di Antonio Martorana
Perfezione della
struttura catalizzatrice grazie ad una rigorosa logica dell’aggregazione
sintattica, e strategia di rendere credibile l’inconsueto, sono, a mio avviso,
gli aspetti caratterizzanti di Hel il
racconto di Elio Corrao, che dà il titolo al suo testo narrativo pubblicato da
Thule.
Sarei tentato di
definirlo una fabula cosmologica, visto che il mundus imagilis dell’Autore, forzando l’involucro eden-placentare
del quotidiano lavoro nell’atelier, si proietta verso i confini di un universo
dove lo spazio e il tempo si curvano, secondo la nota teoria di Eistein.
Da quelle remote
distanze siderali, immerse nella luce fredda del bing-bang primordiale, ecco
giungere del tutto inaspettato, tramite la cornetta di un telefono
accidentalmente volato dalla scrivania e sottoposto, in quel movimento, a
chissà quali sollecitazioni, “uno stranissimo suono metallico”. Passando lungo
una serie di modulazioni tecno-foniche, come in una ricerca selettiva del
codice voluto, quel suono approda finalmente alla familiarità della lingua
dell’Autore.
Intelligenze
superiori sembrano presiedere a quel processo di codificazione meccanica, che
assume il carattere di un colloquio interfonico tra l’Autore, al di qua della
linea, ed un interlocutore alieno, rivelatosi un essere immateriale, quasi
embrione cerebrale cosmico, fluttuante in assenza di gravità. È l’inizio di un
avventura fuori dall’ordinario, che alimenta nell’Autore uno stupore
paragonabile, direi, a quello provato dall’astronauta del film di Stanley
Kubrik “2001 Odissea nello spazio”, alla vista dell’enigmatico monolite nero.
Così è l’emozionante scoperta di altre civiltà, altre il nostro orizzonte
visivo a percorrere il tessuto narrativo di questo racconto, da cui si evince
la detronizzazione dell’uomo dal centro del cosmo, e la sua marginalizzazione
in un universo rivelatosi plurimo. Qui, infatti, tramite il cosiddetto “ponte
di Eistein-Rosen” il “buco nero” di un universo si collega al “buco bianco” di
un altro universo.
L’immaginario di
Corrao, certamente supportato da una conoscenza non comune dei risultati più
recenti della ricerca astrofisica, crea una dimensione surreale, dove l’onirico
si sovrappone allo scientifico dei fenomeni epigenetici. Assistiamo ad una
trasposizione nel futuro della fantascienza che ha la forza rivelatrice della
capacità immaginativa di Corrao, sia sotto
il profilo antropologico che sotto quello estetico.
Ho parlato
inizialmente di fabula in chiave struttuale, riferendomi in particolar modo al
prospetto sequenziale elaborato da Labov e Waletzsky, due tra i molti studiosi
che si muovono nella scia di Vladimir Propp rifacendosi alla sua lezione
contenuta nella Morfologia della fiaba, che è l’archetipo di ogni successiva
ricerca narratologica. Secondo i citati autori ogni traiettoria narrativa è
scomponibile in cinque segmenti corrispondenti a: orientazione iniziale,
complicazione, sviluppo, risoluzione, coda. Lo sviluppo del racconto segue
passo passo i vari momenti segmentali: l’orientazione iniziale è collegata
all’accedere dello scrittore-artista nel suo atelier per compiere “le solite
routinarie operazioni”; la complicazione, all’origine del “turbamento” di cui
parla Propp, sta nella caduta accidentale del telefono e nella preoccupazione,
che, nell’urto involontario, si sia potuto attivare un qualche contatto; lo
sviluppo consiste nelle ripetute interlocuzioni con Hel veicolate da
quell’assurdo inconcepibile ‘filo diretto’ con un mondo neanche immaginabile.
La risoluzione sta nell’«accesso
a un’improvvisa visione del ‘tutto’», come se l’Autore venisse a trovarsi in presenza di «enorme visione tridimensionale» della quale egli era «non solo spettatore, ma anche parte integrante». Le verità prospettate da Hel non come un «enorme impossibile viaggio negli anfratti più reconditi
dell’universo degli universi»
con tutta una serie di straordinarie scoperte.
Quella che nella
segmentazione di Labov e Waletzshy è la coda
del racconto vede l’emergere di perplessità, tali da mettere in dubbio che quell’«avventura così fuori dall’ordinario» fosse effettivamente accaduto. Tutto, ad un certo
punto, sembra «frutto
di un sogno trasformatosi in incubo». Ma un’improvvisa folgorazione fuga l’addensarsi di
interrogativi inquietanti, facendo balenare il fondato sospetto che forse
l’Autore, in quella “impossibile” avventura, avesse incontrato Dio.
E così, meno che te
lo aspetti, al capolinea di quel “folle volo” tra le galassie, dove potrebbe
mettere in conto la possibilità di perdersi, l’Autore trova il Regno dell’Oltranza.
È l’approdo alla trascendenza.
Il finale viene
allora a corrispondere allo “scioglimento” di cui parla Tomasevsky, fase che
vede scomparire il turbamento iniziale e vede cessare le “peripezie”. (B.
tomaseusky, La costruzione dell’intreccio,
in AA. VV. I formalismi russi (a cura
di Toradov), trad. It., Torino, Einaudi, 1968,La strutturazione lineare, alla
base dello sviluppo dinamico della vicenda, ha una sua essenzialità, che, in
felice combinazione con la valenza estetica della cifra stilistica,, da di
questo racconto di Elio Corrao un piccolo gioiello narrativo.
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