di Ida Rampolla del Tindaro
Di
solito, quando presento un libro, parto dal titolo, che riassume il significato
dell’opera e le più riposte intenzioni dell’autore. In questo caso, il titolo
francese è per me particolarmente
significativo e gradito, in quanto sono stata , al liceo Umberto l’insegnante
di francese di Sandra Guddo che si è ispirata, per questo titolo, Le geôlier
che significa, com’è noto, il carceriere, a una famosa lirica di Prévert e quindi a un autore della letteratura francese,
cantore soprattutto della malinconia delle periferie e degli ambienti popolari,
in versi che riproducono fedelmente la realtà con accenti di un realismo amaro
e delicato ma improntati sempre a un profondo amore per i diseredati e gli
oppressi.
Il romanzo di Sandra Guddo è ricchissimo di simboli ed ha
parecchie chiavi di lettura, tutte abilmente condotte e intrecciate fra loro:
ma voglio cominciare proprio da
quella legata a Prévert, la cui lirica
contiene, in nuce, il significato e l’ispirazione dell’opera, anche se
l’Autrice, naturalmente, vi ha aggiunto tanti altri elementi tratti dalla realtà contemporanea e da problemi storici,sociali
e umani della nostra epoca, da lei particolarmente sentiti.
La lirica di Prévert comincia con due versi su cui vorrei soffermarmi: “ où vas-tu,
beau geôlier,avec cette clé tachée de sang” ( dove vai, bel carceriere, con quella chiave macchiata
di sangue.. )
Il
riferimento all’andare verso qualche parte indica una meta, una ricerca, una
direzione da raggiungere, che solo l’interrogato può chiarire. Quanto all’
appellativo “ bel carceriere”, l’aggettivo
bel suggerisce altre considerazioni. Un carceriere è, per tradizione, un personaggio poco simpatico, se
non odioso: è colui che impedisce la
libertà, che è uno dei più grandi doni dell’uomo, anche se la impedisce in nome
della legge che i detenuti hanno trasgredito. La sua severità non è dunque
frutto di un atteggiamento personale ma
dell’obbedienza a un dovere. Ciò non toglie che la sua funzione sia poco amata
e poco gradita da parte di coloro che ne subiscono le conseguenze. Anche nella letteratura, i carcerieri sono
stati di solito rappresentati in modo sgradevole.
L’idea che comunemente ci si fa di questa
attività quindi non è certo legata alla
bellezza né fisica né spirituale. Ma nel
romanzo il carceriere è anche un prigioniero, chiuso nella cerchia dei suoi
vizi e delle sue depravazioni: le due funzioni si fondono. La prigione è quella che l’uomo stesso crea
intorno a sé e dalla quale aspira a fuggire per raggiungere la libertà più
importante, quella spirituale.
Questo
dimostra la complessità del romanzo, in cui l’indagine psicologica si unisce a
tematiche e problematiche di carattere morale.
Il “ bel
” carceriere della lirica rappresenta l’antitesi, tante volte presente
nella poesia di Prevert, tra dolcezza e violenza: appare come una vittima ma
anche come un colpevole, esattamente come il protagonista del romanzo. Nella lirica egli risponde alle domande che
gli sono rivolte dal poeta rivelando le sue colpe verso la donna amata ma manifestando, nello stesso tempo, un atteggiamento nei suoi
riguardi che è, in un certo senso, una riposta al terribile fenomeno dei nostri tempi, il
femminicidio., dovuto a un malinteso senso del possesso, che porta l’uomo a
considerare la donna una sua proprietà alla quale non è riconosciuto il diritto
alla libertà di decisione. Ecco perché il romanzo può essere anche considerato
una rappresentazione di alcuni aspetti della
condizione femminile del nostro tempo
A differenza degli autori dei femminicidi, il
carceriere della chanson du geôlier invece vuole che la donna sia libera anche di
dimenticarlo e perfino, se lo desidera, di andarsene con un altro uomo : egli conserverà sempre di lei
uno struggente ricordo.
Sono
versi dolcissimi espressione di un
autentico sentimento ma anche di un profondo rimorso per il male compiuto, rappresentato da quella
chiave macchiata di sangue, altro simbolo che troveremo nel romanzo.
E’ un
simbolo che troviamo anche nel colore rosso della figura rappresentata in
copertina, che si riferisce a un’immagine che ha
colpito in modo particolare il protagonista durante una visita a una mostra di
fotografie. rappresentante un polipo che
tenta la fuga da uno scolapasta rosso sangue, per sottrarsi a una morte orribile, quella di essere gettato
vivo nell’acqua bollente.
Le
immagini della mostra sono in bianco e nero: spiccano solo il color rosso dello
scolapasta e il rosso di un’altra foto, in cui si vede il drappo colorato che
scivola da una sedia per espandersi sul pavimento come una macchia di sangue
che si allarga . Questa simbologia del rosso e del sangue che troviamo anche
nella chiave del carceriere, contribuisce ad accentuare l’ intensa drammaticità della vicenda.
Quanto al
simbolo della chiave, che serve per chiudere ma anche per aprire ed ha dunque
due funzioni antitetiche, che troveremo
anche nel romanzo, occorre fare anche un rapido cenno alla disposizione grafica
dei versi di Prevert, che risentono spesso di quella poesia visiva rappresentata
dai Calligrammi in cui la collocazione dei versi riproduce un’immagine: e nella
chanson du geôlier è stata vista l’immagine del buco di una serratura, che
attende la chiave perché la porta sia aperta.
Prevert, in tutta la sua poesia, condanna gli sfruttatori e gli
oppressori e , con la sua vena satirica e polemica, si ribella contro la
violenza anche se ha accenti di grande dolcezza verso i poveri e i diseredati e
anche se rappresenta come pochi gli aspetti
della vita quotidiana, con una vena popolaresca e una apparente sfrontatezza che mascherano la profonda delicatezza e tenerezza interiore.
Il
protagonista dell’opera è dunque un carceriere dalla chiave macchiata di sangue
che lentamente e faticosamente, tra
debolezze e rimorsi, compirà il suo cammino di redenzione.
E’ un
uomo d’affari dei nostri giorni, edonista, cinico, spregiudicato, donnaiolo, amante della
trasgressione. Ha però geniali intuizioni, che rivelano, nell’autrice del
libro, una sorprendente conoscenza del mondo industriale, delle leggi
economiche, e delle esigenze e strategie della produzione e della promozione
commerciale.
E’ da
sottolineare anche l’abilità con cui l’autrice, una donna, rappresenta la mentalità prettamente maschile del protagonista, un
uomo di mezza età che nell’opera parla
in prima persona rivelando, con sottili
introspezioni, tutte le sue
caratteristiche e debolezze
Il romanzo è infatti un autentico diario, che ha tutta l’immediatezza e l’autenticità della
confessione.
Il
protagonista stesso riconosce di essere
vittima di una forma assurda di violenza contro le donne e si considera un
essere spregevole, un pervertito. Sa di giocare con la vita altrui e cerca di
giustificarsi davanti al tribunale della sua coscienza adducendo attenuanti e
argomentazioni fallaci. Riconosce però anche di essere preda di una sorta di follia masochistica , che lo porta a
infliggersi ferite non fisiche che lo fanno soffrire.
Anche
questo rivela l’abilità di scandagliare tutte le pieghe dell’anima, un’abilità di cui la scrittrice aveva già dato prova nel precedente volume di racconti, Tacco Dodici, ispirato alla vita di
ragazze si borgata, protagoniste di esperienze difficili ,vittime spesso di
soprusi e violenze, alla ricerca di un riscatto e di un’affermazione all’insegna della libertà soprattutto
interiore, descritte in pagine che non cedono mai ad effetti drammatici o di
sapore veristico ma sono improntate sempre a una sorvegliata misura.
Il protagonista del romanzo Cesare Molinari, dietro un’esistenza apparentemente appagata di
ricco uomo d’affari , anche se non gli mancano le preoccupazioni finanziarie, nasconde un rimorso che gli rode l’anima.
La sua
personalità è delineata nei suoi vari aspetti.
Ha degli interessi politici, che ci offrono lo spunto anche per parlare
di un’altra caratteristica di questo libro, la rappresentazione acuta e precisa
della realtà storica e sociale
contemporanea. La vicenda si svolge nel nord est d’Italia e descrive un
movimento separatista che studia nuove strategie di lotta contro il potere
centrale, auspicando una maggiore
autonomia della regione. attraverso la creazione di una repubblica indipendente
guidata dalla Serenissima, della quale il protagonista, che è in parte di origini venete, rievoca con
legittimo orgoglio e con mirabile
sintesi, meriti e pregi, anche se non
ammette il concetto di razza veneta.
E non
manca un’abile descrizione di una società segreta, la Dama Blu, chiamata così con evidente allusione alla
Serenissima, ma che fa pensare a quelle
trame occulte che tanta parte hanno
avuto in alcune vicende storiche del recente passato.
Con
altrettanta profondità è descritta la società opulenta e in fondo marcia dei
ricconi del nord che appaiono, nelle loro feste mondane, un
serraglio variegato e variopinto, una vera e propria fiera delle vanità.
Proprio in questo fastoso e spregevole scenario matura il dramma di cui il
romanzo descrive tutte le conseguenze, attraverso i segreti tormenti e rimorsi
del protagonista, che, a differenza dal bel carceriere, aveva voluto possedere
ad ogni costo con la forza la donna
amata provocandole, nello stupro, anche un trauma cranico e uno stato di coma.
Si tratta di una giovane donna per la quale
prova una passione che egli stesso definisce sottile e perversa ma che è
fonte, per lui, di un autentico dramma interiore e che rivela una coscienza inquieta capace di
analizzarsi con spietata lucidità
Dietro le vicende umane con i loro risvolti
storici e sociali sempre acutamente
individuati c’è infatti, nel romanzo, uno studio psicologico dei vari momenti
vissuti dal protagonista, che passa dal disprezzo di sé all’angoscia e al
sentimento di colpa. Proprio questo gli
fa continuamente pensare di essere come il carceriere dalla chiave macchiata di
sangue. Il suo tormento interiore trova poi il suo sbocco in un incontro con un frate grazie al quale riesce finalmente a scoprire in sé un uomo
nuovo capace di emergere dalle
ceneri della distruzione .
La conoscenza col frate avviene grazie a una donna, Ginevra, anche lei
vittima di un passato di colpe e di trasgressioni che fanno pensare a quella
gioventù bruciata così efficacemente descritta in Tacco dodici. Anche Ginevra era uscita dal tunnel della
droga grazie al frate, in un centro sociale di riabilitazione.
Ma nel romanzo è anche acutamente delineata
la contrapposizione di abitudini e mentalità tra Nord e Sud, attraverso gli
atteggiamenti razzisti dei separatisti veneti, ma anche attraverso la
rappresentazione di un arguto personaggio, il cameriere napoletano Gennaro,
espressione del sano buon senso popolare, dell’umorismo e di quel calore e quell’umanità che caratterizzano
l’anima partenopea. Napoli, con la sua forte carica di passionalità, ha una grande valenza nella trama del romanzo; è a
Napoli che il protagonista riscopre valori dimenticati, quelli della famiglia e
della paternità e scopre la forza e il significato dell’amore per il prossimo.
L’industriale del nord e il popolano del sud
si intendono perfettamente in nome dei
valori umani di cui entrambi, sia pure
in maniera diversa, avvertono il bisogno.
Anche
dal punto di vista caratteriale i personaggi sono dunque abilmente ed
acutamente descritti, in un affresco umano vario e multiforme dalle molteplici sfaccettature, come la vita
stessa, in cui sono messi a fuoco i problemi, le contraddizioni e i dubbi del
nostro tempo, con l’implicita denuncia dei falsi miti., attraverso la descrizione dei loro
effetti negativi. .
Lo stile
è incalzante, gli avvenimenti si susseguono concatenandosi tra loro con arte
consumata. Il romanzo è in realtà un giallo, che utilizza tutte le tecniche del thriller
volte a tener desta l’attenzione e la curiosità . L’autrice sviluppa
l’intreccio con particolari accortezze e con maturità espressiva, descrivendo
ambienti e personaggi con efficacia e incisività, dimostrando come il giallo
possa contenere anche l’introspezione psicologica, l’analisi sociologica e lo
studio di carattere, ma soprattutto la segreta interiorità dell’uomo e la sua i
intima istanza di redenzione. La particolare analisi dei fenomeni politici,
economici ed etici e del malessere esistenziale del protagonista,
consapevole delle sue colpe e della sua vita sregolata che non lo appaga, dà una
particolare profondità a una
vicenda in cui l’autoanalisi si fonde con l’azione e in cui l’eterno conflitto tra il bene e il male è
reso in tutta la sua drammaticità.
Il romanzo rappresenta dunque il
fatale conflitto tra individuo, colpa e società e le fallaci emozioni della
droga e del vizio, che imprigionano l’uomo. Da qui il riferimento al carceriere
e alla chiave liberatoria. C’è dunque il cammino dai falsi valori ai valori genuini, indicato dalle due opere
profondamente legate fra loro, Tacco 12
e Le Geôlier, che indicano entrambe
la strada verso la fede e la speranza.
Tutto
questo è espresso con sicuro intuito psicologico, con sincero impegno morale, con una rappresentazione forte e stringente, con
un’analisi a volte impietosa.
Economia, sociologia, psicologia e storia si
fondono in una trama avvincente in cui, sotto le apparenze del giallo, è
rappresentata tutta la complessità della condizione umana alla ricerca della
salvezza.
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