Questo volume, Origine
e sviluppo delle balestrate palermitane, è un viaggio attraverso
la storia di Balestrate. Un vero e proprio omaggio che Angelo Lo Piccolo rende
alla sua città natale ricercando uno specioso articolato di trame tra toponimi,
documenti, testimonianze, per entrare nel “vivo” del territorio. L’intento è
quello di sfatare l'idolum di un
paese, Balestrate, storicamente recente, venuto su un po’ casualmente, per
evoluzione, ma privo di radici.
Insediamento “di flusso”, senza profilo, che
segue un codice di sopravvivenza in relazione alle risorse di contesto; e così
nel ritmo delle dominazioni che hanno calcato il suolo dell’Isola.
Peraltro
i documenti di Archivio che attestano la Storia del Paese si annodano interno
alla data del 1307, allorché il re Federico di Aragona con editto decreta che «quantum a litore maris infra terram jactum balistae
protenderit...» debba ricadere sotto la sua sovranità, decreta
cioè che sia definito sotto il suo potere tutto il territorio costiero compreso
da un immaginario tiro di balestra scoccato dal bagnasciuga.
È
la nascita delle “terre delle balestrate” anche se va detto che, con il passare
del tempo, tale denominazione si riduce ad indicare solamente il tratto di
costa chiuso tra i torrenti San Cataldo e Calatubo, quest’ultimo al limite
occidentale dell’attuale provincia di Palermo.
Dicono i documenti che queste “terre” furono di
diritto regale fino al 1456 allorché, con un altro decreto, Re Alfonso il
Magnanimo ne fece dono al suo camerlengo Nicolò Leonfante.
Quindi
sono passati di mano in mano, di famiglia in famiglia: in possesso di un ceto
benestante potente e talvolta strapotente, in grado di assicurare al territorio
sviluppo economico, progresso e crescita demografica.
Nel
1800 Balestrate conta già numerosi abitanti. Famiglie emergenti in quel tempo
erano quelle dei Graffeo e dei Gesugrande; e sarà proprio un componente di
quest’ultima famiglia, Don Paolino Gesugrande, che nel contesto di un paese
divenuto sempre più prospero, si farà primo portatore di una esigenza
autonomistica: liberarsi della “soggezione” ecclesiastica e civile della vicina
Partinico, il cui clero peraltro, imponeva la consegna delle “primizie”.
Il 29 marzo 1820 il re Ferdinando I di Borbone
delibera che le due borgate di Sicciara
e Trappeto siano
riunite in un solo Comune con la denominazione di Balestrate.
Dacché
la sua ascesa fino all’oggi: cittadina ridente con buone risorse in agricoltura
(in specie vinicola); con una flotta peschereccia di piccolo cabotaggio (in
specie per il pesce azzurro); e una recente vocazione turistica, in continua
crescita, legata al suo magnifico litorale.
Fin qui in sintesi, il tracciato della Storia
ufficiale.
Ma prima del 1307?
Non
bisogna dimenticare che Angelo Lo Piccolo affronta questa “immane fatica”
proprio per colmare un vuoto; e, in un certo senso, per destabilizzare una
annotazione - per lui infondata - che Sicciara, la borgata da cui, per
tradizione, discende Balestrate, debba la sua denominazione alla cospicua
presenza nel suo mare di “sicce” cioè a dire di seppie. Una interpretazione,
peraltro, dovuta proprio all’eminenza grigia del territorio balestratese, quel
Filippo Evola, Rettore, uomo di chiesa e di lettere, che ha fatto di tutto per
dare adeguata fama al suo paese di nascita.
Orbene:
Lo Piccolo fa discendere Sicciara dal termine “Secchiaria”; denominazione riferita -
come del resto conferma la sua diffusione nell’area culturale di riferimento -
ad una architettura idraulica finalizzata al sollevamento delle acque per
l'irrigazione ideata e realizzata dagli arabi.
Dunque un nomen,
segno antropologico, che riporta inequivocabilmente, alla certezza di un
insediamento; ma fatto, ancora più importante, che storicizza una tappa del suo
divenire.
Quale? Quando?
Sicciara ci dice Angelo Lo Piccolo, sorge a
sinistra di Calatacupone toponimo di un promontorio in cui era un torrione di
difesa militare bizantina.
Orbene
nella sua ricostruzione storica, ampiamente circostanziata, Calatacupone
diviene, il centro da cui parte un sito abitativo, in espansione, grazie alla
presenza delle famiglie dei soldati. Si costituisce, così, interno ad esso uma
comunità siculo-bizantina; e successivamente, in seguito all’immigrazione
arabo- musulmana e al meticciato inevitabile, tale comunità darà vita ad un
ceppo autoctono siculo-arabo territorialmente definibile nella sua novità; tanto
più che, grazie al conseguente sincretismo culturale, si profilerà un momento
aureo per la tecnica, l'economia, i prodotti, cioè per l’insieme delle risorse
di terra e di mare, presenti nel territorio, sottoposto alla dominazione araba
della Sicilia.
In
sintesi, dunque, - secondo Fautore - la matrice identitaria della antica
Balestrate trova seme in
Calatacupone: una antichità che - come egli scrive nella prefazione - accanto
al Castello, scopre il Casale e il modesto cauponhim;
e scopre una comunità fatta da “povera gente”, invisibile per la Storia
ufficiale, che però, diviene e si trasforma dando continuità alla catena
generazionale e spessore al suo percorso individuante.
È
la Storia di Angelo Lo Piccolo “nuova” che permette di indicare come da un “non
luogo” quale l'apparecchiata
improduttiva si sia potuto generare un habitat. E dal momento che da storico
egli non vuole rimanere chiuso nel recinto minimalista della storia locale, con
sapienza, ecco che dà ampio respiro alla sua stesura critica, legando la Storia
del popolo di Calatacupone e
della Sicchieria, vuoi a
quella di Palermo nel cui contesto prevalentemente si esprime, vuoi a quella
della Sicilia tutta, nel transito di Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, e
così via... attraverso il Feudalesimo dei Grandi: la chiesa e il Regno; sicché
poco importa se Calatacupone sparirà dispersa dalla crisi che tra trecento e
quattrocento investirà la Val di Mazara. Le “terre delle balestrate” grazie al
lavoro di Angelo Lo Piccolo hanno ritrovato quel precedente storico fino a
questo momento sotteso ma non dimostrato.
Infine
qualche notazione sul metodo con cui è stata improntata la ricerca. Quel metodo
etnostorico codificato dalla sperimentazione di Aurelio Rigoli senza il quale
non si sarebbe potuto dare qualità scientifica ad una analisi fondata, in
mancanza dei riscontri di archivio, principalmente sulle etnofonti: cioè a dire
sia le fonti storiografiche orali, sia le altre fonti codificate dalla
tradizione.
Quindi
una molteplicità complessa e articolata di fonti e etnofonti dallo storico e
storiografico scovate, ricercate e, laddove è stato possibile, comparata con la
certezza delle Fonti d’archivio: lavoro quest’ultimo non certo facile dovendosi
operare - nota l'autore - all’archivio Diocesano mazarese!
Dunque
Origine e Sviluppo delle Balestrate palermitane è un opera etnostorica che ha
saputo intrecciare nell’obbiettivo di una sintesi tra Storia e Cultura, la
Storia Regia con la Storia locale dando, anche, giusta eco ai fatti che la
Storia ufficiale giudica insignificanti e che invece sono assolutamente
importanti se il registro è quello delle trasformazioni del territorio e delle
dinamiche sociali.
In
conclusione un volume denso, corposo, puntiglioso che se dà fisionomia agli
“uomini di lusso” che nel tempo hanno determinato l’assetto politico sociale ed
economico di Balestrate ha saputo dare voce anche ai “senza potere”. Una
stretta trama narrativa che per completezza profondità lungimiranza critica
sembra quasi tradurre una volontà risarcitoria: da parte dello storico Lo
Piccolo nei confronti degli abitanti di Balestrate, forse “nati” ufficialmente
tardi ma che grazie a lui e alla sua ricerca, (davvero lunga una vita) possono
finalmente attestare la loro longeva dignità culturale.
Palermo 9 maggio 2016
Annamaria
Amitrano
Il libro e' acquistabile e dove?
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