di Domenico Bonvegna
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Cervellera dal 1986, ogni giorno riporta notizie, approfondimenti e
interviste sul continente più popoloso e complesso del mondo. Con una
attenzione privilegiata alla Cina. L'Agenzia del Pime pubblica un mensile
cartaceo, dove in ogni numero, alla fine dedica una sezione all'immenso popolo
cinese:“Cina Oggi”. In quello dello scorso aprile (n. 299) riporta una
discussione nata su un blogger“China Source”, dove si ponevano domande
se conveniva ai cristiani iscriversi al partito comunista, visto che si aprono
prospettive di lavoro e di protezione nella società. Alla discussione hanno
partecipato anche i giovani della Lega comunista. Il Comitato centrale della
Lega ha risposto che i membri del Partito comunista non possono credere in una
religione e devono dedicare tutta la loro vita alla realizzazione del
comunismo. Peraltro nel Capitolo uno, art. 3, della Costituzione del Partito
comunista cinese, a proposito dei doveri dei membri del Partito, si dichiara:“Essi
devono studiare in modo coscienzioso il marxismo-leninismo, il pensiero di Mao
Zedong, la teoria di Deng Xiaoping [...]”. Chissà se i membri del Partito
hanno studiato anche quello che negli anni 1958-1962, per colpa della politica
agraria voluta dal grande Timoniere, ha causato una terribile carestia, che in
soli quattro anni portò alla morte almeno trenta milioni di persone.
Uno studioso e giornalista inglese corrispondente da Pechino per il Guardian,
Jasper Becker, sulla base di centinaia di interviste e documenti
inediti ha prodotto un libro, “La rivoluzione della fame. Cina 1958-1962:
la carestia segreta”, pubblicato da Il Saggiatore (1998)
dove dimostra come il “Grande Balzo” in avanti voluto da Mao Tse-tung, invece
di portare il primo paradiso comunista in terra, ha fatto morire milioni di
contadini, mentre i sopravvissuti erano ridotti a scheletri, costretti a
cibarsi di erba e cortecce.
“Attraverso il vivido racconto di testimoni oculari, l'autore descrive
come schiavitù, terrore, cannibalismo, tortura e prigionia fossero fenomeni di
ordinaria amministrazione in tutta la Cina”. Talaltro, questa enorme
massacro, venne occultato dai vari funzionari di ogni livello, per timore di
rappresaglie da parte di Mao. Ancora oggi, il governo cinese non ha
riconosciuto ufficialmente, i fatti del 1958-1962.
Come e perché avvenne un disastro del genere?Di chi fu la colpa? Come è
stato possibile mantenere segreto un simile fatto, per così tanto tempo? Nel
libro di Becker c'è il tentativo di rispondere a queste domande.
Prima di passare a raccontare la grande carestia cinese, serve una
puntualizzazione. Solitamente quando si scrive delle vittime del comunismo, si
conteggiano solo quelle operate da violenze e delitti perpetrati da elementi
comunisti, mentre non si conteggiano le varie carestie e morti per fame, come
in questi anni in Cina o quelli dell'Holodomor,
una carestia gigantesca, causata da Stalin in Ucraina nel 1932-33. E' un errore
che fa perfino “Il Libro Nero del Comunismo”, di Stephane
Courtois, sostenendo che le vittime del comunismo in tutto sono 85 milioni.
Le principali vittime della grande carestia in Cina sono stati i
contadini, che a differenza degli intellettuali, non scrivono libri, né
realizzano film e raramente hanno la possibilità di parlare con chi viene da
fuori.
Il testo di Becker inizia con una intervista del 1994, a una donna di
sessantacinque anni, Liu Xiaohua, che ricorda benissimo i fatti
del 1960, che riguardano un piccolo villaggio della Contea di Guangshan.“Sul
sentiero fangoso che partiva dal villaggio, decine di cadaveri giacevano
insepolti. Altri erano nei campi desolati e, tra i morti, i sopravvissuti
avanzavano carponi, lenti, in cerca di semi da mangiare. Nei pressi dei stagni
e fossi uomini e donne immersi nel fango cercavano rane e tentavano di
raccolgiere le erbe selvatiche”. La gente moriva senza emettere un lamento,
“i cadaveri giacevano dove morivano, nessuno aveva la forza di seppellirli”.
In un silenzio innaturale, l'anziana donna ricorda: “Il bestiame era morto,
i cani erano stati tutti mangiati. Da tempo polli e anatre erano stati
confiscati dal partito comunista al posto delle tasse sul frumento. Sugli
alberi non era rimasto un solo uccello; anche le foglie e la corteccia erano
state strappate. Di notte non si udivano più nemmeno topi o ratti, morti di
fame o divorati anch'essi dagli abitanti del villaggio”. Per la signora
Liu, ciò che le mancava di più era il pianto dei neonati. Ormai nessuna donna
riusciva a portare a termine una gravidanza. Capita anche oggi nella nostra
povera Europa, ma per motivi completamente opposti.
Nel villaggio le guardie comuniste, avevano requisito tutto, finestre,
porte, bruciate nei forni per produrre acciaio. Le coperte venivano date alla
comune, era proibito accendere fuochi, non si poteva cucinare in casa, teglie e
padelle erano state sequestrate e fuse per ottenere acciaio. Chi veniva
scoperto di cucinare in casa, veniva picchiato selvaggiamente. Soltanto nella cucina
collettiva, tra un litigio e l'altro, si poteva andare a
prendere una razione di minestra, “un intruglio acquoso in cui i cuochi
avevano gettato foglie di patate dolci e rape, gambi macinati di granoturco,
erbe selvatiche e quant'altro i contadini fossero riusciti a raccogliere”.
Ad essere eliminati secondo il giornalista inglese, sono le famiglie dei
contadini benestanti: a questi toccavano le razioni più scarse. Poi veniva il
gruppo di chi era troppo debole per lavorare, e a questi non si dava nulla. La
signora ricorda le continue e spasmodiche ricerche delle guardie del grano
nascosto. I funzionari del partito andavano di capanna in capanna, per trovare
il grano, che secondo loro i contadini nascondevano, ispezionavano tutto, il
tetto, le pareti, il pavimento.
Liu racconta anche particolari come alcuni suoi vicini andavano nei campi
alla ricerca di pezzi di carne di cadaveri da mangiare.
Sostanzialmente il libro di Becker racconta tutto quello che è successo
in tanti altri milioni di villaggi come questo della Contea di Guangshan.
“Il cannibalismo - scrive l' autore
- era così diffuso nelle campagne che tutte le persone intervistate
affermano di avere assistito a episodi del genere”. Padri mangiarono figli
e poi dimenticarono di averlo fatto. Altri genitori li mangiarono e poi si
uccisero per il dolore. Solo alcuni vennero arrestati e fucilati per
cannibalismo. La gente moriva come mosche. E il peggio non era ancora arrivato.
Dopo i primi allarmanti rapporti, funzionari diligenti decisero che il problema
non esisteva e che la colpa era tutta dei contadini che nascondevano il grano.
Ogni casa fu perquisita e le ultime riserve furono confiscate come prova dell'
accaparramento. E quel mare di vittime? Tutti morti per cause naturali. Un'
inchiesta che risale agli anni ' 80 approdò a qualcosa anche se molti dei
documenti sulla carestia erano andati distrutti fra il 1966 e il 1976, gli anni
della rivoluzione culturale.
Ma ora
il partito non ha intenzione di fare luce su quel periodo. Ai pechinesi e
shanghaiesi la cui razione quotidiana era solo di 500 grammi di riso la stampa
ufficiale raccontò di ' penurie' . La colpa fu data al cattivo tempo e agli
obblighi verso l'Urss. In realtà forse mai come allora il tempo fu clemente e i
sovietici furono sorpresi di tanta solerzia nella restituzione dei debiti.
Tutti
i leader cinesi del partito avevano studiato in Russia durante il periodo
del “comunismo di guerra”, e conoscevano la gravissima carestia provocata da
Lenin, per le frettolose collettivizzazioni. I comunisti cinesi non volevano
fare la stessa fine dei compagni sovietici. I moderati cercavano di convincere
Mao a non andare in fondo con la collettivizzazione, ma questi perse la
pazienza con gli scettici che si comportavano “come vecchiette con i piedi
fasciati” e diede il via al “Piccolo balzo in avanti”, costringendo i
contadini ad entrare nelle “cooperative agricole elementari”, superando quelle
della Russia. “Mao ripeteva la condanna di Stalin del piccolo proprietario
agricolo definito 'intrinsecamente capitalista': circa quattrocento
milioni di contadini cinesi vennero costretti con la forza a entrare in una
delle 752mila fattorie collettive”.
In
pratica i contadini furono costretti a mettere in comune animali da tiro,
attrezzi da lavoro, sementi, e a lavorare sotto l'occhio vigile del segretario
del partito. I metodi erano uguali a quelli utilizzati in Unione Sovietica. Mao
sosteneva che “abolendo il piccolo proprietario agricolo la Cina avrebbe
potuto sottrarsi alla costante carenza di generi alimentari”. Così per
migliaia di anni i contadini, le loro famiglie, avevano prodotto su base
individuale, ora venivano costretti a lavorare per il collettivo.
Praticamente
“il Partito sferrò – scrive Becker – un duro attacco contro ogni aspetto
della vita contadina nel tentativo di creare una società nuova”. Si operò
una svolta antropologica, si chiusero templi, monasteri, si introdusse il
passaporto interno, si sono distrutti perfino i cimiteri, sono stati arati per
farne preziosi terreni agricoli.
Mao
era convinto di realizzare per primo il comunismo e la scomparsa dello Stato, e
soprattutto di superare i compagni comunisti russi. “I leader cinesi
parlavano come se mancassero solo tre o quattro anni”, per la realizzazione
di questo sogno.
In
questo periodo si scatenarono in tutta la Cina una ondata di aspettative che
sfiorarono l'isteria collettiva. Il Partito favorì la nascita del culto della
personalità intorno a Mao, che veniva considerato come una sorta di semidio.
Grazie a lui, la Cina sarebbe diventata il regno dell'abbondanza. C'era uno
straordinario ottimismo che “si basava sulla fondamentale ignoranza di Mao
della scienza moderna”. Mao che aveva studiato personaggi come Pavlov,
Lysenko e altri, si convinse della veridicità dei loro risultati scientifici.
Mao credeva che “la scienza moderna poteva trasformare la vita di milioni di
contadini ignoranti, sprofondati in un pantano secolare di superstizioni
feudali”. E per fare questo non si poteva aspettare, bisognava fare piazza
pulita delle credenze popolari. “Mao – scrive il giornalista inglese – sostituì
tali credenze con una pseudoscienza, un delirio di fantasia che la vera scienza
non poteva certo riconoscere[...]”. Nel 4 capitolo, Becker traccia i vari
passaggi di come i contadini dovevano trasformare l'agricoltura cinese, che poi
li portò a morire di fame.
Nella
seconda parte del libro viene descritta nei particolari, la grande fame,
la grande carestia, un avvenimento unico nella storia cinese. “Per la prima
volta tutti i villaggi in questo immenso Paese conobbero la fame”. In
pratica tutti i contadini, la popolazione rurale, oltre 500 milioni erano sotto
il controllo delle Comuni, una “nuova e bizzarra forma di organizzazione che
costituiva il quadro istituzionale del Grande balzo in avanti. Mao e compagni
si vantavano che le comuni erano la porta del paradiso [...]”. Addirittura
un poeta,“Kang Sheng compose diverse brevi canzoni che i contadini dovevano
ripetere[...]”. Ben presto però i contadini, “finirono per considerare
le comuni una sorta di luogo del terrore”. In pratica si lavorava in continuazione
addirittura, c'erano “le truppe d'assalto”, che lavoravano ventiquattrore di
seguito. La famiglia era una istituzione che doveva essere distrutta, adesso la
famiglia dei cinesi è la comune del popolo. I contadini furono costretti a
cedere tutto, ogni loro oggetto personale, addirittura anche “gli escrementi
dei contadini divennero proprietà della comunità. Nelle comuni le latrine
pubbliche sostituirono quelle private poiché le feci andavano utilizzate per i
campi di proprietà comune”. Il Partito aveva intenzione di abolire il
denaro, con un sistema di equa distribuzione delle ricchezze. Ma i contadini
ben presto capirono che non c'era nessun incentivo a lavorare, a curare i campi
o gli animali, in quanto il frutto del proprio lavoro sarebbe stato in ogni
caso loro sottratto. Inoltre il libro dà conto dei campi di detenzione,
dove venivano rinchiusi per essere rieducati i prigionieri politici, gli
intellettuali. E qui Becker cita spesso il dissidente cinese Harry Wu,
scomparso l'anno scorso in America in circostanze misteriose. A distanza di
tempo si sospetta che sia stato eliminato perchè scomodo. E’ quello che pensano
i dirigenti della Laogai Research Foundation Italia, a cominciare
dal suo presidente Tony Brandi e dal direttore, Gianni-Taeshin Da Valle. Lo
hanno apertamente dichiarato in una conferenza stampa alla Camera dei deputati
e in un’affollata assemblea alla Casa del cinema di Roma, a Villa Borghese,con
la proiezione di un film documentario Free China: il coraggio di
credere, quella degli orrori,delle violenze sugli esseri umani (i laogai, la
politica sul figlio unico, la persecuzione delle minoranze etniche e religiose
ecc).
Harry Wu un uomo combattivo e scomodo aveva fondato l'associazione internazionale la “Laogai Research Foundation”, avendo subito una detenzione nei lager cinesi di 19 anni, ha raccontato la sua terribile esperienza pubblicando libri, conosciuti anche in Italia. Si vede che anche da lontano gli oppositori politici del capitalcomunismo cinese continuano a dare fastidio.
Harry Wu un uomo combattivo e scomodo aveva fondato l'associazione internazionale la “Laogai Research Foundation”, avendo subito una detenzione nei lager cinesi di 19 anni, ha raccontato la sua terribile esperienza pubblicando libri, conosciuti anche in Italia. Si vede che anche da lontano gli oppositori politici del capitalcomunismo cinese continuano a dare fastidio.
Mentre
è ancora fresca la notizia della scomparsa il 13 luglio scorso di Liu
Xiaobo l’attivista democratico e
premio Nobel per la Pace 2010, primo firmatario dell’appello manifesto ‘Charta
08’ per i diritti umani e la libertà di espressione.
Mi fermo, ma sarebbe importante continuare, per ora rinvio alla lettura del documentato testo dello studioso inglese.
Mi fermo, ma sarebbe importante continuare, per ora rinvio alla lettura del documentato testo dello studioso inglese.
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