sabato 8 aprile 2017

Elio Corrao, "HEL e altri racconti" (Ed. Thule)

di Antonio Martorana

Perfezione della struttura catalizzatrice grazie ad una rigorosa logica dell’aggregazione sintattica, e strategia di rendere credibile l’inconsueto, sono, a mio avviso, gli aspetti caratterizzanti di Hel il racconto di Elio Corrao, che dà il titolo al suo testo narrativo pubblicato da Thule.
Sarei tentato di definirlo una fabula cosmologica, visto che il mundus imagilis dell’Autore, forzando l’involucro eden-placentare del quotidiano lavoro nell’atelier, si proietta verso i confini di un universo dove lo spazio e il tempo si curvano, secondo la nota teoria di Eistein.
Da quelle remote distanze siderali, immerse nella luce fredda del bing-bang primordiale, ecco giungere del tutto inaspettato, tramite la cornetta di un telefono accidentalmente volato dalla scrivania e sottoposto, in quel movimento, a chissà quali sollecitazioni, “uno stranissimo suono metallico”. Passando lungo una serie di modulazioni tecno-foniche, come in una ricerca selettiva del codice voluto, quel suono approda finalmente alla familiarità della lingua dell’Autore.
Intelligenze superiori sembrano presiedere a quel processo di codificazione meccanica, che assume il carattere di un colloquio interfonico tra l’Autore, al di qua della linea, ed un interlocutore alieno, rivelatosi un essere immateriale, quasi embrione cerebrale cosmico, fluttuante in assenza di gravità. È l’inizio di un avventura fuori dall’ordinario, che alimenta nell’Autore uno stupore paragonabile, direi, a quello provato dall’astronauta del film di Stanley Kubrik “2001 Odissea nello spazio”, alla vista dell’enigmatico monolite nero. Così è l’emozionante scoperta di altre civiltà, altre il nostro orizzonte visivo a percorrere il tessuto narrativo di questo racconto, da cui si evince la detronizzazione dell’uomo dal centro del cosmo, e la sua marginalizzazione in un universo rivelatosi plurimo. Qui, infatti, tramite il cosiddetto “ponte di Eistein-Rosen” il “buco nero” di un universo si collega al “buco bianco” di un altro universo.
L’immaginario di Corrao, certamente supportato da una conoscenza non comune dei risultati più recenti della ricerca astrofisica, crea una dimensione surreale, dove l’onirico si sovrappone allo scientifico dei fenomeni epigenetici. Assistiamo ad una trasposizione nel futuro della fantascienza che ha la forza rivelatrice della capacità immaginativa di Corrao, sia sotto  il profilo antropologico che sotto quello estetico.
Ho parlato inizialmente di fabula in chiave struttuale, riferendomi in particolar modo al prospetto sequenziale elaborato da Labov e Waletzsky, due tra i molti studiosi che si muovono nella scia di Vladimir Propp rifacendosi alla sua lezione contenuta nella Morfologia della fiaba, che è l’archetipo di ogni successiva ricerca narratologica. Secondo i citati autori ogni traiettoria narrativa è scomponibile in cinque segmenti corrispondenti a: orientazione iniziale, complicazione, sviluppo, risoluzione, coda. Lo sviluppo del racconto segue passo passo i vari momenti segmentali: l’orientazione iniziale è collegata all’accedere dello scrittore-artista nel suo atelier per compiere “le solite routinarie operazioni”; la complicazione, all’origine del “turbamento” di cui parla Propp, sta nella caduta accidentale del telefono e nella preoccupazione, che, nell’urto involontario, si sia potuto attivare un qualche contatto; lo sviluppo consiste nelle ripetute interlocuzioni con Hel veicolate da quell’assurdo inconcepibile ‘filo diretto’ con un mondo neanche immaginabile. La risoluzione sta nell’«accesso a un’improvvisa visione del ‘tutto’», come se l’Autore venisse a trovarsi in presenza di «enorme visione tridimensionale» della quale egli era «non solo spettatore, ma anche parte integrante». Le verità prospettate da Hel non come un «enorme impossibile viaggio negli anfratti più reconditi dell’universo degli universi» con tutta una serie di straordinarie scoperte.
Quella che nella segmentazione di Labov e Waletzshy è la coda del racconto vede l’emergere di perplessità, tali da mettere in dubbio che quell’«avventura così fuori dall’ordinario» fosse effettivamente accaduto. Tutto, ad un certo punto, sembra «frutto di un sogno trasformatosi in incubo». Ma un’improvvisa folgorazione fuga l’addensarsi di interrogativi inquietanti, facendo balenare il fondato sospetto che forse l’Autore, in quella “impossibile” avventura, avesse incontrato Dio.
E così, meno che te lo aspetti, al capolinea di quel “folle volo” tra le galassie, dove potrebbe mettere in conto la possibilità di perdersi, l’Autore trova il Regno dell’Oltranza. È l’approdo alla trascendenza.

Il finale viene allora a corrispondere allo “scioglimento” di cui parla Tomasevsky, fase che vede scomparire il turbamento iniziale e vede cessare le “peripezie”. (B. tomaseusky, La costruzione dell’intreccio, in AA. VV. I formalismi russi (a cura di Toradov), trad. It., Torino, Einaudi, 1968,La strutturazione lineare, alla base dello sviluppo dinamico della vicenda, ha una sua essenzialità, che, in felice combinazione con la valenza estetica della cifra stilistica,, da di questo racconto di Elio Corrao un piccolo gioiello narrativo.                                                                        

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