di Domenico Bonvegna
Ogni anno in
occasione dell'anniversario della “strage di Capaci” che comportò
l'uccisione del giudice Giovanni Falcone e della sua scorta, si
assiste alle solite ripetitive ritualità, perlopiù monopolizzate dai professionisti
dell'antimafia. Nel profluvio dei discorsi nessuno però ricorda tra i tanti
commenti che,"tra la fine di maggio e i primi di giugno Falcone
sarebbe dovuto venire a Mosca per coordinare le indagini sul trasferimento
all’estero dei soldi del Pcus". Notizia riportata dallo stesso Il Corriere della Sera del 27
maggio 1992. E tanto meno questi professionisti dell'antimafia se ne guardano
bene dall'accennare al recente documentato libro-inchiesta, “Il viaggio
di Falcone a Mosca”, scritto da Francesco Bigazzi e Valentin
Stepankov, con i contributi di Carlo Nordio e Maurizio Tortorella,
edito da Mondadori nel 2015. Il testo tratta dell'inchiesta internazionale che
Giovanni Falcone aveva iniziato a seguire sulle tracce dell'”Oro di
Mosca”: rubli e dollari versati segretamente al Pci per un valore di
oltre 989 miliardi di lire tra
il 1951 e il 1991.
Infatti, pochi
giorni dopo Falcone sarebbe dovuto volare a Mosca per incontrare Valentin
Stepankov. Questi era stato nominato l’anno prima, a poco più di quarant’anni,
procuratore generale della neonata Repubblica russa, e aveva subito cominciato
a indagare sui fondi che il Pcus aveva inviato all’estero. Qualche mese prima
Stepankov era stato a Roma, dove aveva incontrato Falcone; ne erano nate una
stima e un inizio di collaborazione, che appunto avrebbe dovuto proseguire con
un viaggio di Falcone a Mosca in giugno. Ma quel viaggio non ci fu, e
all’indomani dell’attentato Stepankov “disse che gli attentatori, tra
l’altro, avevano raggiunto ‘l’obiettivo di impedire il suo viaggio a Mosca”.
Francesco Bigazzi che è autore insieme a Valerio Riva, dell'”Oro da
Mosca” (1999), con questa nuova pubblicazione ritorna su quegli
avvenimenti, pubblicando una serie di colloqui con Stepankov e stralci delle
inchieste che il procuratore svolse sugli autori del fallito golpe del 1991 che
condusse alla fine dell’Urss, sulla misteriosa serie di suicidi che ne
seguirono e sugli inquietanti risvolti finanziari della vicenda.
Dalle carte emerge in primo luogo come i
finanziamenti ai partiti fratelli fossero una parte integrante della politica
sovietica, al punto che lo stesso Gorbaciov può tranquillamente dichiarare che
“Le modalità e i meccanismi con cui si costituiva il Fondo di assistenza
internazionale ai partiti e alle organizzazioni operaie e di sinistra mi sono
ignoti. A mio parere, tutto si basava sulle informazioni degli esperti di
questioni internazionali”.
Nel libro
Stepankov racconta con precisione i fatti che riguardano l'inchiesta sulla
trasmissione di denaro del Pcus ai partiti fratelli comunisti, e ai movimenti di sinistra
stranieri, che avevano avuto inizio a partire dal 1922.
Stepankov
racconta con precisione la sua collaborazione con il giudice Falcone, “Stepankov
sarà sempre grato - scrive Bigazzi - al giudice Falcone, come ama
chiamarlo, per essere stato il primo, e più convinto, magistrato occidentale
deciso a collaborare con gli inquirenti dell'appena nata Federazione Russa”.
In poco tempo il livello di fiducia arrivò al punto che per la prima volta
nella storia dell'Urss,“la Procura generale osa violare gli archivi più
segreti del mondo non solo per trovare materiale utile alle proprie
inchieste[...]”, ma anche da“consegnare alla procura di un Paese che,
fino al giorno prima, si trovava dall'altra parte della cortina di ferro”.
C'era tanto materiale che Stepankov voleva affidare personalmente a Falcone, e
che dopo la sua morte consegnò ai magistrati romani. Peraltro lo stesso
Stepankov, per tenere vivo il ricordo del giudice Falcone, ha pubblicato, una
parte cospicua del materiale raccolto, in due libri:“Il complotto del
Cremlino” e “GKCP. 73 ore che hanno cambiato il mondo”. Questo
materiale è di grande interesse, ha costituito la base per una corretta
interpretazione“della complessa problematica legata all''oro di Mosca'. Un
meccanismo intricato, dominato da intrighi e spie, Kgb e Pcus”, che
Stepankov e i suoi colleghi riescono a sbrogliare. “Si può dire, senza
esagerare, che il giudice Falcone lo
abbia aiutato a guardare con occhi diversi una questione che in Russia nessuno
aveva mai osato affrontare”.
Del resto
Bigazzi sottolinea come in nessun altro Paese al mondo era esistito un Partito
comunista come quello dell'Urss.“Il Pcus era una struttura sovrastatale, viveva
secondo le proprie leggi e non era sottoposto a nessun controllo dall'esterno,
inoltre questa sua posizione eccezionale era ribadita nella Costituzione”.
Era una condizione eccezionale e privilegiata, mai vista prima, e proprio per
questo risiedono le cause di tutte le difficoltà dell'inchiesta. Naturalmente i
capi e i funzionari del Pcus, non si piegano al pentimento o alle confessioni,
anzi spesso negano di aver versato soldi del partito ai partiti fratelli.
Bigazzi ci tiene
a precisare che “una delle caratteristiche più paradossali del Partito
comunista sovietico era la sua irriducibile tendenza all'illegalità. Infatti,
“Pur essendo 'dirigente e direttivo', detenendo ogni immaginabile e
inimmaginabile diritto, il partito preferiva sbrigare i propri affari in gran
segreto, e durante tutto il lungo periodo in cui governò incontrastato non uscì
sostanzialmente mai allo scoperto. Peraltro, “Le diciture SEGRETO e
SEGRETISSIMO precedevano la maggior parte della documentazione di partito”.
Naturalmente
anche le finanze erano rigorosamente coperte dal segreto, soprattutto quelle
riguardanti il conto n.1 della Vnesheconombank. Nella sezione
internazionale del Comitato centrale del Pcus, erano pochi dipendenti a
conoscere il conto secretato e quasi tutti i documenti che lo riguardavano
erano scritti a mano, le dattilografe non potevano essere ammesse a segreti
tanto importanti. E quelli che hanno ricevuto negli ultimi dieci anni un
consistente aiuto materiale da parte del Fondo sono stati i partiti comunisti di
Francia, Stati Uniti, Italia, Finlandia, Portogallo, Cile e Israele, mentre in
quantità minore sono stati finanziati più di novanta partiti in tutti i
continenti. “Mandate qualcuno a prendere il tabacco”, i
sovietici, lo chiamavano così, con un linguaggio convenuto, il denaro per i
partiti comunisti stranieri. Una somma complessiva affluita nelle casse dei
partiti di oltre 200 milioni di dollari Usa.
Dopo la morte di
Falcone, Valentin Stepankov consegnò ai giudici romani il dossier che
riguardava tutte le malefatte dei dirigenti del Pcus e dell'Urss: Un quadro
completo che interessa tutti i partiti comunisti del mondo. Una parte riguarda
anche il Pci.
Secondo
Bigazzi il Pci è senza dubbio il partito comunista occidentale che ha
maggiormente beneficiato dell'”assistenza fraterna” del Pcus. “Eppure questi
finanziamenti, che potremmo definire 'effettuati alla luce del sole', sono di
gran lunga inferiori a quelli che il partito comunista italiano, tramite
numerose società di comodo, per non parlare delle cooperative rosse, è riuscito
a intascare attraverso operazioni ritenute illegali dagli inquirenti russi”.
Nel libro vengono pubblicati documenti che spiegano con estrema chiarezza i
meccanismi usati dai dirigenti comunisti italiani per alcune di queste
operazioni.
A preoccupare
sia Stepankov che Falcone era quell'”economia invisibile”, che avevano
creato i vertici finanziari del Pcus, prima di implodere. Risulta chiaramente
come alla vigilia della dissoluzione dell’Urss il flusso di denaro all’estero
diventi un modo per costruire una via di scampo dai cambiamenti che si
profilano. Occorre, recita infatti una nota del Comitato centrale del Pcus del
23 agosto 1990, classificata come “SEGRETISSIMO”, “preparare proposte circa
la creazione di strutture economiche nuove, ‘intermediarie’ (fondazioni,
associazioni, ecc.), che con un minimo di legami ‘visibili’ con il Comitato
centrale del Pcus possano diventare centri di formazione di un’economia del
partito ‘invisibile’”. Che cosa c’entra tutto questo con Falcone? Bigazzi
lo dice con le parole di un articolo pubblicato il 5 giugno del 1992 nientemeno
che da Repubblica: “I rubli che lasciavano l’Urss arrivavano anche alle
cosche siciliane. Ecco perché, dicono, se ne interessava anche Falcone”. Ed
ecco perché – stavolta è Giulio Andreotti intervistato da Bruno Vespa –
“l’attentato a Falcone fu organizzato in modo così spettacolare che, né prima
né dopo, la mafia da sola fece niente di simile”.
Il testo
racconta dei 1746 suicidi eccellenti dei vertici dell'ex Pcus,
registrate in soli 3 mesi.“La grande maggioranza dei suicidi riguarda
personaggi che avevano avuto a che fare, ricoprendo talora posizioni di
grandissimo rilievo, con quelle immense ricchezze del partito di cui si sono
perse le tracce e che forse nessuno è mai riuscito davvero a quantificare”.
Al primo posto ci sono gli ultimi due tesorieri del Pcus, Nikolaj Krucina e
Georgij Pavlov, entrambi si gettarono nel vuoto dalla finestra di casa. A
questo proposito è interessante la “Nota” con misure urgenti di Krucina, redatta
a dieci mesi dalla caduta del Muro di Berlino. Come organizzare le attività
commerciali del partito all'interno e all'estero. Società miste, concepite per
far fuggire capitali dalla Russia e farli scomparire oltreconfine, le famose
Joint-venture.“Una vera e propria bibbia dei fondi neri”.
In appendice al
libro si trovano due contributi, uno del vicedirettore di Panorama, Maurizio
Tortorella e l'altro di Carlo Nordio, procuratore aggiunto di Venezia. Il primo
si sofferma sulla montagna di denaro spedita in quarant'anni al Pci fino al suo
scioglimento. Si tratta di quasi 1000 miliardi di lire. L'Italia era una
destinazione privilegiata del fondo del Pcus, pesava per il 55 per cento dei
versamenti. Certo molti hanno negato di questi finanziamenti, ma Martelli, l'ex
Guardasigilli in un convegno romano di presentazione del libro “Oro da Mosca”,
conferma che Falcone era coinvolto nell'indagine tra Italia e Russia e peraltro
secondo il quotidiano russo, “Novye Izvestia”, Falcone era stato invitato a
coordinare le indagine dal presidente Francesco Cossiga in persona.
Il 6 giugno sul
“Corriere della Sera”, si racconta che perfino le campagne dei comunisti
italiani per i referendum sull'aborto e sul divorzio furono pagate dai
sovietici.
Carlo Nordio nel
suo contributo si occupa della cosiddetta “questione morale”, della cosiddetta
“superiorità morale” del Pci, sopravvissuto a Tangentopoli. Secondo Nordio “i
democristiani avrebbero avuto molti argomenti per rispedire al mittente le
bizzarre argomentazioni della questione morale”, magari “per zittire
i moralismi berlingueriani” .Gli ineffabili eredi di De Gasperi secondo
Nordio, erano terrorizzati dalla scoperta di analoghi finanziamenti americani.
Concludo con una
mia riflessione personale: la fine di Giovanni Falcone, per certi versi mi
ricorda quella di Ippolito Nievo, il tesoriere dei garibaldini,
che possedeva tutti i registri, i libri-paga della cosiddetta “Spedizione dei
Mille” in Sicilia. Nievo era depositario nonché conoscente di numerosi fatti
scomodi e segreti di cui era meglio non sapere. Quelle carte compromettenti per
qualcuno non dovevano arrivare a Torino e all'estero. E' chiaro che nelle carte
emergeva tra tanto altro, il coinvolgimento della spedizione garibaldina del
governo Cavour e soprattutto dell'Inghilterra. Pertanto Nievo richiamato dal
generale Acerbi, urgentemente a Torino, si imbarcò a Palermo sul piroscafo
“Ercole”, che stranamente naufragò nelle acque di fronte alla Calabria. Certo
la Storia non si ripete mai identica, ma talvolta qualche analogia si
riscontra.
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