di Maria Patrizia Allotta
“Le briciole non provocano rumore e
vengono disperse facilmente da un fiato di vento e dalla ramazza del tempo. È
gran fortuna se talune di esse riescono a conseguire il privilegio di una pur
breve sopravvivenza tornando a rotare nel sistema solare nel quale e per il
quale ebbero la loro parte e la loro luce”.
Così si legge nel libro di Toniella Lamartina Giacalone intitolato Le briciole della storia.
La logica filosofica dell’Autrice - che sembrerebbe allieva tanto di
Anassimandro di Mileto quanto di Eraclito - è convincente, infatti, le briciole appartenenti a qualsiasi ente
sono taciturne, riservate, mobili, minuscole. Spesso non reggono al ritmo del
tempo, a volte si disperdono, in taluni casi svaniscono per sempre, in altri,
invece, ritornano - magari in un momento successivo - per far parte nuovamente di
quell’Universo grazie, probabilmente, a quel movimento incessante, a quella
indicile forza, a quell’infinito vigore che anima eternamente il mondo.
Il sinolo di materia e forma della briciola,
dunque, potrebbe diviene, trasformarsi, cambiare, ma certamente la sua essenza
rimane intatta nel tempo se determinata da quella legge assoluta governata dal
logós.
E sicuramente dal logós sono governate le schegge di quei ricordi, le scaglie
di quella memoria, le squame di quella reminiscenza che - se pur trascurate, obliate
e omesse - riaffiorano improvvisamente nella mente di chi le ha vissute
intimamente per essere poi altrettanto intimamente rievocate o magari donate al
prossimo semplicemente per il gusto di esserci.
E di ápeiron, di pneuma vitale, appunto di logós, sono le briciole di Toniella, ritrovate - non
per caso ma per destino - in quello studio “pieno di ricordi e vita” del suo
amato Manlio, dove in uno “scrigno”, recupera alcuni essenziali frammenti memoriali
capaci non solo di ricostruire le sue vicende personali fatte di gioie e
affanni, ma anche di rigenerare la storia
comunitaria fatta ora di felicità ora di dolore, ora di odio ora di amore, ora
di vita ora di morte, in una visione totalizzante fortemente suggestiva.
Non granuli preziosi, né perle rare, neppure pepite insolite, allora, quelle
che troviamo nel libro della Lamartina Giacalone, ma umilissimi pezzetti,
minuzzoli, semi - presentati al lettore attraverso un linguaggio chiaro,
scorrevole, quasi confidenziale e per questo infinitamente vero - che
riconducono alla magia delle tessere di un mosaico, le quali prese
singolarmente potrebbero risultare insignificanti ma unite insieme, nella
meraviglia del tappeto musivo, risultano indispensabili, necessarie, fondanti
per le manifestazioni transeunti.
Un mosaico di storie, si diceva,
raccontate - in un’anomala stazione
ricavata, tra la fantasia e la disperazione, nei meandri di un ospedale
palermitano - da malati dimessi ma rispettosi, trascurati e ignoranti eppure
saggi e virtuosi, stanchi tuttavia ancora vivi, che insieme riescono a intessere
un intreccio insolito di soggettività e oggettività, concretezza e fantasia, realtà
e mito, secondo quel modello letterario altamente intellettuale tanto caro al
Boccaccio secondo il quale “cortesia par che consista negli atti civili, cioè
nel viver insieme liberamente e lietamente, e fare onore a tutti secondo la
possibilità”.
E in effetti, le novelle raccontate liberamente secondo le possibilità
di ciascun infermo-narratore, non solo fanno “cortesia” perché propongono
un ideale di vita fondato sulla nobiltà e sulla dignità dei modi e dello
spirito e su una onestà che è signorile decoro, compostezza e misura intima, ma
rappresentano, anche, lo spettacolo vario e multiforme della storia umana che in quanto tale si
unisce a quella visione mitica e mistica certamente eterna.
Nelle pagine scritte da Toniella Lamartina Giacalone, infatti, pur
essendo sottese, le analisi culturali, morali e teologiche e pur non apparendo
evidenti le trattazioni sociologiche e psicologiche di fatto, in realtà,
l’atteggiamento è quello di chi osserva lo scibile con lucida intelligenza e insieme
con intima complicità soffermandosi con maggiore interesse sui modi dell’umano
agire, sullo spettacolo sempre nuovo e avvincente della vita, sul destino che
si ripete, sulle tradizioni e sul mito, insomma, su quelle briciole della storia raccontate sia attraverso un tono commosso,
sia attraverso un tono ironico, tanto attraverso un tono nostalgico, quanto un
tono maliziosamente divertito.
E certamente ciò che resta al centro dell’esperienza vitale della
lettura di questo libro è l’amore incondizionato: quello narrato più o meno
consapevolmente dai protagonisti delle novelle, l’amore del “popolo vestito di
bianco” nei confronti dei malati, l’amore dei parenti e degli amici a favore
dei sofferenti, l’amore coniugale e filiale che spinge l’Autrice a pubblicare
il testo in memoria dell’insostituibile Manlio e dell’impareggiabile padre Mariano,
valido uomo di cultura, l’amore nei confronti dei più bisognosi tanto da
offrire la metà dei ricavi della vendita del testo in parte per l’acquisto di
attrezzature per il teatro dell’Istituto Penale Minore “Malaspina” di Palermo
ed in parte per l’Unione Italiana Lotta alla distrofia Muscolare sez. di
Palermo-Onlus e, infine, l’amore che Toniella dona ai suoi lettori i quali magicamente
si ritrovano - tra miti e leggende - in compagnia di muse e ninfe in un onirico
mondo greco calato in una realtà tutta autoctona e di autentica dimensione
umana.
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