di Domenico Bonvegna
Da
tempo giornalisti, scrittori, pensatori, si esercitano a scrivere e a
descrivere il nostro Meridione. Io stesso più volte mi sono occupato della
questione. E' vero il sud nonostante tutto è sempre una questione. Per alcuni non
lo è stato sempre, e forse hanno
ragione, penso ai nostalgici dei borboni. Comunque sia la realtà è che il
nostro Paese Italia da troppo tempo viaggia a due velocità. A ricordarcelo ci
pensa Carlo Puca, napoletano, giornalista d'assalto del
settimanale “Panorama”. A settembre dell'anno scorso ha scritto un libro, che
più provocatorio non si può: “Il Sud deve morire”. Sottotitolo:“Esecutori,
mandanti e complici di un delitto (quasi) perfetto”. Pubblicato da Marsilio
di Venezia.
Puca
fa un viaggio-inchiesta nel Meridione, affrontando gli argomenti più delicati,
dagli orrori della pubblica amministrazione a quella privata.“Lo chiamano
mezzogiorno, ma il buio è sempre quello di mezzanotte”. L'oscurità viene
cancellata soltanto quando sulla sua agonia si accendono improvvisamente le
luci della cronaca: una strage, una retata, un rapporto Svimez. Infatti, scrive
Puca,“la rianimazione dura il tempo di quegli attimi fuggenti. Subito dopo,
la sagoma del Mezzogiorno torna a ciondolare sul patibolo dell'indifferenza,
secondo la potestà dei soliti mandanti, esecutori e complici”. Attenzione,
per Puca, si tratta di un'associazione a delinquere, assai abile nel governo
del cappio,“una lunga corda annodata intorno a parole inutili, opere dannose
e omissioni pianificate”.
Per
la verità un libro simile a questo di Puca, l'avevo recensito e presentato, in
più puntate, qualche anno fa. L'ha scritto Marina Valensise, “Il sole
sorge a sud”, pubblicato sempre da Marsilio. Un ottimo lavoro
quello della giornalista di Polistena che non affrontava solo le questioni
politiche e sociali del Meridione, ma raccontava anche la ricca storia del
nostro il Meridione.
Il
viaggio di Puca parte da Lampedusa, l'isola, dove tutti i disperati del mondo,
cercano di raggiungere. Nel libro il giornalista sceglie alcuni territori e
fatti che maggiormente hanno avuto eco sui media. Percorre questi territori con
tanto sentimento, che ben presto si trasforma in tanto risentimento.
Del resto,“chi accresce il sapere aumenta il dolore”. Alla fine quasi sempre
oltre alla sofferenza spunta anche la rabbia.
A
Lampedusa è difficile nascere, ma anche morire. Carlo Puca,
racconta ironicamente episodi che sfociano nel grottesco, come quello che si
può leggere nei manifesti mortuari:“i funerali verranno celebrati con
l'arrivo della nave”. Capita dover attendere giorni per ottenere una
degna sepoltura. Su questo pezzo d'Italia esistono molte leggende.“C'è
una parte di opinione pubblica nazionale convinta che grazie ai migranti la
Lampedusa-capitale si sia arricchita. Ma degli svariati milioni di euro spesi
(impossibile quantificarli), poco o nulla è toccato ai residenti”. Infatti,
qui il tasso di disoccupazione, continua a galleggiare intorno al 22%.
Tuttavia, sembra che la gente ce l'ha più con lo Stato che con i profughi.
Il
testo salta subito in Campania a Castel Volturno, la città che
nessuno vuol vedere. Il giornalista napoletano rileva che tanti dei morti
nel Mediterraneo, “partivano con la parola 'Castel Volturno' scritta a
pennarello sulla mano”. Secondo Puca, “la loro terra l'avrebbero cercata
proprio in questa casertana lingua di mare e di dune. La giudicavano un'enclave
nera nel cuore dell'Europa, non senza ragione: questa è davvero l'Africa
dell'Occidente”.
Aiutandosi
con le informazioni di Maria Assunta Piantadosi, storica locale, il giornalista
di Panorama, può scrivere che i migranti qui cominciarono ad arrivare già dalla
metà degli anni ottanta. Nel 2015, l'anagrafe municipale ha censito 25.412
residente, dei quali 3.941 stranieri. Soltanto che il Comune quantifica la
produzione di rifiuti urbani per almeno sessantamila abitanti. “Calcolando
per un gran difetto, significa che sul territorio abitano almeno ventimila
clandestini”. Altra notizia molto grottesca: “soltanto per i funerali
degli irregolari il Comune spende trentamila euro all'anno. Parla il
sindaco Pd eletto nel 2014. “Ogni volta che un extracomunitario muore senza
documenti, i responsabili dell'obitorio di Caserta ci spediscono la fattura per
la permanenza: per loro è scontato che abitasse qui”. Anche perchè sembra
che nessuno reclami i loro corpi.
La
questione di Castel Volturno è conosciuta negli alti palazzi, nello stradone
della statale Domiziana, si spaccia e si prostituisce a vista, ma
nessuno vuole intervenire o vedere. Eppure anche qui il territorio potrebbe
avere tanta storia di prima classe da far conoscere, artisti, letterati
e poeti. I romani hanno battezzato felix, “terra fertile e fortunata”,
il territorio intorno a Castel Volturno. Dal giorno del terremoto del 23
novembre1980, però è diventata infelix. Perchè il governo prima inviò
qui gli sfollati e poi successivamente furono occupate da balordi e così i
napoletani borghesi abbandonarono le case, fuggendo tutti. Puca descrive
dettagliatamente la situazione drammatica del territorio diventato facile preda
di clandestini. Non è un caso che quei pochi espulsi dall'Italia, perchè
inneggianti all'Isis e al califfo Abu Bakr al-Baghdadi, sono tutti transitati
da qui.
Carlo
Puca, non fa sconti a nessuno, fa i nomi e cognomi di tutti quelli che hanno e
continuano a sfruttare il territorio, dei vari pescecani, della
criminalità grossa a quella piccola.
Subito
dopo si ferma su una località calabrese. Si tratta di Papasidero,
una piccola località vicino al Pollino, di cui in tanti ignorano l'esistenza.
Sembra un toponimo di un territorio sudamericano. Si tratta di un sito
archeologico, risalente all'età della pietra, dove scavando hanno trovato
utensili, frammenti alimentari e un numero incredibile di sepolture: in tutta
Europa sono appena cinquanta le tombe paleolitiche ritrovate e nove
appartengono a Papasidero. L'ultima è datata 2010, di un giovane vissuto circa
19.000 anni fa. Ma secondo Puca ancora nella grotta di Romito scavando si può
trovare molto altro. “Peccato che Papasidero sia un luogo
semiclandestino. Eppure la pratica di un po' di sano marketing turistico
rappresenterebbe un'operazione relativamente semplice: la grotta del Romito è
il più importante sito preistorico italiano e tra i maggiori d'Europa. Invece
niente, rimane un luogo sconosciuto, agli italiani in generale (che ne ignorano
persino l'esistenza) e ai calabresi in particolare, nonostante a Scalea e sulla
riviera dei Cedri campino di turismo”.
Papasidero,
si trova nel pieno del parco nazionale del Pollino, costituisce
l'oasi naturale più grande d'Italia e addirittura l'Unesco, lo ha fatto
diventare patrimonio dell'umanità. Ma non basta, dovrebbe diventare anche
patrimonio economico dei lucani e dei calabresi. Puca polemizza con gli
amministratori calabresi che nonostante tutto non riescono ad apprezzare
abbastanza il sito, che deve essere curato una volta l'anno da un pool di
professori dell'università di Firenze.
Con
il caso delle cinque ragazze, sartine di Barletta, il libro di Puca entra nel
vivo delle denunce, del lavoro nero, dei vari caporali e delle “soldatesse” per
pochi spiccioli di euro. Il 3 ottobre 2011, il giorno dell'evento più
sconvolgente e malinconico della storia meridionale recente. Il giorno della
“strage delle sartine” di Barletta, con il crollo del palazzo di
via Roma. Il giornalista descrive l'episodio, che l'ha coinvolto emotivamente,
come lui stesso scrive nel libro. “Forse perchè meglio coniuga la peste
della rassegnazione meridionale con la superficiale indifferenza del resto
d'Italia”.
Dopo
il rituale cordoglio delle autorità alle famiglie delle vittime, con le frasi
fatte: “Ora legalità e sicurezza”. “Basta lavoro nero”, “Non vi
dimenticheremo”. Passato un anno già si faceva fatica a ricordare.
Eppure
in quei territori nulla è cambiato:”Ora come allora”, scrive Puca, “replica
eterno e quotidiano il film dell'ingaggio dei lavoranti in nero”. Ora come
allora, il padrone è solitamente benestante, conosce le leggi, compreso il Jobs
Act, e sa come aggirarle. “Per esempio, è comune che i muratori a servizio
vengano quasi sempre registrati soltanto in caso di incidenti sul cantiere,
cioè dopo che sono morti o feriti gravi. O che i vantaggiosi sussidi statali
per i braccianti agricoli vadano a contadini fittizi, parenti o prestanomi fa
lo stesso, con le mani curate e i volti riposati, mentre nelle campagne vanno
persone a volte inabili a lavori così pesanti”.
Ma
forse, fa più impressione il lavoro grigio, è il 40% e riguarda quelli
che vengono assunti soltanto per il tempo utile a ottenere l'indennità di disoccupazione,
dopodiché il lavoratore resta in azienda per lavorare in nero.
Per
il momento mi fermo c'è già tanta carne al fuoco, alla prossima.
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