L'attualità della difesa
della libertà religiosa
di Domenico Bonvegna
Il tema delle
persecuzioni religiose soprattutto nei confronti dei cristiani, richiama quello
fondamentale della libertà religiosa, che deve diventare libertà
realizzata, posta a capo della scala dei diritti fondamentali, senza questa
libertà, tutta la scala è destinata a crollare. La libertà di fedi e di culture
e politica non è minacciata solo nei Paesi dittatoriali o in quelli
a maggioranza musulmana, ma anche nelle società democratiche, plurali.
Pertanto la libertà religiosa e culturale si presenta come la più sensibile
cartina di tornasole del grado di civiltà delle nostre società odierne.
L'attualità del
tema è stato affrontato qualche anno fa dal cardinale Angelo Scola, in
occasione di un discorso rivolto alla città di Milano per la festa di
Sant'Ambrogio e in particolare anche per 1700 anni del cosiddetto “Editto
di Milano”. Ne è nato un agile libretto pubblicato da Rizzoli nel 2013, col
titolo: “Non dimentichiamoci di Dio”, sottotitolo: “Libertà di
fedi, di culture e politica”. “La questione della libertà
religiosa, - scrive il cardinale nella prefazione- intimamente connessa
a quella della libertà di coscienza, si rivela oggi cruciale oltre che per lo
sviluppo delle società occidentali, anche per l'evoluzione pacifica del loro
rapporto con l'Asia, l'Africa e l'America Latina”.
Per il cardinale
Scola il XVII centenario dell'Editto di Milano è un'occasione per riflettere in
questo mondo tanto travagliato e complesso. Dopo la persecuzione dei cristiani
da parte degli imperatori romani, arriva la svolta di Licino e Costantino.
L'Editto di Milano del 313, in realtà, rappresenta una svolta epocale,
perchè segna l'initium libertatis dell'uomo moderno,“l'alba della
libertà religiosa”,“pur nei limiti oggettivi della mentalità del tempo”. Naturalmente
perché questa libertà non apparisse un privilegio solo per i cristiani, fu
riconosciuta a tutti indistintamente. Così che Eusebio da Cesarea poteva
scrivere che, “tutti gli uomini furono quindi liberati dalle angherie dei
tiranni e, sollevati dai mali del tempo...”.
Anche se
l'Editto, per certi versi, rappresenta un “inizio mancato”, “gli avvenimenti
che seguirono, infatti, aprirono una storia lunga e travagliata”, scrive il
cardinale Scola. ”Nel rapporto tra Stato e Chiesa insorsero presto due
tentazioni reciproche: per lo Stato quella di usare la Chiesa come instrumentum
regni e per la Chiesa quella di utilizzare lo Stato come instrumentum
salvationis”.
Il cardinale nel
libro ripercorre per sommi capi, il cammino travagliato della libertà
religiosa, fino al Concilio Vaticano II, a San Giovanni Paolo II a papa
Benedetto XVI.
Il testo si
sofferma sui “nodi” della questione, facendo riferimento sia alle società
occidentali che a quelle dove la libertà religiosa e culturale sono violate.
Interessanti le
indicazioni storiche come quelle riguardanti il Medioevo, le tesi di San Tommaso e poi la cosiddetta Riforma
Protestante, che paradossalmente ha portato al soggiogamento della
religione nei confronti del potere statale. Infatti per Scola, il
Protestantesimo,“Lungi dal favorire una ripresa della 'libertà religiosa',
conduce a un irrigidimento della commistione tra potere politico e potere
religioso che sfocerà nelle guerre di religione”.
Prima della Dignitatis
humanae, fa riferimento al Magistero di Pio VI, Gregorio XVI, Pio IX
e Leone XIII. Questi Papi, seguendo la lettura del teologo spagnolo Del Pozo,
anche se “si opposero al laicismo, alla proclamazione dell'autonomia
dell'individuo e della società in relazione a Dio e alla sua Chiesa. Ma non
negarono la libertà di cui deve godere l'uomo di fronte allo Stato per cercare
la verità su Dio[...]”.
Pertanto con la
dichiarazione conciliare, la Dignitatis humanae, si trasferisce il tema
della libertà religiosa dalla nozione di verità a quella dei diritti della
persona umana. Se l'errore non ha diritti, una persona ha dei diritti anche
quando sbaglia. Chiaramente non si tratta di un diritto al cospetto di Dio; è
un diritto rispetto ad altre persone, alla comunità e allo Stato”.
Il cardinale si
sofferma sul magistero di San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, in particolare
di quest'ultimo riporta le parole del 2005 in riguardo al discorso sulla
corretta ermeneutica del Concilio Vaticano II, qui Papa Ratzinger tra l'altro
scrive, la Chiesa, oltre a trovarsi in sintonia con l'insegnamento di Gesù
stesso, si trova con quello dei“Martiri, con i martiri di tutti i tempi. La
Chiesa antica, con naturalezza, ha pregato per gli imperatori e per i
responsabili politici considerando questo un suo dovere (cfr. 1 Tm 2,2); ma,
mentre pregava per gli imperatori, ha invece rifiutato di adorarli, e con ciò
ha respinto chiaramente la religione di Stato. I martiri della Chiesa primitiva
sono morti per la loro fede in quel Dio che si era rivelato in Gesù Cristo, e
proprio così sono morti anche per la libertà di coscienza e per la libertà di
professione della propria fede- una professione che da nessuno Stato può essere
imposta [...]”.
Al 4° capitolo
il cardinale si occupa della persecuzione violenta su base religiosa in diversi
Paesi del mondo, affermando che “parlare oggi di libertà religiosa significa
affrontare un'emergenza che va sempre più assumendo un carattere globale”. Monsignor
Scola auspica che nei Paesi dove prevale la religione di Stato, dove ancora
non si è scoperto il valore dell'aconfessionalità dello Stato, si cominci a
promuovere e a incoraggiare il pluralismo religioso e l'apertura a tutte le
espressioni religiose, cominciando con l'abrogare le leggi che puniscono anche
penalmente la blasfemia”. Come in Pakistan, dove la povera Asia Bibi ancora
marcisce in carcere duro.
Il cardinale nel
suo studio, cita l'associazione Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS),
che ogni anno stila un Rapporto sull'enorme quantità di violazione dei
diritti umani e della libertà religiosa nel mondo. Inoltre il testo affronta
altre questioni legate sempre alla libertà religiosa, come quelle del
cosiddetto Stato laico e neutrale, di fronte alle opzioni
religiose. In particolare monsignor Scola si riferisce al modello francese
della laicitè, che spesso impone vincoli alla religione e nello stesso
tempo fa aumentare i conflitti sia religiosi che sociali. Un altro nodo da
affrontare è quello del giudizio morale sulle leggi che questi Stati applicano.
Infine il cardinale auspica una sana laicità dello Stato, o “aconfessionalità”
effettiva, “in cui lo Stato non faccia propria nessuna delle identità
culturali, degli interessi, delle aspettative dei soggetti che abitano la
società, ma invece apra e renda equamente praticabile a tutti i soggetti civili
lo spazio pubblico del confronto e della deliberazione”. E qui Scola tende
per la soluzione “anglosassone”, in particolare quella americana, dove le
diverse identità entrano in comunicazione in una leale dialettica di riconoscimento
e anche di competizione, regolata dal potere pubblico.
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