di Tommaso Romano
Giovanni Matta è da molti decenni
impegnato, quale protagonista, della vita culturale palermitana. Poeta,
saggista, fondatore e ora da qualche anno presidente dell'Ottagono Letterario
(mandato col poeta Rosario Mario Garzelli) si dedica da sempre alla critica e
alla storia dell'arte con articoli, presentazioni, interventi.
Ora, con la prestigiosa casa
editrice Gangemi di Roma, si dà conto dei suoi studi e delle sue analisi con il
volume riccamente illustrato Gli sviluppi
dell'arte moderna in Europa dalla fine dell’Ottocento ai primi anni del
Novecento. In realtà l'indagine di Matta incontra l'intero XIX secolo e
arriva oltre la metà del Ventesimo, trattando pittori, scultori e qualche
architetto al di fuori della cerchia italiana. Una scelta che ci auguriamo un
prossimo volume possa integrare. Matta fa propria, integrandola, una
definizione icastica di Edouard Manet: ”In
arte (e nella poesia e nella scrittura aggiungiamo noi, sottolinea
Matta) la concisione è una necessità ed un'eleganza. L'uomo conciso fa
riflettere l'uomo verboso annoia". A ciò Matta si attiene scorrendo autori
e correnti di due secoli, mettendo in evidenza brevi ma essenziali notazioni
biografiche insieme a brevi ma succose considerazioni critiche. Questo aspetto
della ricerca di Matta ci convince oltre le pretese di un Croce sull'estetica e
non solo, ove si tende a distanziare l'opera dal suo facitore. La biografia è
una scienza - come abbiamo più volte avuto modo di sottolineare - non
separabile umori , dalla visione della storia delle realizzazioni che hanno sì
una loro autonomia ma che non possono disgiungersi da chi le ha fatte e create.
È quando emerge nitide pagine, sempre sorrette da una chiara vocazione alla che vuole incontrare il lettore e non
raggiungerlo con l’ancoraggio - spesso ripetitivo – ad una pretesa scientifica.
Se uno dei pregi da sottolineare della ricerca di Giovanni Matta è proprio,
intanto, la discorsiva, piana e convincente chiarezza essenziale, la concisione
appunto.
La frase di Redon posta ad
apertura del testo è chiarificatrice degli intendimenti teorico-dimostrativi di
Giovanni Matta : "La grande arte nasce dal diritto che si è perduto e che
dobbiamo riconquistare : il diritto alla fantasia". È questo, per
l'Autore, uno dei sigilli del c.d. moderno
termine ovviamente assai estensivo che Egli fa partire dai
"Precursori" come li definisce, citando i paesaggisti inglesi e
mettendo a fuoco J. Constable, William Turner, Delacroix, Cordet, Corot. I
grandi esiti luministici , le chiarezze di colore e la potenza del colore
secondo le lezioni di Goethe , aprono
senza manierismi al miracolo degli inizi, alla trasvalutazione del paesaggio e dei luoghi storici delle campagne al canal Grande (1835) di Turner, al sapiente e modulato "impasto" del colore ripreso come modulo efficace un secolo dopo della riportata immagine
del quadro di Delacroix "Studio di caccia al leone" dove gli elementi
della forza e della natura, anche attraversando altri continenti come l'Africa,
si pongono come reale avanguardia nella concezione e negli esiti che, certo,
risentono in molto di questi Artisti, della lezione dello sturm und drang del Romanticismo. Ecco ancora Rousseau il
Doganiere, la sua surreale poetica (v. L'incantatrice
di serpenti) fra naif e raffinatezze, all'impegno sociale di un Millet (Le spigolatrici del 1857 ne sono
esempio), al verismo della scuola della foresta di Barbizon, fino al
neoromanticismo intriso di elementi classici e simbolici di un Rodin di cui si
pubblica la famosa cultura "Il bacio" del 1888. Il cuore del volume
di Matta si proietta all'Impressionismo con i suoi Maestri e interpreti a
cominciare da Monet, senza "intermediari - scrive Matta - contro la
retorica e i sentimenti" tipici di un ceto che, diciamolo, si andava
affermando con una certa grettezza, la borghesia, carica di pregiudizi e
chiusure. L'Impressionismo aggiunge bene Matta è stato la conquista di una
"conoscenza intuitiva dell'arte, una sensazione visiva satura di contenuti etici, sociali,
culturali, in pratica una nuova e geniale visione della realtà". Con
Monet, Edouard Manet, Pierre Auguste Renoir , il “dinamismo sospeso" e
leggero di Degas delle "Lezioni di danza "(1876), l'intensità di un
Cèzanne, gli aspetti di un Pisarro di cui si riporta la splendida opera -
debitrice del puntinismo ma pienamente
impressionista, "Pastore con le pecore" (1888). Si passa ad esaminare
il Divinismo o Neoimpressionismo come lo definì il caposcuola Gerges Serant ,
con uno strepitoso Paul Signac con la sua "Veduta di Saint Tropez"
del 1897. Arriviamo così alla fervida stagione dell'arte totale, unitaria in
tutti gli dominii dall'architettura all'arte applicata che nasce in Belgio nel
1884 come, dice Matta "reazione allo scadimento del gusto"
sviluppandosi negli ambienti antiaccademici e che si sviluppò in tutta Europa e
Stati Uniti, con esiti originali e felici, specie riscoprendo e proponendo la
curvatura e la dinamicità della natura in ogni ambito dai quadri, agli
immobili, agli oggetti anche quotidiani e, appena trasgredendo al proprio
compito di delimitazione, Matta non può non ricordare Ernesto Basile. La
selezione efficace del nostro Autore incontra così le opere di un Von Stuck e
di un Liebermann sino alla Secessione di Vienna del 1897 del grande Klimt con
le sue opere simboliste, la colorazione piatta, l'uso dell’oro che giustamente
Matta riporta, per alcuni versi, alle stampe giapponesi e ai mosaici bizantini
e, ancora, ai Preraffaelliti citati peraltro. Si ricordano Otto Wagner,
l’architetto Horta, Perret, Kircher, Mullus, , Munter, Macke ed Heche per la
Germania, fra gli altri, insieme al sempre stupefacente Vassilij Kandinskij, di
origine russa che è pregno di una cultura e di una spiritualità che trova esito
nel puro colore, nella messa in sintesi del Mistero. Matta giustamente include
ancora Gaudì (1852-1926) il veramente geniale, eclettico autore del Parco e
della casa Gruel, della Casa Millà e Betleo ma, soprattutto, della Sagrada
Familia a Barcellona in cui convergono in portentoso disegno, che prese Gaudì
per una intera vita, le sue visioni di pietra ricche di suggestioni
labirintiche e di arabeschi della memoria in una sacralità cristica che
riscatta tante pessime architetture del suo tempo, anche per ciò che riguarda
l'arte Sacra. Matta non manca, ovviamente, di sottolineare quanto decisivo sia
stato il Simbolismo con il ricorso alla primitività e alla esoticità statica
che, dice Guaguin "viene dallo spirito" con non poche consonanze con
la psicologia e la psicanalisi che si andavano affermando. Si ricordano nel
testo di Matta anche Bonnard , Mareau col suo mitologismo romantico, fino a
Munch e alla sua "interiorità drammatica" che subito ci fa ricordare
il suo Urlo del 1893, e a Matisse e
ai registri espressivi plurali. Per la scuola di Parigi - sempre per citare
alcuni fra i non pochi artisti ricordati da Matta – Rouault e il suo
"Miserere", 58 epiche tavole prefazionate da Maritain e Georges Braque
con le sue geometrie pure e la sua tavolozza viva. Giusto spazio ancora, Matta
dedica al Post-Impressionismo, a Van Gogh con le sue "pennellate immediate
e con i colori accentuati" che rendono lucente pure la notte, di Toulouse Lautrec,
i suoi movimenti spontanei come la vita parigina suggerisce. Anche
l'Astrattismo specie di Paul Klee è al centro del lavoro di Matta dove, dice,
"gli elementi figurativi appaiono stilizzati, nitidi nelle modulazioni dei
colori ed "astratti" nelle composizioni". Dopo aver affrontato
Kokschka e Schile, Matta si occupa ampiamente e con ottime evidenziazioni del
Cubismo, delle fasi artistiche di un Picasso (ed anche della vita privata
convulsa) del suo genio innovatore che lo pone al centro del percorso di tutto
il Novecento come un caposcuola e uno spirito di alto profilo umano e civile
(vedi la celeberrima Guernica del 1937).
Anche la Montmatre di Utrillo e la narrazione fantastica-onirica
di Marc Chagall sono oggetto di viva attenzione, insieme a Brancusi. Arp. Marcel
Duchamp, Picabia attraversano il Dada di T. Tzara senza dimenticare Mondrian.
Il volume si chiude con due dei
capitoli sul Surrealismo e sulla Nuova Oggettività Tedesca. Attorno ad Andrè
Breton si unirono molti intellettuali e artisti quali Ernst, Magritte,
Giacometti, Dalì. Fra la tendenza astrattista e quella onirico-fantastica, l‘alterazione
lirica e simbolica, del profondo si irradia nelle tele di Magritte e nelle
contaminazioni simboliche e naturali di Ernst, fino agli enigmi allucinanti ma
di grande fascino e pregnanza di S. Dalì, agli incontri di Mirò e alle solide,
archetipiche figure di Henry Moore. Sulla Nuova Oggettività Tedesca Matta passa
in rassegna George Grosz con i suoi tipi umani deformi, che mettono in
evidenza, dice, "la crudeltà dei militari e la miseria morale della
società tedesca" insieme ad altri significativi artisti che troveremo,
come altri non citati qui, con ampio corredo iconografico e biografico.
Concludendo la tesi dello
sviluppo, non sempre storicisticamente inteso, con ritorni e fughe in avanti,
non sovverte l’uso - anche ideologico - della pittura e della scultura. Pur
attraversando molti decenni e innumerevoli vicende, con sensibilità e stili a
volte diversissimi e con uso di tecniche nuove (si pensi al collage e all'arte
applicata) l'arte moderna in Europa è ancora, nel periodo investigato di
Giovanni Matta, sul solco di una storia, fatta di dinamicità tipica dell’avanguardia
e di un profondo ripensamento della condizione della modernità.
Ciò che resta in controluce, perché
non oggetto della trattazione di Giovanni Matta, è l’attuale e persistente perdita del centro, per dirla con Hans
Sedlmayr, ricolmo di minimalismo e la conseguente dissoluzione del post-moderno
non sempre e non solo “concettuale”. ma questo, ovviamente, è un altro
discorso.
Resta a noi l’attraversamento, la
ricognizione “leggera” e al contempo viva e partecipe di Giovanni Matta che,
con questo singolare studio, con questa ricerca-itinerario, ancora di più dà prova
della sua vocazione all’umanesimo della Cultura, praticando nello spazio e nel
tempo, come destino e scelta di vita, ricerca di senso e di significato, e non
solo come proclamato annuncio. Ciò che, infonde, si richiede a chi liberamente
vive la cultura , l’arte come visione e pratica dell’esistere, con libertà,
onestà intellettuale, amore per il sapere e la bellezza.
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