di Domenico Bonvegna
La
vittoriosa conferma elettorale della Lega in Veneto, mi ha stimolato a leggere,
“Chi
impugna la Croce”. Lega e Chiesa”,
editrice Laterza (2011), un libro inchiesta sui rapporti tra Lega e la Chiesa
cattolica, scritto da Renzo Guolo, professore di
sociologia delle culture e della politica presso l’università di Padova e
editorialista del quotidiano La
Repubblica.
Renzo
Guolo si pone alcuni interrogativi: perché il Carroccio si espande proprio su
quell’Italia bianca in cui il Cattolicesimo
e la DC hanno avuto sempre una forte rilevanza. Perché ha incontrato un sola
resistenza: la Chiesa. E poi perché oggi il Carroccio e i vertici ecclesiali, dopo
gli scontri iniziali, sembrano avviati verso strade meno conflittuali. Fino al
punto che in Parlamento qualche mese fa, è rimasta solo la Lega a difendere
quei “principi non negoziabili”, come
per il caso “divorzio breve”. Ma
soprattutto Guolo nel testo evidenzia nella Lega il passaggio dal neopaganesimoiniziale a una certa
riscoperta del cristianesimo. Al riguardo Guolo vede tra la Lega e la Chiesa
quasi una sfida che non interessa la salvezza delle anime, ma è soprattutto orientata verso
l’identità del territorio, su chi riesce per primo a dare forma alla società.
Si tratta, a parere del professore dell’università padovana, di un conflitto,
uno scontro egemonico nella società del Nord Est.
Per
la verità il libro mi sembra sufficientemente equilibrato e in parte sgombro da
certi pregiudizi negativi in riguardo alla Lega.
Certamente
il rapporto tra la Lega e la Chiesa è atipico. Peraltro la loro relazione non è
riconducibile allo scontro classico Stato-Chiesa.
Secondo Guolo, la Lega si presenta come un partito che interviene attivamente
nelle vicende della Chiesa, rovesciando “i
crismi del partito confessionale”. Infatti il partito leghista,“tende a dare una linea alla Chiesa”. Scrive
Guolo: “la Lega privilegia un corpus dottrinale
anziché un altro; agisce come attore ostile a interpretazioni dottrinare e
azioni pastorali ritenute potenzialmente destinate a sfociare in sistemi
concorrenti alternativi”. E qui probabilmente Guolo si riferisce alle
polemiche innescate all’interno del mondo cattolico sull’ermeneutica del Concilio Ecumenico Vaticano II. Dopo il celebre
discorso alla Curia Romana di Papa Benedetto XVI nel dicembre del 2005, Papa
Ratzinger ha ben inquadrato il Concilio, nella “giusta ermeneutica”, definendolo in continuità con tutta gli altri concili. Mentre altre
interpretazioni invece vedono il Vaticano II come discontinuità, come rottura
con la Chiesa di prima. La Lega si schiera con l’interpretazione della
continuità e non disdegna di criticare teologi, intellettuali, e specialisti, “che avrebbero imposto alla Chiesa
quell’ermeneutica della discontinuità”.
Per
Guolo questo sembra un interventismo
anomalo, che vede un partito definire pubblicamente ciò che è bene o meno nella
condotta della Chiesa”
La
Lega ribadirà sempre, “di non essere
ostile alla Chiesa in quanto tale, ma solo nei confronti di quella
post-conciliare”. E proprio qui, forse, in maniera grossolana, individua
amici e nemici della sua politica religiosa. Tra i suoi “nemici” individua il cardinale
Martini nella diocesi di Milano e poi il suo successore cardinale Tettamanzi. Poi
c’è il vescovo monsignor Paolo Magnani di Treviso. Nel testo Guolo esamina il
“caso Treviso”, dove forse c’è stato il contrasto più forte con la Chiesa. Il
contendere è la questione immigrazione,
il rapporto con i musulmani , che
chiedono moschee per il loro culto.
Il culmine della contesa si ha quando ai primi di gennaio del 2009, un corteo
contro i bombardamenti israeliani su Gaza si conclude con la preghiera dei musulmani
sul sagrato del Duomo di Milano, episodio molto grave per i leghisti milanesi,
ma anche per tanti altri cittadini milanesi. Ma se ci sono vescovi “nemici”, ci
sono anche gli “amici”, e tra questi c’è il cardinale Giacomo Biffi di Bologna,
che gode della simpatia leghista.
Il
sociologo Guolo, fa un’ottima sintesi del magistero biffiano. Viene spiegato il
celebre discorso di San Petronio del settembre
2000, quando il cardinale chiarì quale doveva essere la posizione politica
del nostro Paese nei confronti dell’immigrazionismo. Per quanto riguarda la
Chiesa, il prete giustamente deve accogliere tutti, bianchi, neri, verdi etc.
Lo Stato, invece, deve discriminare, non può far finta di nulla, deve stare
attento alla cultura, alla religione degli uomini e donne che fa entrare nel
nostro Paese. Naturalmente il primate bolognese, fa riferimento agli immigrati
musulmani che per la loro “diversità”, costituiscono un serio problema per
l’integrazione. Secondo Biffi, gli immigrati dovrebbero conoscere e rispettare
le nostre tradizioni e la nostra cultura e identità. Per lo meno se dobbiamo
rispettare le “minoranze”, bisognerebbe rispettare anche le “maggioranze”.
Pertanto abolire i crocifissi nei luoghi pubblici, per non urtare la
sensibilità di minoranze di altre religioni, è aberrante.
Il
cardinale di fronte alle dinamiche demografiche sul futuro dell’Italia e
dell’Europa, propone l’unica “medicina” possibile: o riscopriamo la nostra vera
identità e ridiventiamo cristiani, oppure saremo conquistati dall’Islam o dalla
“cultura del niente”. “Solo la riscoperta dell’avvenimento cristiano potrà
dare, secondo Biffi, un esito diverso a questo inevitabile confronto”. Ma a
distanza di quindici anni ancora oggi, né i “laici”, né i “cattolici”, sembrano
rendersi conto del dramma che si sta profilando all’orizzonte.
Nel
libro, Guolo dà conto di un diversoapprezzamento dei leghisti nei confronti di
Papa Wojtyla e di Papa Ratzinger. Secondo l’editorialista di Repubblica, il
leghismo italiano non ha digerito molto il pontificato di Giovanni Paolo II,
mentre si è trovato in perfetta sintonia con Benedetto XVI. Addirittura al papa
polacco viene idealmente contrapposto il bergamasco Giovanni XXIII. La
contrapposizione mi sembra abbastanza forzata, anche perché Benedetto XVI ha continuato
l’opera magisterialee di riforma di san Giovanni Paolo II. Ma non bisogna
meravigliarsi, ormai è abitudine di certo giornalismo contrapporre i vari
pontefici.
Il
testo di Guolo descrive correttamente il superamento della Lega della prima
fase neopagana anticlericale, del culto al dio
Po e ai Celti, intriso di new age
e di panteismo. Peraltro, è il periodo
del secessionismo duro e puro, all’approdo al cattolicesimo.
Anche
sulla faccenda dei rapporti tra il cattolicesimo padano e quello tradizionalista
dei lefebvriani, anche su questo tema
non riscontro squilibri, Guolodescrive i fatti come sono stati e poi tira delle
conclusioni. L’aspetto della strumentalizzazione, forse, affiora quando Guolo
descrive le battaglie della Lega in difesa del crocefisso e del presepe. Si nota
una certa esagerazione nella difesa dei simboli religiosi. Chiaramente il
crocifisso non si impone per legge o con i carabinieri. Anche se per il
leghismo, la mobilitazione a favore dei simboli cristiani, “dà forma e valorizza i sentimenti di appartenenza alla comunità
locale”. Pertanto secondo Guolo, “la
presenza del crocifisso viene vista da questi cittadini come segno della
continuità identitaria della comunità locale più che come simbolo del messaggio
di fratellanza cristiana”.
Il
testo, naturalmente affronta altre questioni dei rapporti complessi tra Lega e
Chiesa. Per l’autore, il Carroccio
esalterebbe una religione senza Chiesa, addirittura il cattolicesimo del
Carroccio, che pure si richiama alla Tradizione, si nutrirebbe di
un’interpretazione della fede più simile alla matrice protestante, soprattutto,
quando intende mettere in discussione la stessa forma romana del cattolicesimo.
Ma queste, forse, sono interpretazioni del professore Guolo, simili a quelli
che identificavano i leghisti nei riti neopagani dei celti. A questo proposito,
il professore Massimo Introvigne che ha diretto una ricerca scientifica nel
2001sul tema,“Aspetti spirituali dei revival
celtici e tradizionali in Lombardia”, proprio tra gli iscritti e gli elettori della Lega in
Lombardia, con notevoli sforzi, ha trovato ben quindici persone che dichiarano
di professare la religione dei celti e partecipano a riti neo-pagani: una
minoranza colorita, dunque, ma infima. Ma sugli studi del professore e
sociologo Introvigne sarà opportuno in futuro dare conto.
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