di Domenico Bonvegna
Il
cristiano, il cattolico, ha bisogno sempre di alimentare la propria fede,
rivedendo e studiando i fondamenti del proprio credere. Tra i temi più
importanti c'è quello della liturgia. L'anno scorso il cardinale Robert
Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto divino e la
Disciplina dei sacramenti, in un convegno proprio sulla Sacra Liturgia, ha
letto un discorso che ogni battezzato dovrebbe conoscere e approfondire. Ma
soprattutto ogni sacerdote dovrebbe studiare e presentare nelle catechesi
parrocchiali. Io l'ho letto e studiato sulla rivista Cristianità
(“Verso un'autentica attuazione di 'Sacrosanctum Concilium' “;
ottobre-dicembre 2016; n.382)
Per
monsignor Sarah è importante comprendere la natura della liturgia cattolica,
per distinguerla dalle altre religioni e soprattutto per comprendere e attuare
la Costituzione sulla sacra Liturgia del Concilio Vaticano II. Cerco di
presentare e condividere con il lettore alcuni passaggi fondamentali che il
prefetto ha voluto sottolineare nel suo discorso. Intanto la liturgia cattolica
“è una realtà sacra, non è una assemblea umana ordinaria”.
Il
prefetto ci tiene a precisare che,“Dio, non l'uomo, è al centro della
liturgia cattolica. Noi veniamo per adorarlo. Nella liturgia non si
tratta di voi o di me. Non è il luogo dove celebriamo la nostra identità e le
nostre realizzazioni o dove esaltiamo e promuoviamo la nostra cultura e i
valori delle nostre comunità religiose locali”.
La
liturgia riguarda e appartiene a Dio. Questo è fondamentale capirlo per il
cardinale prefetto per il Culto divino.“E' essenziale che noi comprendiamo
questa specificità del culto cattolico, dal momento che negli ultimi decenni
abbiamo visto numerose celebrazioni liturgiche che nel corso delle quali le
persone e le realizzazioni umane sono state troppo preminenti, quasi escludendo
Dio”. Probabilmente il cardinale è preoccupato di certi abusi, che in
troppe messe e chiese vengono realizzati. Infatti afferma:“attualmente
esistono molte alterazioni della liturgia in numerosi luoghi della Chiesa”.
A
suo tempo anche il cardinale Ratzinger, prima di diventare papa, aveva indicato
che la dimenticanza di Dio“è il pericolo più incalzante del nostro tempo”.
Monsignor
Sarah è convinto che San Giovanni XXIII e poi i Padri conciliari che seguivano
l'insegnamento magisteriale dei Papi del XX secolo, quando si riunirono a Roma
nel 1962 per il Concilio, non intendevano“creare una liturgia
antropocentrica”. Piuttosto tutti, cercarono delle strade per
attingere alla“prima e indispensabile fonte”, acquisendo “il genuino
spirito cristiano”.
A
questo punto il discorso di monsignor Sarah si dirige nell'esaminare nel
dettaglio quali erano le intenzioni dei Padri del Concilio Vaticano II. Si
trattava di fare una riforma della liturgia, che peraltro la riflessione era
già iniziata da qualche decennio e ora con il Concilio si voleva continuare a
lavorare studiare la questione. Erano quattro i criteri per intraprendere una
seria riforma liturgica. Il 1° criterio consiste nel “far crescere ogni
giorno più la vita cristiana tra i fedeli”. E' la preoccupazione costante
di ogni tempo dei pastori della Chiesa. Il 2° criterio è stato quello di
adattare meglio“alle esigenze del nostro tempo quelle istituzioni che sono
soggette a mutamenti”. Ma questo precisa il cardinale è stato fatto dai
Padri conciliari non per il“semplice desiderio di cambiamento”.
Il
3° criterio è anche quello di “[...]favorire ciò che può contribuire
all'unione di tutti credenti in Cristo”, che non significa però che i padri
avessero desiderato di strumentalizzare la sacra liturgia per promuovere
l'ecumenismo. Tuttavia i padri conciliari auspicavano una partecipazione più
fruttuosa alla liturgia che“potesse facilitare un rinnovamento dell'attività
missionaria della Chiesa”. E siamo al 4° criterio.
Monsignor
Sarah si sofferma sull'opportunità e sull'uso delle lingue volgari nella
liturgia, soprattutto per le letture della Sacra Scrittura, per la prima parte
della Messa, chiamata, “liturgia della parola”. La lingua vernacolare ha avuto
certamente un effetto positivo,“i padri cercavano proprio questo, e non
di autorizzare una protestantizzazione della sacra liturgia o farne
l'oggetto di una cattiva inculturazione”. Peraltro il prefetto, che
proviene dall'Africa, dalla Guinea, mette in guardia da possibili liturgie
nazionaliste che vanno a stravolgere la vera liturgia della Chiesa. Monsignor
Sarah procede a una doverosa chiarificazione su che cosa si intende per
inculturazione.“Non è una ricerca o una rivendicazione per legittimare
un'africanizzazione o una latino-americanizzazione o un'asiaticizzazione del
cristianesimo al posto della sua occidentalizzazione”. Sua eminenza,
insiste,“l'inculturazione non è la canonizzazione di una cultura locale, né
una instaurazione di questa cultura, con il rischio di assolutizzarla”.Certamente
il Signore quando entra in una vita provoca “destabilizzazione,
trasformazione, dona un orientamento nuovo, nuovi riferimenti morali ed etici”.
Ci
sarà vera inculturazione della fede, quando questa produce la santità.“Essa
permette di verificare il grado di santità e il livello di penetrazione del
Vangelo e della fede in Gesù Cristo all'interno di una comunità cristiana”.
Dunque,“l'inculturazione non è folklore religioso”. Sarah fa riferimento
a San Giovanni Paolo II che affermava che una fede che non diventa cultura è
una fede che muore. Pertanto l'inculturazione deve essere guidata sempre dalla“compatibilità
col Vangelo e la comunione con la chiesa universale”. Tuttavia il
cardinale, ribadisce che i Padri conciliari“non avevano intenzione di
fare la rivoluzione, ma di promuovere un'evoluzione, una riforma
moderata”. I padri del Concilio auspicavano una “consapevole e attiva
partecipazione alle celebrazioni liturgiche” del popolo cristiano, ma questo poteva avvenire soltanto con una adeguata
formazione liturgica, che dovrà prima coinvolgere il clero. Non ci potrà
essere partecipazione attiva, se prima, gli stessi pastori d'anime non
diventeranno loro stessi maestri.
Il
cardinale precisa che i padri conciliari nell'articolo 21, parlano
esplicitamente di “restaurazione della liturgia”, e non di una
“rivoluzione!”. Pertanto auspica dopo l'esperienza di cinquant'anni, un
maggior studio, uno sguardo nuovo, per comprendere meglio le riforme, i riti,
le regole liturgiche, per cercare di riconsiderarne alcune.
Infatti
leggendo oggi il Sacrosanctum Concilium il cardinale non è
soddisfatto della sua attuazione e si domanda:“Dove sono finiti i fedeli di
cui parlavano i Padri conciliari? Molti fedeli del passato ieri sono oggi
'infedeli'. Non vanno più del tutto a Messa”. Riprendendo le parole di San
Giovanni Paolo II, oggi ci si è dimenticati di Dio e nello stesso tempo anche
dell'uomo.“La cultura europea dà l'impressione di una 'apostasia
silenziosa' da parte dell'uomo sazio che vive come se Dio non esistesse”.
Il
cardinale prima di apportare i miglioramenti alla Liturgia ritiene opportuno
analizzare che cosa è successo in questi decenni dopo la pubblicazione della
Costituzione sulla Sacra Liturgia.“Mentre il lavoro ufficiale di riforma
seguiva il suo corso, apparvero delle cattive e significative interpretazioni
della liturgia che misero radici in diversi luoghi del mondo. Tali abusi –
afferma monsignor Sarah – riguardanti la sacra liturgia aumentarono a causa
di un'errata comprensione del Concilio. Ciò diede luogo a delle celebrazioni
liturgiche soggettive, le quali erano maggiormente incentrate sulle
aspirazioni delle singole comunità, piuttosto che sul culto sacrificale dovuto
a Dio onnipotente”. Monsignor Arinze, li definì: le “Messe-fai-da-te”.
A
questo proposito San Giovanni Paolo II aveva espresso il suo disappunto e la
sua tristezza, nell'enciclica “Ecclesia de Eucharistia”. Dopo
aver sottolineato i grandi vantaggi portati dalla riforma liturgica, il papa accennava
alle ombre.“Vi sono luoghi dove si registra un pressoché completo abbandono
del culto di adorazione eucaristica. Si aggiungono[...] abusi che
contribuiscono ad oscurare la retta fede e la dottrina cattolica su questo
mirabile Sacramento”. Il Mistero eucaristico viene ridotto e spogliato
del suo valore sacrificale. Quindi il santo padre auspicava che la lettera
enciclica potesse contribuire a dissipare “le ombre di dottrine e pratiche
non accettabili”.
Per
il momento mi fermo alla prossima completiamo l'interessante documento.
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