di Maria Elena Mignosi Picone
Nel presentare
quest’opera di Silvio Giudice Grisafi, vorrei innanzi tutto prendere l’avvìo
dalla considerazione del titolo, che non è soltanto “Pensieri” ma “Pensieri in
cammino”. Per associazione di idee, il termine “Cammino” ci rinvia all’idea del
progresso, e perciò della maturazione, dell’approfondimento, dei pensieri.
Avendo inoltre esaminato
il percorso di studi del nostro scrittore, questo progresso lo riscontriamo
anche lì. Infatti, egli, che ha compiuto moltissimi viaggi coi genitori per
tutto il mondo, con un soggiorno anche in America, in un primo tempo rivolge
l’interesse agli studi umanistici e si laurea in Lingue e Letterature
straniere; in seguito avverte l’esigenza di riflettere sulle conoscenze
acquisite nei viaggi, e sceglie allora una laurea proprio specifica della
meditazione, la Filosofia. E qui notiamo l’allargamento degli interessi e
l’approfondimento delle esperienze di vita. Vediamo anche qui un “Cammino”, un
progresso. Una ascesi, potremmo dire.
Questo moto
ascensionale lo possiamo rilevare anche a proposito di tanti altri argomenti
che incontriamo nei suoi pensieri. E come la conoscenza si eleva a sapienza,
conoscenza che non è la informazione o l’erudizione, aride e fredde, ma implica
una affezione; ricordiamo che filosofia è amore della sapienza; così la
sapienza a sua volta si eleva a saggezza. Perché c’è differenza. Si possono
sapere tante cose, uno può essere un’arca di scienza, ma ciò non esclude che
nella vita sia uno stolto. La saggezza è più della sapienza.
Ebbene è proprio
la saggezza il nucleo di tutta l’opera. E’ la saggezza il fulcro attorno a cui
ruotano tutti i pensieri, è il filo conduttore. Ed è proprio questa che dà
unità a tutto il libro. E perciò tutti i pensieri di qui, che sono in numero di
ben quattrocento, non suddivisi neanche per tematiche, e che quindi potrebbero
apparire a prima vista dispersivi e senza nesso tra loro, invece non è così. Il
legame è proprio la saggezza.
E ora andiamo al
motivo ispiratore. Cosa può essere stato ad indurre Silvio Giudice Grisafi a
scrivere questo libro? Con tutta probabilità, anzi quasi certezza, è qualcosa
che fa scervellare un po’, chi più chi meno, tutti quanti, e cioè il senso
della vita, il mistero dal quale siamo avvolti. Afferma: “..l’ansia del mistero
ci spinge verso infiniti dubbi”. Perciò l’uomo si perde in un groviglio di
ipotesi e di supposizioni: “L’uomo –dice- è un labirinto”; però aggiunge:
“L’uomo è un labirinto… ma ricco di luce”.
E che cosa è la luce nell’uomo? Da buon filosofo
risponde: “La ragione”. “Il labirinto della mente -scrive- può districarlo solo
la ragione”, e ancora: “Bisogna accendere le luci della mente e dello spirito
per scorgere le uscite al di là del labirinto”.
A questo punto
osserva acutamente: “L’uomo ha la luce (minuscolo) se vede la Luce (maiuscolo)”.
E aggiunge: “Lo splendore viene dalla luce, la luce viene dall’Eterno”. Allora
di che luce si tratta? Com’è questa ragione? Certamente non può essere rivolta
all’odio: “L’odio è qualcosa di veramente oscuro e micidiale”, “Tutte le guerre
di questo mondo partono dalle follie che inaspettatamente diventano
collettive”. Allora “Essere dei veri uomini significa assumere come compito il
dettato della Ragione e condurlo nella letizia del fare nell’armonia dello
Spirito con le azioni”. La ragione dunque non può essere che rivolta al bene,
all’amore, che è il contrario dell’odio. Dice: “Se il saggio vuole agire lo
farà solo a un fine di bene”, “Il saggio sa amare in ogni circostanza”, e
conclude: “Saggezza e amore vanno di pari passo”. Il saggio poi non ha bisogno
di parole, basta l’esempio: “L’esempio di uno stile di vita, sobrio e sincero,
vale più di un trattato sul comportamento”. Inoltre lo scrittore si sofferma
evidenziando nel saggio un elemento che lo caratterizza, che è il segno esteriore
della sua amabilità. E cioè: “Al saggio appartiene il sorriso”. E continua: “Il
sole è un astro che si rivela in quelle anime che spendono la vita sempre con
un sorriso”. Tutto questo, che è amore, è secondo ragione. Noi siamo abituati a
considerare il cuore e la ragione come due dimensioni contrapposte dove le
ragioni del cuore si oppongono a quelle della ragione. Non è così. Infatti è
ragionevole ciò che è amabile e viceversa: è amabile ciò che è ragionevole.
Sono la stessa cosa. Altrimenti non si tratterebbe neanche di amore, sarebbe
devastante e distruttivo. “Il mondo è stato creato per un misterioso volere
divino che annuncia una concreta finalità di pace e di bene”.
In questo contesto allora un ruolo fondamentale
occupano le virtù che sono
espressioni di bene, sono le varie sfaccettature dell’amore. Scrive: “Le virtù…essenziali
valori nella realtà dell’uomo”. E’ la benevolenza in fondo che si sfaccetta in
vario modo: l’ordine, la semplicità, la cura delle piccole cose, l’allegria, la
laboriosità, e così via. “L’ordine è il biglietto da visita dell’identità
dell’uomo, perché ne rivela la ragione”, “Senza ordine nella mente e nelle
azioni non si costruisce nulla”; “Vivi lentamente e assapora ogni attimo, senza
tralasciare le piccole cose”; “Si può tornare semplici sapendo che il mondo è
complicato? Uno dei compiti della sapienza è ritrovare la semplicità”; “L’allegria
è una componente che rinsalda il cuore”. E ancora l’amicizia, e su questa scia
il dialogo, il pluralismo, il rispetto: “Tieni in considerazione l’amicizia
come l’oro più prezioso che la vita possa offrirti in dono”; “Il saggio non
ascolta solo per insegnare, ma anche per vivificare il sapere attraverso
l’esercizio del dialogo”; “IL pluralismo delle idee è la ricchezza delle
intelligenze a confronto”; “L’intelligenza sta nel rispettare l’altro,
nell’attento ascolto delle sue ragioni che possono sempre contribuire alla
crescita dell’animo”. E tutto questo è civiltà. Infatti “La civiltà consiste
nel mettere a frutto le qualità superiori dell’uomo”, e ancora “La civiltà è
l’espressione della cultura intelligente che rafforza l’essere a progredire”.
L’anelito al
progresso, al miglioramento, ricorre spesso nei suoi pensieri e si fa sempre
esortazione accorata, perché Silvio Giudice Grisafi non ammette pigrizia,
rilassamento, approssimazione, anzi sprona a valorizzare le proprie risorse: “Se
sai di possedere una qualità di valore, non tenertela per te; mettere il tuo
talento al servizio del mondo, è un preciso dovere”. Sembra essere proprio
questo il messaggio della sua opera, l’impronta che lascia nell’animo di chi legge
i suoi pensieri. Egli afferma: “In ogni uomo vi è una pianta che continua a
crescere, ma non tutti la dissetano e la nutrono”; infatti “Gli uomini a volte
ignorano le stelle perché il loro sguardo è troppo ben piantato nel terreno”. E
osserva amaramente: “ Il dramma dei nostri tempi è anche la mancanza di alti
obiettivi da raggiungere”. Solo qualcuno aspira ad elevarsi e si rivolge verso
l’alto cosicchè: “Il sublime affascina l’uomo”. Ma egli sprona tutti
esprimendosi con queste belle parole: “Siamo luci che brillano per un attimo
attraverso l’eternità cosmica e universale, ma quell’attimo è la nostra stessa
esistenza…se non riusciamo a brillare , vivremo una vita invano”. E raccomanda:
“Aziona lo spirito e… volerai”.
Dunque asserisce
con piena convinzione: “La qualità della vita dipende dalle nostre decisioni”. “Tutti abbiamo un’anima, il
libero arbitrio opera scelte e finalità esistenziali”. Perciò: “L’uomo non deve
rimanere impassibile di fronte a certe situazioni, se agire può migliorarle”. E
qui scende nella concretezza della vita quotidiana ma non escludendo neanche
problemi di vasta portata, anche mondiali: “Tutti i problemi vanno via via
risolti con l’ausilio della Ragione, altrimenti si rivelano nemici di sempre”.
Ed ecco l’insistenza sulla ragione: ““Dove l’uomo faber lavora con misura
seguendo la Ragione, lo spirito umano può fare miracoli”.
Ora il
miglioramento, cui spinge il nostro scrittore, nel quale miglioramento, con
grande apertura mentale, egli vuole coinvolgere tutta l’umanità perché, come
asserisce: “Noi siamo un popolo, nel Globo: il popolo degli Umani”, comincia da
se stessi, dal singolo: “Salva te stesso e salverai il mondo”. E tutto comincia
dalla conoscenza di se stessi. E qui balza con piena evidenza l’animo del filosofo
che si riallaccia al famoso motto del grande Socrate: (in greco) “Gnoti sè
autòn”, che significa: “Conosci te stesso”. Sembrano riecheggiare le sue
parole. Anche questo non è da tutti: “Vi sono persone che non cercano se stesse
perché sono ancora troppo giovani. Altre perché già troppo vecchie. Vi sono
quelli che non hanno interesse per se stessi, fondamentalmente non sanno ancora
di esistere. Altri, invece, che non lo fanno più perché si sono trovati”. E per
trovare se stessi indica una via che riecheggia questa volta un altro grande,della
letteratura, della filosofia e della teologia, Sant’Agostino: “Cerca Dio e
troverai te stesso”. Infatti il nostro scrittore sostiene: “La congiunzione
dell’uomo con Dio è il sacro ritrovamento del Sé”. E conclude: “Non
sottovalutare la saggezza: ella accompagna il cammino del pensiero nell’ottica
di una speranza e di una salvezza”. E prorompe: “La saggezza è la vera
salvezza”.
E saggezza inoltre
è pace perché proviene da una decisione di bene, ne scaturisce come un frutto:
“Se tutti ragionassimo davvero con la logica positiva della Ragione, non vi
sarebbero più guerre”. E ancora: “La Pace è una dea che distende gli animi,
alimentandosi dei pensieri elevati degli uomini”. E costata: “Il mondo ha
sempre più bisogno di pace e …luce”.
La salvezza può
provenire anche da un’altra fonte, l’arte, nella quale è inclusa la poesia.
Scrive al proposito: “La poesia è il segno di un pensiero estetico che si libra
nel divenire di un incanto”; “Ogni poesia è un appunto sulla bellezza
nell’itinerario estetico del vivere umano. Il punto dove ritroviamo il cammino
verso la vera salvezza”. Arte che , osserviamo noi, non è in contrasto con la
filosofia, tant’è vero che si può essere filosofi e nel contempo letterati,
come lo testimonia proprio lui, che è anche poeta e romanziere. Ha scritto una
silloge poetica “Piccole dimore” e due opere di narrativa: “Romanzo americano”
e “La storia di Jack”. E il punto d’incontro tra filosofia e letteratura è
proprio la ragione. Scrive: “La fantasia è una componente istintiva della
ragione”. Un fattore poi che accomuna filosofo e letterato è la predilezione
per il silenzio. “Il silenzio è una delle virtù del filosofo attento”, e nello
stesso tempo: “Il silenzio è l’azzurro sfondo della creatività”, “…in esso è lo
spazio infinito della mente”.
Se in queste
definizioni di poesia fa capolino sempre il filosofo, nei pensieri però si
avverte anche l’animo poetico del
nostro autore. E lo rivela nel gusto del silenzio, che già abbiamo visto, ma
anche nell’assaporamento della solitudine, costruttiva evidentemente; ancora
nella ammirazione della bellezza, del Creato, e infine ancora nel senso
dell’infinito e dell’eterno. Osserva infatti: “I poeti hanno più voci delle
persone comuni, perché la poesia rispecchia il mondo degli uomini nei misteri
espressi delle loro solitudini”; ancora: “Fruire della bellezza con stupore
sincero, denota una sensibilità d’animo che si trova sicuramente nei poeti”. In
particolare la bellezza della natura: “Osservare le fronde degli alberi stando
sdraiati sotto è uno dei massimi piaceri estetici della vita”; “Osservare la
bellezza del Creato è rendere onore al Creatore”; ancora: “Tra luci ed ombre
emergono sensazioni di infinito”, “L’eternità è discreta, soffia all’orecchio come
un sussurro che si disperde nell’aria e ricorda l’infinito”.
Tanti suoi pensieri
inoltre sono poesia, raggiungono la poeticità, come ad esempio: “Quando la neve
imbianca i pendii delle colline, sotto si conserva la vita per rigenerarsi a
primavera”, e altrove: “Ogni primavera è un nuovo Paradiso attraverso il sole
Dio infonde la sua luce”, e infine: “L’amore ha il volto di un sussurro nella
leggerezza della eternità”.
Abbiamo visto i
punti di contatto tra filosofo e letterato ma ci sono anche evidentemente le divergenze.
E’ lui stesso che le mette in rilievo: “Il reale incombe sempre sui sogni
dell’artista mentre il filosofo osserva e pondera ogni cosa” poi “Mentre l’arte
è universale l’estetica del linguaggio della filosofia è un’estetica per gli
addetti ai lavori”.
A questo punto è
bene soffermarci sullo stile di
questi pensieri , che non è da filosofo, con linguaggio per competenti in
materia, ma da letterato, accessibile a tutti. Uno stile colto ma senza
ricercatezze; semplice, chiaro, colloquiale; è il linguaggio dell’esistenza. E
qui vorrei mettere in risalto un aspetto della personalità di Silvio, Giudice
Grisafi, che trapela attraverso le pagine di questo libro, e cioè la figura
dell’educatore. Si percepisce la trasparenza cristallina delle sue intenzioni
che altro non sono che quelle della promozione della crescita sia umana che
intellettiva, di chi legge, come se avesse davanti una scolaresca. Questo
trapela in sottofondo. Fa pensare quasi a un novello don Bosco. E per questo è
necessario un requisito che sta a fondamento per un educatore, la dirittura
intellettuale e morale, che egli dimostra di ben possedere. Tanti pensieri sono
formulati alla maniera di consigli: “Se sai di non sapere taci e ascolta”; “Se
imbocchi un sentiero dritto e felice, non lasciarlo, se pensi di deviarlo,
tradiresti senza dubbio te stesso”.
Ora infine
concludiamo con una immagine che mi suscita l’opera e l’autore che c’è dietro
l’opera; questi pensieri sgorgano dalla sua penna con l’elevatezza dei paesaggi
alpestri con i loro monti le cui cime si perdono nel cielo tra le nuvole e
scorrono saltellanti con la freschezza degli zampilli di acqua di sorgente.
Un’ultima cosa
vorrei aggiungere: questi pensieri non scaturiscono da stati d’animo
soggettivi, non sono opinioni personali, non sfoghi dell’animo. Spesso oggi si
trova in certi autori qualche espressione del genere: “L’uomo è una belva, la
peggiore delle belve”. Questo dimostra che chi lo ha scritto si è nutrito solo di
informazione, la fonte è la televisione. Questi invece sono pensieri che, come
confida Silvio stesso, sono frutto di “studi lunghi e ponderati”; infatti qui
troviamo che l’uomo è l’essere dotato, oltre che di anima sensitiva, anche di
anima spirituale, e lo spirito è intelligenza e volontà; è dotato di libero
arbitrio che nella scelta del bene diventa libertà. Questi sono concetti che
noi ritroviamo in Tommaso D’Aquino che nella Summa Teologica ha sviscerato la
verità in tutti i suoi aspetti. Sono pensieri frutto di conoscenza, di
sapienza, di saggezza. Perciò non sono legati al momento, alla situazione
contingente, cambiata la quale, se c’è pace allora l’uomo è un essere
tranquillo; questi ultimi sono pensieri che, come dice Dante, sono “soffi di
vento” (lo dice a proposito della fama, della gloria umana), “che or vien
quinci or vien quindi e muta nome perché muta lato”, ma non hanno nessun valore
duraturo, perenne, non trascendono il tempo. E non è questo il caso di Silvio
Giudice Grisafi.
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