di Pierfranco Bruni
I
cantautori, proprio nel momento di crisi del linguaggio e delle
neo-sperimentazioni, recuperano la lingua dando senso alla Parola e portano
dentro il testo le esperienze letterarie. Dante, come più volte affermato nei
miei studi dal 1978 in
poi, costituisce la chiave di lettura tra le forme le metafore e una metafisica
del senso.
Miriam
Katiaka nel suo bel testo “Dante nei cantautori italiani”, (con elegante
copertina di Maria Zanoni e pubblicato da CSR, farà da apripista a un convegno
su “Canzone d’autore, poesia e Dante” a maggio a Catania) ha scavato nei linguaggi
di quei cantautori che hanno fatto della parola un luogo dell'essere e mai una
dimensione ideologica.
Le lingue di De André, le ironie di Paolo Conte, gli Orienti di Battiato (ma non
trascura tutto il filone che va da "Volare" sino alla grande maestria
di Skoll o alle ballate del tradizionalismo che lega Dante a Guininzelli e
Cavalcanti a Poliziano e Dante a Ungaretti alla canzone francese) vivono in
questo splendido originale unico lavoro della Katiaka, una vera e profonda
studiosa del legame tra Dante e la canzone del Novecento in un filtro che è
quello di Salvatore di Giacomo.
Conosco da anni la Katiaka e so che con molta scientificità è
riuscita a penetrare tra i testi dei cantautori creando dei forti legami con
Dante. Non soltanto il Dante della “Divina Commedia”, ormai analisi fatta e
rifatta, ma il Dante delle “Rime” e di quelle “sparse” e il Dante della “Vita
Nova” e anche in un gioco di linguaggio, come abbiamo cercato di fare con la
brava Annarita Miglietta in una Cartella Studio, con il “De Vulgare
Eloquentia”.
È la “Vita Nova”, comunque, che si presta ad una
interpretazione articolata con cantautori come De André o come addirittura
Bruno Lauzi. Non siamo alla consueta navigata nel mondo dell’ulissismo dantesco
o omerico, che va da Lucio Dalla a Guccini, ma ad una interpretazione che tocca
persino Biagio Antonacci, il cantautore che sa di “orchestare” il suo verso in
un intreccio tra Tibullo e Catullo (operazione ben riuscita) e attraversa
Sergio Cammarieri, il cui incontro,
sotto la lezione di Tenco, è ben definita su un viaggio omerico come d’altronde
è leggibile nel futurista Vinicio Capossela.
Miriam Katiaka porta alla luce un lavoro ben
confezionato, sul quale ci siamo spesso confrontati in diversi convegni, sul
rapporto proprio su canzone d’autore e letteratura partendo da una
presentazione del testo “Volammo davvero” (Rizzoli) dove c’è un mio capitolo
sul legame tra De André e Pavese, e in quell’occasione la Katiaka “improvvisò” un
intervento splendido leggendo De André con le parole incrociate tra la “Commedia” e le “Rime
sparse” di Dante.
Ma parlare di Dante e delle diverse lingue di Dante
dentro il Novecento musicale significa partire dalla canzone degli anni Trenta.
Si pensi alla Nilla Pizzi di “Grazie dei fiori” e poi si vada a scavare nelle
“Rime sparse” di Dante per approfondire il connubio “amoroso” e medievale in
una melodia che giunge sino alle ballate veneziane barocche.
Dante viene filtrato e citato non solo per Paolo e
Francesca e l’ulissismo, ma per quel suo mondo esoterico e alchemico che trova
in Battiato un impatto notevole come lo trova nei canti della “Compagnia degli
Anelli” e di Skoll. Ma anche nel testo recitato – cantato di Manlio Sgalambro
(con Battiato) si legge il legame tra Dante e Baudelaire proprio nella metafora
del viaggio che è il viaggio – viaggiare nel sacro di Branduardi.
Ebbene, credo che sia un testo di base (mi onoro di
aver curato la Prefazione )
questo della Katiaka e dal quale non si può prescindere e tanto meno si possono
improvvisare conferenze tra Dante e i cantautori senza prima averlo almeno consultato.
Un tema straordinario che soltanto con la professionalità è possibile
penetrare.
Buongiorno, dove si puo' acquistare il libro della Katiaka?
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