di Domenico Bonvegna
In un mondo in frantumi come
quello che stiamo vivendo, la testimonianza di monsignor Giovanni
D'Ercole nel suo libretto“Nulla andrà perduto. Il mio grido
di speranza per l'Italia”, edito da Piemme (2012), mentre sta nascendo un
nuovo mondo, potrà aiutarci a non perdere la speranza. Monsignor D'Ercole ha
scritto questo saggio quando era vescovo dell'Aquila, la città martoriata dal
terremoto. Nel testo, in pratica il vescovo si racconta, raccoglie esperienze,
fa alcune riflessioni, racconta gli incontri con varie personalità, il tutto
coinvolgendo una ragazza di nome Alice.
Un libro per i giovani.
E' un libro che viene
scritto soprattutto per le nuove generazioni che sono stanchi di vivere e non
hanno più niente da chiedere a “questa società di merda!” Sono le parole
Alice, ma possono essere di tante altre ragazze o ragazzi di oggi che vivono
nella solitudine e nell'angoscia. Monsignor D'Ercole propone di fare un viaggio
a tutte le Alice di questa società per far nascere quelle“relazioni, che
sono l'essenza del nostro essere e del nostro esistere in questo mondo”.
L'intento del vescovo è
quello di trasmettere a tutti i giovani la sua esperienza come un testamento
di amore, trasmetterlo sia ai giovani cristiani, che a quelli che non lo
sono. Per questo il vescovo ricorda la giornata del 15 ottobre del 2011, quando
nella stessa giornata a Roma si sono celebrate due manifestazioni di segno
opposto: nel pomeriggio i cosiddetti indignados, i black bloc,
che hanno sfasciato Roma, peraltro durante la manifestazione, hanno anche
simbolicamente frantumato una statua della madonna. In serata, invece sono
stati protagonisti i giovani delle“sentinelle del mattino”, i nuovi
evangelizzatori, diecimila ragazzi e ragazze, riuniti attorno al Papa.
Nella prima parte del libro,
monsignor D'Ercole sottolinea l'attualità delle persecuzioni nei confronti
della Chiesa e dei cristiani:“il fenomeno della persecuzione dei cristiani e
quello dell'illanguidirsi della fede nelle comunità cristiane sono tra loro
collegati, sono facce della stessa medaglia[...]”. C'è da preoccuparsi,“quando
tutti dicono bene dei cristiani, perchè significa che sono scesi a compromessi
e a patti con lo spirito del mondo”.
Il terremoto dell'Aquila una
metafora del disfacimento spirituale e morale della società italiana.
Il testo parte
dall'esperienza del dopo terremoto dell'Aquila,“La croce e la pala”. “Con il
trascorrere dei giorni – scrive D'Ercole - mi resi conto che quando si
parla di ricostruzione si dovrebbe pensare meno ai mattoni e più agli uomini”. Certo
il terremoto ha distrutto le case, le chiese, il centro storico, tra i più
ricchi di cultura del nostro Paese, ma“i palazzi crollati si vedono, sono
invece invisibili a occhio nudo le ferite più profonde: i drammi personali di
chi ha perso familiari, parenti, casa, lavoro...tutto”. Infatti per tanti è
più preoccupante, “l'emergenza delle relazioni”. La sfida prioritaria
della ricostruzione è quella di garantire un futuro soprattutto culturale e
spirituale. “A che serve, - si domanda monsignor D'Ercole - infatti,
rimettere in piedi le case, se poi manca un sostenibile progetto di sviluppo
che dia speranza a quanti le case dovranno riabitarle?”
L'Occidente soffre di una
crisi di relazioni.
Nella nostra epoca,
l'emergenza è la mancanza di relazioni, lo sottolinea più volte anche padre
Etienne Roze, nel suo bellissimo saggio,“Verità e splendore della differenza
sessuale”, Cantagalli (2014) a proposito delle famiglie. “Quanta fatica
a stare insieme, ascoltarsi e parlarsi! Eppure occorre ripartire da qui: da un
ascolto che si fa amore e che si esprime in piccoli gesti quotidiani di
attenzione e di accoglienza”.
Il libro di Giovanni
D'Ercole si occupa della crisi economica che sta tormentando l'Occidente, ma si preoccupa soprattutto di
un'altra crisi, quella spirituale,“accanto a quella materiale c'è una
miseria che la accompagna e che preoccupa ancor più: è la solitudine, la
depressione e qualche volta la disperazione”.Non lasciamoci prendere dal
panico, la crisi, oltre a un pericolo, può essere anche un'opportunità, è una
sfida che dobbiamo accettare. Come bisogna accettare l'altra sfida
preoccupante, quella dell'immigrazione. Del resto il mondo sta mutando
rapidamente.“Si è conclusa un'epoca e dall'11 settembre del 2001- giorno
dell'attentato alle Twin Towers di New York- non si tornerà più indietro”.
Anche monsignor D'Ercole fa
riferimento al cambiamento epocale, e prendendo in prestito un'espressione dal
grande vescovo sant'Agostino, scrive che”non stiamo assistendo alla fine del
mondo, ma al sorgere di una nuova era ricca d'incognite e di speranza”.
Insiste monsignor D'Ercole, “la crisi, per sua stessa definizione, è un
tempo di cambiamento e potrebbe essere l'occasione per riscoprire il valore
delle cose che contano davvero, il senso della vita, e farci riassaporare quei
sentimenti semplici che rendono serena e feconda l'esistenza”.
Il libro è scritto
soprattutto per i giovani, quindi Giovanni D'Ercole, parlando di recuperare le
relazioni, è convinto che lo sport potrà dare un grande aiuto a educare
alla vita e soprattutto alla nuova evangelizzazione. Il vescovo fa
riferimento allo sport dilettantistico e non a quello del tifo sportivo, spesso
associato a episodi di violenza.
Descrivendo la sua
esperienza in Africa, affronta la questione islam il dialogo
interculturale, il confronto interreligioso. D'Ercole sostiene che,“Non
si può inoltre dimenticare la volontà di conquista di un certo islam
fondamentalista rispetto a un mondo cristiano secolarizzato, empirista e
pragmatico”.
Di fronte al tema delicato e
complesso dell'integrazione degli immigrati nelle nostre società, monsignor
D'Ercole, auspica che bisogna rispettare la dignità di ogni persona, la libertà
religiosa, ma nello stesso tempo, occorre garantire “un ordinato svolgimento
della vita della comunità, dove vengono a inserirsi gli immigrati”.In
pratica accoglienza ma nella sicurezza.
Le tesi del vescovo possono
suscitare qualche perplessità, ma“è inutile combattere battaglie di retroguardia
– scrive D'Ercole - ostinandosi a considerare gli immigrati come un
corpo estraneo da espellere, oppure da contenere ritenendoli forzati ospiti non
graditi. Essi sono necessari per le nostre società che invecchiano, e per le
nostre economie”. Quello che è importante è non perdere le nostre radici
culturali e cristiane.
I Santi al servizio del bene
comune.
Nel libro Giovanni D'Ercole
fa riferimento a diverse figure che hanno segnato la storia del cristianesimo,
e non solo, a cominciare da don Luigi Orione, fondatore della
Congregazione, “la Piccola Opera della Divina Provvidenza Don
Orione”, di cui monsignor D'Ercole fa parte. Don Orione, fu inviato
dal papa san Pio X a Messina proprio dopo il terremoto del 1915. Monsignor
D'Ercole prima di diventare vescovo è stato vicedirettore della Sala Stampa della
Santa Sede, poi capo ufficio della prima sezione degli affari generali della Segreteria
di Stato del Vaticano, quindi ha conosciuto bene san Giovanni Paolo II, qui
ne sintetizza la poliedrica personalità del grande papa polacco, difficile da
incapsulare in uno schema predefinito. Infatti i giornalisti, nel corso degli
anni spesso sono stati spiazzati dalle sue sue prese di posizione, a volte
hanno cercato di definirlo come tradizionalista, un conservatore, altre volte
moderno, o progressista. In particolare, qui si coglie l'audacia apostolica e
il coraggio evangelico, di papa Wojtyla,“era l'unico leader al mondo capace
di trascinare gente e smuovere coscienze”. “La sua forza era il messaggio che
proclamava, la potenza della fede testimoniata con coerenza in una società
piuttosto spaesata e alla ricerca di punti seri di riferimento”.
Qualcuno ha definito il suo
pontificato come“una ricca enciclopedia, dove sfogliando le pagine si riesce
ad abbracciare in pratica l'intero spaccato dell'umanità[...]”.
Un altro grande papa da
raccontare è Benedetto XVI, l'umile servitore.“Il suo insegnamento offerto
con semplicità, chiarezza e fermezza costituisce ormai un punto di riferimento
per tanti”. Il testo è ricco di tanti altri incontri che il vescovo ha
fatto e vuol far conoscere ad Alice. Colpisce e impressiona la figura del
cardinale vietnamita Francois Xavier Nguyen Van Thuan, tredici
lunghi anni di prigionia, sorvegliato continuamente da due guardie. Un altro incontro
totalmente diverso che racconta nel libro è quello di Alberto Sordi,
che monsignor D'Ercoli, in pratica, ha accompagnato fino alla morte: “Tu mi
devi aiutare ad andare lassù”, gli disse, il celebre attore. Ma ci sono
incontri anche di popolani, come il barbone Pierluigi. E ancora
l'incontro con Carlo Carretto,
che gli consiglia di fare deserto, il silenzio è fondamentale. Viviamo
tempi dove prevale il rumore, è importante “ricavarsi una nicchia di
solitudine nella frenesia quotidiana”. Ancora un'altra figura proposta è
quella di don Tonino Bello, il vescovo scomodo di Molfetta.
Interessante una frase riportata da D'Ercoli nel libro: “Io non risolvo il
problema degli sfrattati ospitando famiglie in vescovado. Non spetta a me
farlo, spetta alle istituzioni: però io ho posto un segno di condivisione che
alla gente deve indicare traiettorie nuove, deve insinuare qualche scrupolo
come un sassolino nella scarpa”.
Ma“Vale la pena essere
cristiani?”
E' un'interessante domanda
che si pone monsignor D'Ercole. E' un interrogativo che gli ricorda, gli anni
sessanta quando frequentava il movimento OASI fondato da padre Virginio
Rotondi, qui c'era quel giovane Luigi Calabresi, che poi
da commissario sarà ucciso a Milano il 17 maggio 1971 da militanti comunisti di
Lotta Continua. Calabresi, era una bella figura di uomo, di cristiano, di sposo
che aveva scelto per vocazione di lavorare nella polizia. E' stata introdotta
la causa di beatificazione, a suo tempo Giovanni Paolo II, l'ha definito: “Testimone
del vangelo ed eroico difensore del bene comune”. Un'altra bella figura
evocata è quella del giovane giudice agrigentino Rosario Angelo Livatino,
barbaramente assassinato dalla mafia, anche per lui è iniziata la causa di
beatificazione, definito da papa Wojtyla,“un martire della giustizia e
indirettamente della fede”. Calabresi e Livatino sono due figure che
andrebbero conosciute e valorizzate meglio, due uomini che certamente aiutano a
maturare nella fede, come ha ben scritto Giovanni D'Ercole ora vescovo di
Ascoli Piceno.
Si può evangelizzare anche
con la televisione e internet?
Giovanni D'Ercole è stato
anche un personaggio televisivo, un uomo di comunicazione, volto noto al
pubblico di Rai Due, da anni conduce una trasmissione seguita,“Sulla via di
Damasco”, per questo si racconta in un capitolo,“Un sacerdozio catodico.
Anzi, digitale”.Comunicare è un dono di natura e a proposito della
comunicazione in televisione, mi ha colpito quello che scrive monsignor
D'Ercole: “devi preoccuparti di essere te stesso, in modo naturale, sincero,
senza farti prendere dall'ansia di dover dire tutto quello che hai in corpo”.
Questa riflessione mi fa pensare a quando conducevo la mia trasmissione
radiofonica, forse mi facevo prendere da questa ansia di raccontare tutto in
una trasmissione.
E dell'oceano telematico di
internet, dove navigano miliardi di utenti, il vescovo, al riguardo, è convinto
che internet è un servizio favoloso ma può essere anche pericoloso, pieno di
insidie e di rischi. Pertanto secondo D'Ercole, oggi è necessario, “una
saggia educazione all'uso dei mezzi di comunicazione sociale, che non è
prudente idolatrare né demonizzare”.
Il libro di monsignor
D'Ercole è ricco di spunti, di riflessioni, scritto con chiarezza e che
sicuramente potrà essere utile per i tanti giovani, ma non solo, per tutti
quelli che hanno perso la speranza, in questa Italia dai tanti problemi.
Nessun commento:
Posta un commento