di Maria Patrizia Allotta
La storia d’amore, per esempio, di Veronica Palermo
e di Giorgio Emanuele Di Giovanni - romanzata magistralmente da Francesca
Buzzotta nella sua prima opera dal titolo La
certezza dell’immortalità, edita dalla casa editrice L’Erudita - per la sua
esclusività ha mantenuto intatto il suo significato, il suo senso, la sua
ragion d’essere.
Le vicende dei due amanti si snodano attraverso
precise coordinate spazio-temporali caratterizzate da ambientazioni tipicamente
mediterranee appartenenti, più precisamente, alla realtà storica della Sicilia
contadina dell’Unità d’Italia che vede nella piana Archiepiscopatus Montis
Regalis e, soprattutto, presso la Quercia dei viceré il naturale palcoscenico
dell’agire dei protagonisti i quali pur muovendosi in una dimensione soggettiva,
personale, intima, danno vita ad un tappeto musivo sociale e collettivo che
inevitabilmente riconduce ora all’esclusiva ricchezza etno-antropologica - fatta d’intimi affetti, riti bizantini,
splendidi usi, rari costumi, sacre credenze - di quella che fu dell’attuale
Piana dei Greci, attuale Piana degli Albanesi, ora allo squallore, alla
meschinità e alla grettezza di una porzione di quella umanità che essendo presa
da una visione paralizzante della vita spende l’intera esistenza tra, rancori e
invidia, violenza e odio, dolore e morte.
Infatti, l’Autrice - che appare totalmente disinteressata
dall’abbaglio delle voghe dotte ma artefatte, distante dalla furbizia degli
infingimenti letterari e lontana da ogni sagoma d’intimismo fine a sé stesso -
attraverso un linguaggio chiaro e immediato, sostanzialmente semplice ma
incisivo, libero da costrutti baroccheggianti, da banali
concessioni alla ridondanza e dall’effimera arte retorica, supportato, invece,
da ricerche oggettivamente attendibili ed esplicative che illuminano la storia
e la rendono verace, nel raccontare l’odissea di Nica e Giorgio dà vita a un
nobilissimo chiaroscuro dove lucentezza e tenebre, gioie e dolori, evocazioni e
Mistero, vita e morte si alternano in una visione totalizzante capace di
echeggiare non solo infiniti spazi e interminabili tempi ma anche - al di là
dell’odio - la forza prorompente dell’amore che in quanto tale se “tenuto
costantemente accesso conduce con certezza all’immortalità”.
E in effetti, è tra le nobili figure
femminili e le umili e oneste popolane, tra le autentiche arbërëshe e le
volgari comari, tra proprietari e contadini, ricchi e poveri, signori e delinquenti,
galantuomini e mafiosi, che nasce, accresce e trionfa un’indicibile passione tra
Nica e Giorgio, due anime essenzialmente diverse ma rese identiche da quel prodigioso
pneuma vitale che solo il vero bene può sostanziare.
Nica -
appartenente ad una modesta famiglia di braccianti, bella e giovane, vigorosa e
libera, esuberante ed istintiva “ (…) testarda
come un mulo e scalpitante come una puledra”, educata ai veri valori
esistenziali e naturalmente protesa verso le alte virtù - senza neppure
volerlo, con la sua semplice e naturale armonia rapisce Giorgio - figlio del
padrone di una azienda agricola, nobile, maturo, possente, conoscitore della
differenza tra le effimere attrazioni fisiche e le durature passioni affettive,
ardito e coraggioso - il quale, libero da ogni inutile pregiudizio sociale e svincolato
da ogni paralizzante stereotipo collettivo, si perde in quell’amore tanto difficile
e complesso quanto necessario e insostituibile che neanche la morte potrà annullare.
E in effetti, dopo mille vicissitudini, Giorgio
muore per mano mafiosa ma nulla cambia per Nica perché “ (…) quando due esseri,
due persone, si sono amati profondamente, al punto da far coincidere la propria
sfera affettiva - la percezione delle
sensazioni e delle emozioni è così amplificata che provano dolore e gioia
insieme, la lontananza è vissuta come un abbandono e sentono che nessuno potrà
dargli mai quelle emozioni che hanno provato l’un l’altro - con quella sensuale l’esplosione millimetrica dei
loro corpi coinvolge tutti e cinque i sensi, vivono dell’odore della pelle del
partner, e del suo fiato per respirare, allora
nella coppia c’è Alchimia”, e l’Alchimia come ápeiron rimane in eterno
nei cuori autenticamente innamorati.
Ciò
che è giusto sottolineare è che la straordinarietà della famiglia Di Giovanni
coincide con la straordinarietà della Scrittrice palermitana la quale, presa
dalla voglia di raccontare le vicissitudini personali di una sua antenata, non
soltanto riferisce il tormento di due anime esclusive ed inseparabili quali
quelle di Nica e Giorgio ma, in buona sostanza, espone le vicende politiche ed
economiche di quell’Italia meridionale tormentata e mortificata allor quando, nonostante
gli audaci ma
rari atteggiamenti libertari e rivoluzionari, di fatto, i “puvireddi arristaru
puvireddi”.
Ma non è tutto.
La
dimensione pedagogica - sottile ma costantemente presente nelle 163 pagine che compongono il testo - oltre ad inneggiare il
valore assoluto dell’amore celebrato come unica vera arma per sconfiggere ogni
male, si muove anche in altre direzioni.
Infatti, l’enunciazione educativa di stampo
platonico circa l’immortalità dell’anima;
la rivalutazione dell’insegnamento oraziano del carpe diem ovvero del “sapere cogliere l’attimo, vivere quel
momento, intensamente, senza pensare al dopo”; l’edificante sapienza eraclitea della
“lotta per una giusta causa” e del “prendere di più da sé stessi”, senza mai
arrendersi e senza mai scendere a patti e compromessi con nessuno; l’addottrinamento
filosofico a discapito di ogni forma di volgarità, scetticismo e nichilismo
tanto caro a Nietzsche, secondo il quale “Chi ha un perché per vivere sopporta
ogni come”; e ancora, la teoria leopardiana circa l’importanza delle
rimembranze, dei ricordi, delle memorie che reggono e inteneriscono lo spirito
e, infine, l’insuperabile lezione di vita di Haidegger che si concentra nel
“dover esserci lasciando un segno ai
posteri”, sono tutte istanze pedagogiche presenti all’interno del libro che
rappresenta un prezioso dono per le nuove generazioni ormai lontane, purtroppo,
da certi valori esistenziali.
Francesca Buzzotta, dunque, grazie a Nica e
Giorgio, attraverso l’edificante parola scritta, viva e autentica, forse inconsapevolmente,
combatte il nichilismo, celebra la dignità, festeggia la memoria, proclama la
libertà, inneggia l’amore e lascia un segno con il suo esserci.
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