di Antonio Livi
La funzione ecclesiale della teologia – come spiego e dimostro nel mio trattato su Vera e falsa teologia – consiste sempre e soltanto nel proporre delle ipotesi di interpretazione razionale del dogma, ossia dei contenuti della fede che la Chiesa cattolica professa e insegna con il carisma dell’infallibilità. Invece, da ormai molti anni (dai tempi del concilio ecumenico Vaticano II) la teologia cattolica, inficiata di storicismo idealistico, si è messa a copiare la teologia riformata (luterana e calvinista), togliendo all’interpretazione del dogma cristiano le sue essenziali coordinate logiche e metafisiche, e con esse la nozione di verità rivelata, sostituendola con la fenomenologia della coscienza umana e con la dialettica del progresso e delle riforme economico-sociali. Al messaggio divino della Redenzione offerta da Cristo si è andati sostituendo l’illusione dell’umanesimo ateo, che immagina l’uomo di oggi non più bisognoso di salvezza perché ormai capace di trascendersi e di realizzare con le sue forze il Paradiso in terra.
Il modernismo cattolico, che san Pio X aveva condannato definendolo «coacervo di tutte le eresie», ripresentatosi ai tempi di Pio XI come “nouvelle théologie”, ha finito per dominare gli ambienti ecclesiastici dopo il Vaticano II, approfittando del fatto che il papa Giovanni XXIII aveva deciso che la Chiesa non dovesse più condannare le eresie quando proponeva il dogma cattolico, il quale andava invece riformulato in modo positivo e con un linguaggio accettabile per l’uomo moderno. Sicché questa falsa teologia (che non ha la dignità e la coerenza che dovrebbe avere la “scienza della fede” ma scade sempre di più al livello dell’ideologia politica), ha penetrato progressivamente anche il linguaggio del magistero ecclesiastico (non più sobrio e dottrinale, ma sempre più retorico e affettivo) e ha indotto molti vescovi e persino qualche Papa a una prassi pastorale che sembra mirare a un hegeliano “superamento-toglimento” della Tradizione, soprattutto per quanto riguarda i valori autenticamente soprannaturali, sostituiti dai valori meramente naturali, propri dell’umanesimo secolaristico oggi dominante nella cultura occidentale. Inevitabile, di conseguenza, il disorientamento delle coscienze dei comuni fedeli, che non vedono più nei loro Pastori – ormai apertamente divisi sui motivi e sulle finalità delle riforme dottrinali, disciplinari e liturgiche – una guida unanime e coerente. In questo saggio, la situazione nella quale sembra trovarsi oggi la Chiesa cattolica dal punto di vista del rapporto tra pastorale e fedeli viene illustrata con un’accurata documentazione che riguarda principalmente il pontificato di papa Francesco, «il Papa della gente», come lo chiamano i mass media di tutto il mondo e come si intitola il film sulla sua vita recentemente realizzato per la televisione.
Di fronte al gravissimo problema pastorale del disorientamento delle coscienze di tanti cattolici, un credente, laico o sacerdote che sia, non può limitarsi a difendere privatamente la purezza della propria fede (cosa sempre possibile se si ricorre alla dottrina sicura della Chiesa, quella cioè che si trova formulata in maniera dogmatica nei documenti della Tradizione, ben riassunti nel Catechismo della Chiesa Cattolica, assai opportunamente voluto da papa Giovanni Paolo II): un credente deve anche adoperarsi per aiutare gli altri – sia rivolgendosi privatamente ai più vicini, sia utilizzando saggiamente i mass media – a non smarrirsi, a ri-orientarsi continuamente, riuscendo a distinguere i buoni Pastori dai cattivi Pastori, i veri profeti dai falsi profeti, le verità della fede dalle elucubrazioni umane, la sacra teologia da una della tante ideologie che oggi dominano la scena di questo mondo. Danilo Quinto (nato a Bari nel 1956, giornalista e saggista, dirigente per molti anni del Partito Radicale, se ne allontanò dopo la conversione alla fede cattolica), è appunto un credente laico che ha voluto e saputo contribuire a questa benemerita opera di ri-orientamento della coscienza cristiana nel mondo di oggi.
Forte della sua fede ben meditata e approfondita, forte anche delle sue molteplici esperienze umane (in gran parte drammatiche e dolorose) nel mondo del lavoro, della politica e delle lotte ideologiche, Quinto ha prima voluto narrare la sua vicenda autobiografica nel libro-verità intitolato Da servo di Pannella a figlio di Dio (Edizioni di Fede e Cultura, 2012), e successivamente, affrontando proprio gli argomenti di questo libro, ha pubblicato vari saggi-documentari, tra i quali quello intitolato “Ancilla hominis”: la Chiesa è il Corpo Mistico dell’uomo? (Edizoni Radio Spada, 2015). Ho chiamato “saggi-documentari” i libri che Quinto ha scritto per ri-orientare l’opinione pubblica cattolica, perché il loro pregio consiste appunto nel fatto di aver fornito ai lettori una completa documentazione, accurata e commentata, di quei discorsi e di quei gesti sconsiderati di alcuni esponenti della gerarchia ecclesiastica (anche cardinali e anche lo stesso Romano Pontefice) che hanno prodotto il disorientamento pastorale del quale tanto si soffre.
Perché la confusione dottrinale (dogmatica e morale) e l’adozione di una linguaggio e di certe categorie di pensiero che sono proprie dell’umanesimo ateo vanno direttamente contro la funzione apostolica della Chiesa, Corpo mistico di Cristo, che Dio vuole che sia sempre, anche ai nostri giorni, la «luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo» (Vangelo secondo Giovanni, 1, 1), per mezzo della verità soprannaturale che sola può consentire al Magistero di svolgere la funzione di «lumen gentium», che anche il Vaticano II ha riconosciuto essere la sua funzione precipua e per la quale a esso è stato conferito il carisma dell’«infallibilitas in docendo». Questa infallibilità – lo si dovrebbe sapere, ma molti sembrano non saperlo – è garantita dallo Spirito Santo solo quando la funzione di magistero della Chiesa è esercitata con l’intenzione e nelle forme relative all’esposizione razionale di ciò che è contenuto nella divina rivelazione: non è affatto garantita dallo Spirito Santo quando la funzione di magistero della Chiesa è usurpata dai teologi (i quali, ripeto, possono solo interpretare il dogma con ipotesi scientifiche che la Chiesa può accettare o respingere), e nemmeno è garantita dallo Spirito Santo quando la gerarchia sacra rinuncia alla funzione di magistero dogmatico (sempre, necessariamente, collegato a tutta la sacra Tradizione) per lasciarsi andare a escogitazioni umane, di stampo socio-politico o a perorazioni retoriche di riforme istituzionali e di rapporti inter-religiosi dove la fede della Chiesa cattolica viene appositamente messa da parte. Non va dunque contro la fede – e nemmeno contro il rispetto e l’obbedienza che sempre sono dovuti al Papa, chiunque egli sia – la denuncia delle ambiguità nei discorsi e della sconsideratezza delle iniziative di governo che Danilo Quinto fa in questo libro, che solo intende aiutare i propri fratelli nella fede a distinguere il grano dal loglio e a essere sempre e comunque fedeli a Cristo, del quale il papa, chiunque egli sia, è soltanto il Vicario, che deve insegnare, santificare governare in nome di Lui e con la potestà divina di Lui.
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