di Gianandrea de Antonellis
La raccolta di
scritti dello studioso fiorentino Attilio Mordini (1923-1966), curata da
Tommaso Romano, comprende tre saggi apparsi su «L’alfiere. Rivista tradizionalista
napoletana», fondata e diretta
da Silvio Vitale: L’Ordine
Costantiniano, La regola Basiliana
dell’Ordine Costantiniano e l’approfondito studio simbologico II
Giglio, antico fiore dei Re. Ad essi si affianca l’articolo Carità
Equestre (pubblicato
inizialmente su «Ordo Pacis. Reme
du Front equestre international) ed una aggiornata bibliografia delle monografie di
Mordini e dei principali scritti sullo scrittore fiorentino. Di particolare
importanza il saggio sulla regola dell’Ordine, derivata da quella dettata per i propri
monaci nel IV secolo da San Basilio
(330-379). Essa venne stabilita nel 456 da papa S. Leone Magno, che confermò
per l’istituzione cavalleresca la regola monacense, affratellando, anche nel
mondo cristiano, «le istituzioni del monachesimo e della cavalleria» (p.
27). Ciò sottolinea «la natura canonica della Sacra Milizia e quindi la sua
vocazione prevalentemente religiosa» (come scrive Diego de Vargas Machuca
nella prefazione). Quello di San Basilio è un semplice decalogo, che viene
breve commentato da Mordini: 1) meditare quotidianamente sulla passione di
Nostro Signore e quindi digiunare il venerdì; 2) combattere per la Fede
cristiana; 3) difendere la Chiesa e i suoi ministri; 4) portare le armi solo
contro i nemici della Chiesa e dell’Impero; 5) sopportare le ingiurie e
vivere con modestia; 6) portare su di sé il simbolo della Croce (e maneggiare
solo spade a forma di croce e non sciabole); 7) vendicare (spiritualmente) la
morte di Cristo; 8) soccorrere le vedove, gli orfani e i poveri; 9) obbedire
ai superiori; 10) vivere castamente con la propria moglie. Per i Costantiniani
è dunque previsto il matrimonio (a differenza dei Giovanniti e dei Templari):
non c’è obbligo di castità assoluta, ma solo di castità matrimoniale. Ai nostri
tempi, conclude l’autore, in cui non è pensabile una guerra santa, ma neppure
un’obbedienza assoluta a un superiore (se non all’interno di un monastero), «se
da un lato si può sostituire la spada con mitra, il cavaliere col motore, la
catapulta col cannone, le castella con i Bunker, non si può sostituire —
dall’altro — la carità con le previdenze sociali, l’unità del genere umano,
sentita dalla
naturale gerarchia del feudalesimo, con l’interesse comune e con la pianificazione collettiva; in una
parola, non si può sostituire l’Impero nella sua gerarchia di persone vive, con
l’ente anonimo e impersonale dello Stato che tutti e tutto opprime per il suo innaturale meccanismo
burocratico» (p. 40). Dunque, «la Regola Basiliana, letta, riletta e meditata,
è per il cavaliere testo di autentica formazione interiore, igiene spirituale
a tenerlo ben fuori del mondo moderno con tutta l’anima sua. “Ove è il tuo
tesoro — dice Gesù — là è il tuo cuore” (Mt 6,21); e se il cuore del cavaliere
costantiniano sarà costantemente sui precetti della Regola di San
Basilio, su quei precetti formulati e scritti per uomini d’arme che vivevano in
un mondo ancora degno di loro, sarà lontano dal mondo moderno e dalle moderne
pompe di Satana (ben più insidiose di quelle antiche!), sarà lontano dal regno
della Bestia, per vivere, nutrirsi e formarsi
al Regno di Dio che ha dato il Suo Unigenito a redimerlo. Ed è appunto in hoc Signo, nel segno della Croce per la
Redenzione universale, che... in questo
decalogo consiste — ancora — tutta
la virtù del milite cristiano e la salute per il conseguimento
della patria eterna» (p. 40-41).
Gianandrea de Antonellis
Nessun commento:
Posta un commento