lunedì 11 aprile 2016

Marina Alberghini, "Céline magico" (Ed. Solfanelli)


Presente da sempre nella grande letteratura del Novecento come uno scrittore estremamente realistico fino alla brutalità, e dalla vita avventurosa fatta di sfide continue e affrontata con estrema concretezza, pochi sanno invece che Louis-Ferdinand Céline fu anche vicino ai misteriosi messaggi che ci giungono dall’Altrove. Confesserà infatti che per lui, che possedeva un’immensa riserva di poesia e immaginazione, il quotidiano sarà sempre solo un duro dovere di denuncia: «Io sono celtico, prima di tutto SOGNATORE BARDICO — è veramente là il mio dono — io l’ho piegato al realismo per odio verso la crudeltà degli uomini — per il gusto della lotta — ma in realtà la mia musica è la leggenda.»
     E in effetti Céline fu profetico e visionario come i Druidi ed ebbe molte esperienze di precognizione. Il suo rifugio contro gli orrori del mondo contingente, che la sua penna denunciava spietatamente, sarà quella che chiamava la “féerie”, il mondo di Entità e di Archetipi mitici, che per lui furono la Danza, la Musica, la Leggenda e il Mito, i Castelli, l’Arte, i Gatti, i Fantasmi. Là dove regnano l’extrasensoriale e il paranormale, il mondo di quelle vibrazioni che lo scrittore chiamava le “onde”, dalle quali confessava gli arrivasse il suo dire, e al quale hanno accesso solo pochi privilegiati, come gli artisti, i sensitivi, i mistici. Come celtico, si sentì sempre figlio di quel Paese favoloso, nelle cui foreste occhieggiano creature come gli elfi, i folletti e le fate. Non a caso infatti Céline amò particolarmente Hieronymus Bosch, il Mago della Visione.
     Un Céline visionario e inedito, dunque, e che non è meno interessante e intrigante dell’altro Céline, l’uomo che sfidò e denunciò il Potere con una penna simile ad una spada, fino a restarne stritolato.

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