso omaggio al grande poeta toscana Dante Alighieri nel 750°
anniversario della sua nascita.
Il valore primario della persona, la sua libertà,
l’uguaglianza di tutti gli uomini, umili o potenti, famosi o sconosciuti; il
valore provvidenziale della storia, la giustizia e la misericordia divina: sono
valori che costituiscono l’humus cristiano dell’opus magnum di
Dante, che, uniti ai valori della patria, della pace, della famiglia, della
lealtà, del rispetto dell’autorità, mutuati dal mondo classico, gettano le basi
per il vivere civile che ha caratterizzato per secoli il nostro “Occidente” e
che oggi, più che mai, alcuni gruppi di violenti vorrebbero minare con le loro
azioni folli. Letta e tradotta in tutto il mondo, la Divina Commedia è uno dei
libri più letti dopo la Bibbia. E poiché tanta Bibbia è citata nel “Poema
Sacro”, questo lavoro vuole essere una “passeggiata” con Dante pellegrino nei
tre Regni ultraterreni, non per obbligo di urgenze scolastiche ma nella serena
certezza di essere in compagnia di uno tra i più grandi uomini, e uomini
credenti, che mai siano stati. Desiderando rendere ragione dell’imponente
presenza della Sacra Scrittura nella Divina Commedia, l’Autore augura a tutti
coloro che vorranno fare questo e altri cammini con lui, di essere guidati
dall’Alighieri, il quale, se da Virgilio, Beatrice e Bernardo di Chiaravalle fu
condotto nel suo viaggio immaginario ultraterreno, può ora condurre o
continuare a condurre noi nel nostro viaggio reale terreno.
Pietro Pizzuto, recensendo il testo di Majuri, ha scritto: «L’autore
vuole dimostrare come Dante, nel comporre le tre Cantiche, abbia fatto
riferimento costante alla Parola di Dio attestata nella Sacra Scrittura. Il
volume è un prontuario che individua e raccoglie tutti i testi biblici che
hanno ispirato gli endecasillabi dell’Alighieri. […] Majuri elenca
sinotticamente i passi biblici incolonnandoli accanto al testo poetico; poi,
alla fine di ogni Cantica, li riporta per esteso. Nell’introduzione (pp. 19-32)
l’autore evidenzia come il testo di Dante sia stato costantemente considerato
nel Magistero pontificio a partire da Benedetto XV. In appendice (pp. 341-363)
vengono riportati i due testi magisteriali più significativi: la lettera
enciclica In praeclara summorum di Benedetto XV, del 1921 (in occasione
del VI centenario della morte) e la lettera apostolica Altissimi cantus di
Paolo VI, del 1965 (in occasione del VII centenario della nascita e non del VI
come indicato). Riguardo alle questioni inerenti alla Scrittura vengono riprese
per lo più le conclusioni di Penna: Dante utilizza due linee interpretative,
quella letterale e quella allegorica (pp. 60-61. 63-67); la traduzione di
riferimento è la Vulgata (p. 61); Dante cita anche i testi
deuterocanonici (p. 61); la Scrittura è considerata un’auctoritas in
quanto vera e ispirata (p. 62); l’ispirazione viene creduta sulla scorta del
compimento delle parole profetiche (pp. 70-71); Dante è cosciente che esiste
un’interpretazione definitiva del testo biblico che è quella della Chiesa nel
suo Magistero e che si può verificare un uso distorto della lettera della
Scrittura (pp. 62-63). Tutte queste questioni sono davvero interessanti e
meritano un ulteriore approfondimento per vedere fino a che punto Dante possa
essere considerato un qualificato testimone della comprensione ecclesiale circa
ispirazione, canone ed ermeneutica biblica»
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