di Nicola Romano
Nella maggior parte dei casi, nell’occasione della pubblicazione
d’un libro, di solito, il pubblico che assiste alla sua presentazione e che si
pone favorevolmente all’ascolto non ha avuto ancora modo di leggere il libro in
questione, e quindi non conosce convenientemente il tema o i precisi argomenti
che il volume va a trattare. E allora, dovrà giungere a proposito una certa
introduzione, quel porgere una sorta di sinossi o una possibile chiave di
lettura che sia quanto meno rivelatrice della tematica inerente.
E per questo libro di Marcello Scurria “La teoria della ghianda,
di James Hillman” a maggior ragione s’impone la necessità di decrittare la
tematica del volume, e mettere a fuoco taluni risvolti che riguardano il
pensiero umano, e che fanno sicuramente parte delle sensazioni o delle poco
sviluppate intuizioni quotidiane di noi comuni mortali; sensazioni che
accompagnano e tengono desto sicuramente il nostro essere pensante che va
sempre alla ricerca del proprio migliore ruolo in quello che è il misterioso
fruscio dell’esistenza, e comunque sensazioni che tra le righe di questo libro vengono trattate in maniera convinta, specializzata
e, forse anche, scientifica. Ma attenzione, niente panico, anche se l’argomento
sembra destinato soltanto agli addetti ai lavori (dal momento che i discorsi di
base svariano tra psicologia, psichiatria, psicosintesi e filosofia) la sintesi
di fondo, alla fine, è appagante per tutti coloro che evidentemente sono “avvertiti”
in fatto di sensibilità umana, poiché tale sintesi permette di andare a ricomporre
tante delle nostre frammentazioni interiori, inducendoci quindi ad impadronirci
e prendere possesso di quella che è la molteplicità del nostro profondo, rivelandoci
magari delle potenzialità che erano rimaste nell'ombra o per trasformare
pienamente le nostre risorse; come pure,
tale possibile comprensione, può andare a colmare molte di quelle aspettative
che sono per noi impalpabili o irraggiungibili, ma che si possono risolvere,
attraverso una guidata e cosciente introspezione, in una serie di condizioni
utili a ritrovare armonia ed equilibrio; elementi, questi, che insieme ad altri
fattori concorrono al perseguimento di quella “bellezza” di vita che deve stare
dentro e fuori di noi.
D’altronde, come afferma Roberto Assagioli, una delle menti più eclettiche della psicologia italiana: “Ognuno
può e deve fare del materiale vivente della sua personalità, un oggetto di bellezza,
in cui possa manifestarsi
adeguatamente il suo Sé transpersonale”. Inoltre, in contrapposizione alle odierne frasi come “fare rete” o “fare business” tra le righe di questo libro siamo invitati alla riflessione sul “Fare anima”, che è tutt’altra cosa.
adeguatamente il suo Sé transpersonale”. Inoltre, in contrapposizione alle odierne frasi come “fare rete” o “fare business” tra le righe di questo libro siamo invitati alla riflessione sul “Fare anima”, che è tutt’altra cosa.
Ma ecco che, anche per metterci a nostro agio, possiamo dire
subito che tutto quello che il libro esamina converge in buona sostanza verso
quel «Nosce te ipsum» che abbiamo tante volte letto o sentito dire, proveniente
dalla sapienza delfica, e che nei tempi è stato ribadito e sviluppato, per esempio,
da Socrate, da Pitagora e da Sant’Agostino. E sappiamo bene che quel «Nosce te
ipsum» non è solo un invito a conoscere noi stessi dal punto di vista
caratteriale, attitudinale o come eventuali portatori di qualche talento
inespresso, ma è un invito anche a riconoscere soprattutto i nostri limiti e la
nostra finitezza.
Bene, penso che per completare un’adeguata introduzione alla
struttura di questo saggio, basterà riferirsi alle tre righe della prima di
copertina: Marcello Scurria, il teorema della ghianda, James Hillman.
Chi è Marcello Scurria, l’autore?
Per quella che è la sua attività che svolge nel campo culturale
da circa venti anni, e per quelle che sono le opere fin qui prodotte, dobbiamo
dire che Marcello Scurria è uno scrittore a tutto tondo, e se mi si lascia
passare la “boutade”, è uno scrittore anche quando parla, nel senso che, a
seguito d’una conversazione interpersonale o privata, è capace di lasciare
nelle mani dell’interlocutore un libro non stampato, ma ricco di considerazioni
che comunque inducono a sicure
riflessioni, a meditazioni e ad eventuali ricerche ed approfondimenti. E’ da
cogliere in Scurria la vivacità dei suoi interessi, non soltanto letterari, e
il dinamismo del suo pensiero, che smosso da un forte desiderio di conoscenza,
affronta vari campi dello scibile umano.
Egli è autore fin qui di ben sei romanzi: “Sognando il paradiso”
– “Continentaria” – “L’amaro miele” – “Perché parlate così” – “I racconti
dell’Andromandro” – “L’atelier del destino”. Ha inoltre condotto nelle scuole
medie e superiori dei laboratori di scrittura creativa con la pubblicazione
degli atti, ha tenuto diverse conferenze su argomenti vari ed ha pure condotto
trasmissioni radiofoniche in rete, dove qualcuno di noi è stato anche ospite.
E mi piace sottolineare che, in quello che è il suo percorso
cognitivo, periodicamente subisce come delle vere e proprie “folgorazioni”, a
cui deve dare immancabilmente seguito con una scrittura che vuole avere il
piacere di essere condivisa con gli altri. In tal maniera sono nati
particolarmente i suoi saggi: “Giuseppe Bonaviri, scrittore e poeta del
Paradiso”; “Jorge Luis Borges, Metafora, struttura e spazio-tempo”, e questa
sua ultima folgorazione che si è materializzata appunto nel volume “La teoria
della ghianda, di James Hillman”.
Ma chi è James Hillman?
E’ stato uno psicoanalista
junghiano, saggista e filosofo;
americano di nascita (Atlantic City, 1926) ma europeo di cultura
(Thompson, 2011). James Hillman è stato descritto
come uno psicologo indipendente, un mago, un visionario contemporaneo. Dietro
tali considerazioni, Hillman è forse lontano dall'essere considerato una figura
appartenente al mondo della psicologia. Infatti è visto da molti suoi colleghi
come un pensatore profondamente sovversivo. Come fondatore di quella che egli stesso ha definito come "la
psicologia archetipica" (una scuola di pensiero diretta a revisionare e
"reimmaginare" la psicologia), Hillman crede che la psicologia debba
abbracciare teorie sullo sviluppo umano. Per lui, lo scenario dell'intervento
psicologico non può più essere solo quello del terapeuta di fronte al paziente;
è necessario invece che la psicologia diventi una terapia delle idee, e non più solo di
singole persone. Tanto per fare un esempio spicciolo, se un individuo soffre di
depressione, le cause non sono da ricercare soltanto dentro il subconscio del singolo
individuo ma anche nel mondo che lo circonda, e che può essere racchiuso in
quel “Sé trans personale” a cui accennava Assagioli.
Uno dei più grandi di questi
misteri, secondo Hillman, è la questione del carattere e del destino. Nel suo
bestseller intitolato "Il Codice dell'Anima", pubblicato con Adelphi
nel 1997, afferma che il nostro carattere e la nostra vocazione di vita sono
qualità innate e che la missione della nostra vita è quella di realizzare
quelle spinte. La chiama "la teoria della ghianda", l'idea che si
viene al mondo con un destino (che egli chiama “paradigma”) e che le nostre
vite sono formate da un'immagine particolare, come il destino della quercia è
contenuto nella piccola ghianda.
Anche se io, in conclusione,
che psicologo non sono, ritengo che un destino di massima – se veramente ci è
assegnato - sia composto da tante autostrade tutte diverse tra loro per razza,
per ambito, per ceto, per religione; ma dentro la particolare autostrada a
tante corsie che ci è capitata, per quello che è il libero arbitrio, penso che
ognuno di noi, in definitiva, potrà scegliersi la corsia che gli è più
congeniale! E’ un’opinione personale. E infine, se la ghianda deve scontare il
destino della quercia, beh, tutto sommato non è male, perchè la quercia come
simbolo rappresenta la virtù, la forza, la virilità e il valore in campo
militare, simbolo che ritroviamo, a giusta o a cattiva ragione, anche
nell’emblema della repubblica italiana.
E comunque sia, penso che
questo libro voglia indicare, attraverso un percorso conoscitivo, quella che in
definitiva può essere la connessione tra spirito e corpo, ponendosi, come
traguardo finale, il buon rapporto tra l’individuo ed alcune specifiche e
necessarie consapevolezze.
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