di Giuseppe La Russa
Potrebbe sembrare, all’apparenza, un bel titolo di un libro di poesia, il riassunto di un’opera in cui protagonista sono il tempo, con il suo incessante scorrere in avanti, e l’operosità umana che in esso prova a scavare, che in esso prova a costruirsi il suo spazio, la sua vita. Ma poi, in fondo, non ci si discosta tanto dal vero a leggere l’ultimo libro di Adalpina Fabra Bignardelli, “Ricamare il tempo”, opera in cui l’autrice compie un approfondito excursus storico sulla storia del ricamo in Sicilia. Non si tratta di intimismo lirico, è vero, ma nelle pagine del testo, edito da Thule nel 2013, si può scorgere ed ammirare quella stessa “industria” umana che pretende il suo spazio nel tempo e col tempo, che sa costruire e plasmare una identità.
Emerge questo dalla zelante indagine della Bignardelli, così come Annamaria Amitrano mette in rilievo nella prefazione al libro in cui pone la sua attenzione su come un oggetto sia documento culturale, antropologico, su come possa essere testimonianza viva.
AdalpinaFabraBignardelli, ricamatrice per passione, nei sette capitoli in cui il libro è suddiviso fa una analisi minuziosa sulla storia del ricamo nella nostra regione, partendo, con assoluto scrupolo scientifico, dalle tecniche di coltivazione delle piante tessili in Sicilia. Ciò che muove l’autrice, oltre alla passione che coltiva da anni, è la certezza che anche il ricamo e l’arte serica meritino un rilievo insieme allo studio della pittura e della scultura, poiché anche in essi viene fuori prepotente la laboriosità umana; inoltre, seguire la storia del ricamo significa cercare di capire da vicino storie economiche e sociali, nonché antropologiche della Sicilia: basti dire del ricamo come questo venisse riservato per gli abiti da cerimonia e quindi servisse come segno distintivo, di appartenenza.
Va detto, inoltre, e l’autrice lo sottolinea, come il ricamo, introdotto in Sicilia in epoca araba, risenta fortemente dell’influsso della pittura e delle arti visive in genere, per cui, sottolinea la Bignardelli, può certamente essere annoverato fra le cosiddette Belle Arti.
Attraverso il percorso seguito dall’autrice, dunque, possiamo viaggiare nella Sicilia del ricamo, dell’arte tessile, apprezzare da vicino tecniche di lavorazione del tessuto che vengono spiegate con accuratezza e attenzione ai dettagli, in modo da permettere al lettore di fruire appieno del valore di un’arte spesso tralasciata dagli studi, ma il cui studio concede di scandagliare un ulteriore aspetto della laboriosità umana, un’ altra angolazione da cui osservare il mondo, un altro modo di raccontare la propria storia, proprio come se stessimo leggendo un bel libro di poesia.
Nessun commento:
Posta un commento