di Luca Fumagalli
Considerato da molti il romanzo storico più bello di Robert Hugh Benson,Con quale autorità? (By What Authority?, 1904) vanta una trama avvincente e ricca di colpi di scena a cui si assomma un’ottima caratterizzazione dei protagonisti e una singolare capacità di analizzare le diverse passioni religiose e politiche in campo. Accanto ai tradizionali personaggi come Maria Stuart, Edmund Campion e John Felton – impiccato per aver affisso la Bolla di scomunica di Elisabetta alla porta del palazzo vescovile di Londra – fanno la loro comparsa i veri eroi della storia inglese, gli uomini e le donne che, nonostante le violenze e il regime di terrore imposto dai protestanti, seppero fare della loro fede un ideale così alto da affrontare persino la morte pur di non tradire Cristo e la Chiesa.
Il libro, ambientato nell’Inghilterra elisabettiana, racconta la storia di due famiglie, quella cattolica dei Maxwell e quella calvinista dei Norris, vicine di casa nel piccolo villaggio di Great Keynes. Nonostante la rigida educazione calvinista impartita loro dal padre, Anthony Norris e la sorella Isabel si convertono al cattolicesimo; più tardi il ragazzo è ordinato sacerdote. Dopo essere stati testimoni delle prime persecuzioni – di cui è vittima anche il giovane James Maxwell, tornato in Inghilterra dopo aver preso i voti nel continente – i due Norris si trovano presto costretti a sfuggire dalle guardie che sono ormai sulle loro tracce.
L’autorità, come ricorda il titolo del romanzo (che cita Mt. 21, 23), è il problema centrale attorno a cui si muovono i numerosi protagonisti, preoccupati innanzitutto di trovare un punto fermo all’interno di una parentesi storica mai tanto convulsa. Scegliere tra Elisabetta e il papa non è sempre facile: se i cattolici più intransigenti organizzano una ribellione armata – con esiti purtroppo drammatici – c’è anche chi, come Hubert Maxwell, fratello di James ed ex fidanzato di Isabel, giunge al punto di abbracciare il protestantesimo, inebriato dalle scorrerie piratesche condotte a fianco del carismatico Drake. Alla fine di questa aspra contesa è ancora una volta la regina, una Tudor, a trionfare, anche se la vittoria è ottenuta al prezzo del sangue di numerosi innocenti.
Benson ritrae Elisabetta come una creatura altera e spietata, ma mai realmente antipatica. L’aspetto fisico non sempre impeccabile e la sgraziata danza contribuiscono a dare caratura umana a un personaggio che, seppur manifestatamente antagonista, non si può definire totalmente malvagio. L’autore vede specchiarsi in lei tanto i pregi quanto i difetti dell’Inghilterra.
Maria Stuart funge invece da controparte benevola, è il simbolo della sovrana ideale, fedele a Roma e generosamente disposta ad accogliere con fiducia ciò che Dio ha in serbo per lei. Manca però della concretezza della cugina, della capacità di fare del bieco tornaconto politico un’opportunità per guadagnare spazi sempre più grandi di potere. Inutile dire che la sua ingenuità le sarà fatale.
Con quale autorità? – che con Il trionfo del re e Vieni ruota! Vieni forca!costituisce una sorta di trilogia dedicata ai martiri della Riforma – è dunque l’affresco eloquente di un’apostasia ormai maturata su scala nazionale, alimentata dagli egoismi dell’aristocrazia e dalla connivenza conformista di buona parte del popolo (più o meno in buona fede). L’anglicanesimo è diventato la religione della maggior parte degli inglesi, e per i cattolici c’è solo la via del patibolo, dell’esilio o della clandestinità.
L’Inghilterra del XVI secolo, nelle tinte fosche usate da Benson, è la sinistra anticipazione dell’apocalittica società del futuro descritta ne Il padrone del mondo.
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