di Marcello Falletti di Villafalletto
Questo testo,
di qualche anno fa, si prende il giusto arbitrio di esaminare in modo
fondamentale il Liber ad
Miles Templi De Laude Novae Militiae (Libro per i Cavalieri del Tempio, Elogio
della Nuova Cavalleria) di san Bernardo di Clairvaux e lo fa
attingendo alle fonti storiche, ai testi letterari del tempo; presentandoci una
esperta interpretazione che solamente l’Autore avrebbe saputo affrontare in
modo preciso e con metodologia straordinariamente scientifica.
Per conoscenza
diretta e per lunghi studi personali, possiamo affermare che abbiamo,
ripetutamente, avuto l’opportunità di leggere ed esaminare una notevole
quantità di testi inerenti all’argomento in oggetto e confermare che, alcuni,
oltre ad essere ripetitivi ne hanno anche dato una interpretazione talvolta
sommaria, inconcludente e tanto meno accessibile ad una razionalità moderna che
domanda invece chiarezza e lungimiranza; qualità e caratteristiche che, il
Brandini ha saputo non solamente cogliere e sviluppare in modo adeguato, ma
offrendone la giusta dimensione che richiede un testo non sempre di facile
lettura e tanto meno di oggettiva rielaborazione.
«Se l’intento
di san Bernardo era quello di offrire alla Nuova Cavalleria cristiana il vero
modello di nobilitazione dell’umana natura che è la Sequela Christi, vissuta nell’unificazione
dello spirito monastico e cavalleresco nella propria interiorità, dobbiamo
riconoscere che tale forma di vita e di realizzazione umana e spirituale
appartiene ai beni più nobili e preziosi della Chiesa.
A tutti coloro
che vivono lo spirito della vera Cavalleria cristiana sono affidati, ieri come
oggi, la difesa e la tutela delle inestimabili ricchezze spirituali e culturali
del popolo cristiano, come Bernardo di Chiaravalle ha cura di precisare nel
capitolo terzo del Libro per
i Cavalieri del Tempio: “Affinché i beni celesti non vengano
affatto pregiudicati, ma garantiti dalla gloria temporale che circonda la città
terrena, a condizione che in essa noi sappiamo riconoscere l’immagine di quella
che nei cieli è la nostra madre” »; come ha fortemente evidenziato il Padre
Abate dom Michael John (Christopher M.) Zielinski O.S.B. Oliv., offrendoci, in
tal senso, un chiaro metodo di lettura di un testo risalente al secolo XII.
Presentare o
recensire uno scritto non equivale a spiegarlo completamente ma dovrebbe
servire a stimolarne una lettura, attraverso gli aspetti principali e profondi
che, il critico ne sa cogliere, istillando nel lettore quella giusta e attenta
curiosità che si chiama fame di sapere, voglia di approfondire, ma anche di
assaporare le opinioni altrui per poi rielaborarle mettendole a confronto con
le proprie. Dobbiamo dire che, Nazzareno Brandini, grazie alle sue particolari
e precipue qualità ha saputo cogliere ed analizzare quegli aspetti che ci si
attenderebbe da un volume come questo, proprio perché, lui stesso, si è calato
nel contesto storico, nell’animo e nella mente del personaggio estensore;
cogliendone tutto quello che non avevano fatto altri, seppur valenti scrittori,
che hanno affrontato la genesi e lo sviluppo di un fenomeno culturale divenuto,
al tempo stesso, antropologico e paradigmatico di un fenomeno che, allo stato
attuale, viene giudicato sostanzialmente desueto, per non dire superato.
«Ciò che, con
l’intento esortatorio del libro, viene prospettato da Bernardo di Chiaravalle,
esula dalle descrizioni contenute, costituendo il risultato in termini di
realizzazione umana e spirituale che può essere scritto esclusivamente con la
propria vita e l’esemplarità delle proprie azioni. In tal senso il Libro per i Cavalieri del Tempio
è stato concepito e ha tutte le caratteristiche di un percorso formativo e di
iniziazione spirituale a livelli superiori di realizzazione di sé. – scrive
l’Autore nell’Introduzione
e prosegue – La formazione monastica e cavalleresca, concepita dall’Abate di
Chiaravalle per la Nuova Cavalleria rappresentata dalla Milizia del Tempio, è
sostanzialmente finalizzata all’emergere e al consolidarsi di una particolare
configurazione della coscienza individuale, come realtà interiore capace di
produrre nell’individuo quell’autonomia spirituale che lo porta ad incarnare
invisibilmente nella propria vita quel principio superiore che ne è la fonte».
Ed è in questo
fondamentale concetto che si denota quel deciso e radicale cambio di concezione
che si aveva prima di san Bernardo e che andò allargandosi e diffondendosi nei
tempi successivi. Se prima il movimento, o lo spirito della cavalleria,
affondava le radici nel servizio, nell’eroicità delle gesta, nella conquista di
uno status
sociale, da ora in poi sarebbe dovuto diventare una vocazione e una forma mentis, totalmente
spirituale, che se, unita al valore personale, alla valenza, all’abilità e alle
qualità di ognuno, avrebbe dovuto permettere di vivere una dimensione
completamente elevata e radicata totalmente in quel concetto che, il santo
abate, esprimeva come personale vocazione, dalla quale “un vero e leale”
cavaliere non avrebbe potuto prescindere.
Si apriva così
una concettualizzazione nuova, innovativa che avrebbe dovuto sfociare in quel
processo di civilizzazione e di sviluppo, umanistico e culturale, introducendo
il “barbaro medievale” attraverso quel Rinascimento che avrebbe abbracciato
tutte le energie ingegnose insite nell’esistenza dell’uomo, creato ad immagine
divina.
È verso questa
consapevolezza che l’Autore conduce il lettore e lo fa con quella sagacia e
quella finezza culturale di uno che sa scavare profondamente nell’intimo umano
e lo conduce, non solamente alla conoscenza di se stesso, ma realizzandosi e a
rapportarsi giustamente con i propri simili.
Una lettura
nuova, attuale, profonda, pregnante che permette di assaporare un testo tuttora
quasi disatteso o letto in modo controverso, non sempre chiaro, mentre questo
Autore ci riconduce nell’alveo di una concezione, seppur umanizzata,
incanalandola verso una ontologia raziocinante e profondamente stimolante;
senza fargli perdere quell’attrattiva che, ogni ognuno di noi, dovrebbe sempre
ricercare.
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