di Giuseppe Bagnasco
Pubblicare
una raccolta di poesie che non parlino di argomenti massificati dalla retorica
ma che offrono come in uno scrigno ovattato parole e sentimenti, è certo un
aprire il proprio cuore, un denudarsi quasi senza pudore, neanche un velo, tale
da esentare il lettore da ambigue
interpretazioni. E’ questo che ci offre Il
crepuscolo dell’alba
di
Maria Concetta Ucciardi. Un
crepuscolo che si offre allo sguardo nel momento in cui il cielo non è più
notte ma non è nemmeno giorno apparendo quindi come quell’attimo di sospensione
che si intravede quando ancora il sole non è ancora sorto e che si annuncia con“ l’Aurora dalle dita rosate”, come
in un epiteto, la descriveva Omero.
Un’aurora che apre lo scenario al sole che finalmente offre la vita ad un altro
giorno e che la poetessa in un suo verso sublima:“Al sorgere del
sole/ alzo le braccia al cielo
per ringraziarlo”(v. Un amaro giorno). Ma più che l’aurora,
è l’alba, il primo chiarore, che interessa l’anima della poetessa perché l’alba
è già luce “abbagliante” (v. Sogno e Speranza) “ foriera di pace, luce della salvezza, che illumina la
vita”
(v. Liberi) insieme ad attimi di speranza,
“un canto che il vento sparge per l’universo” (v. Alba
foriera). Pertanto una luce che illumina tutto, fiori, colori, e che dona brio
e si fa “giullare nelle piazze” e questo fino a che l’astro celeste non si
piega all’incedere dell’imbrunire. E’ questa l’ora in cui i colori sfumano, le
ombre avvolgono i contorni e la malinconia si fa strada. E’ questo il momento
dei ricordi, dei rimpianti, di ciò che poteva essere e che non fu e allora,
afferma la Nostra, è meglio lasciarsi cullare dal fruscio delle onde o dalla
voce del vento che raggiunge il cuore, sebbene questi non risultino bastevoli a
colmare il vuoto che s’avverte: “ nulla può colmare l’attesa / mentre la solitudine abbranca il cuore”
(v.L’attesa). Una poesia vera e struggente questa di Maria Concetta Ucciardi
che non teme di nascondere i suoi più riposti sentimenti, che non offre nessuna
remora nel parlarci di un sogno rubato dal destino o di un perduto amore che
dal cuore riecheggia come una “ voce dal sen sfuggita” di metastasiana memoria.
Ma è una malinconia a tempo poiché l’alba tornerà a portare nuova luce, a
risvegliare quell’energia capace di scuotere “ quel filo sottile che lega l’animo al corpo” (v.Zampilli) e disinnescare così quella dissociazione
apportatrice di infelicità. Una infelicità figlia del tempo perché “con il senno dell’età avanzano le incertezze della vita”
(v. Dall’infanzia alla maturità) ma che mette di conserto in luce, la maturità
cosciente di un’anima che sa guardare avanti e che riesce, anche se con velata
malinconia, a distillare i ricordi del passato senza creare sconvolgimenti alla
realtà. Il poetare della Ucciardi non è di stampo crepuscolare e nemmeno
connotato da pessimismo ma frutto di riflessione, un offrire volitivamente al
lettore uno spaccato dell’animo tanto da
fargli esplorare quel profondo che in “altro” appare invisibile. Alla fine, per
tornare al titolo, ciò che fa perno nella sua poetica è la speranza che diventa
certezza, quando il crepuscolo dell’alba, lo ripetiamo, annuncerà lo splendore
del sole, che è vita, che è luce, che è tutto ciò che occorre perché l’animo percorra
quella speciale via ove sia possibile riservare un posto anche alla musica. Musica
che, afferma la poetessa, si fa poesia quando “come una nenia /la
sera/ mi trascina/ su di un’isola lontana/… a scoprire il mistero/ per
portare allegria a tutta la gente” , o come “rapita
dall’armoniosa natura/ dalle onde si lascia baciare”
(v. Canzone del mare) o infine come in un sogno ad occhi aperti dove “
il richiamo del mare/ mi spinge a volare/ ed io…unifico al vento la voce
del cuore” (v. Il mare all’imbrunire). Una perfetta osmosi con
la Natura ma non immune dal sottrarre l’Autrice dal sottolineare come in
vicendevoli situazioni va a specchiarsi il mutevole destino. Questo sì
invisibile, ma che la poetessa in alcune liriche li materializza nei fenomeni
dolenti o funerei delle condizioni di un senzatetto o di un migrante o delle
vite falciate proditoriamente nella disumana e odiosa strage di Nizza. Questo vedere e mettere in
parole queste sensazioni, questo sentire e fare emergere dal cuore desideri e
speranze, tutto è riposto in quell’alba apportatrice di pace e amore e che in
fondo, nella sua molteplice complessità, veste la poetica di Maria Concetta Ucciardi. In definitiva Il crepuscolo dell’alba
vuol essere quindi quello scrigno dove si intravede quell’attesa del sempre
nuovo giorno foriero di risposte e rivolte, attraverso liriche e parole, solo a
chi è in grado di comprenderle e saper vedere
nel crepuscolo dell’alba quella speranza che la poetessa ripone possa essere
percepita anche come Alba dell’Umanità.
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