di Domenico Bonvegna
Le poche informazioni che ho
avuto su Antonio Oliveira Salazar risalgono agli anni della mia
giovinezza. La figura dell'esponente politico portoghese mi ha sempre
affascinato, purtroppo però non esiste una bibliografia adeguata in lingua
italiana. Anzi sono pochissimi i testi che riguardano lo statista lusitano.
Qualche anno fa, con i pochi elementi che avevo, ho tentato di presentare sui
giornali dove collaboro, il politico portoghese. Oggi ho qualche elemento in
più, addirittura un libro che ho appena finito di leggere. Si tratta di un
interessante studio sulla storia contemporanea del Portogallo e di Salazar,
scritto da Mircea Eliade, professore rumeno, tra i più importanti
studiosi di storia delle religioni. Il titolo: “Salazar e la rivoluzione
in Portogallo”, pubblicato dalle Edizioni Bietti di Milano
(2013).
Salazar è una figura poco
conosciuta, eppure ha governato il Portogallo per una quarantina d'anni. Dalla
stragrande maggioranza dei critici, degli storici, viene liquidato come un
dittatore clerico-fascista, che perlopiù ha imitato le varie dittature
nazionalfasciste del Novecento. Invece la verità non è proprio questa, anche se
certamente è stato un dittatore che ha sospeso i diritti democratici, tuttavia
merita essere conosciuto e soprattutto studiato.
Il curatore dell'opera, Horia Corneliu
Cicortas, nell'appendice al libro di Eliade, scrive:“I lettori italiani
hanno così l'opportunità di conoscere un'opera dedicata a un personaggio
storico che, soprattutto (ma non solo) in un periodo come quello che stiamo
attraversando, di crisi economico-finanziaria, smarrimento politico e
incertezza internazionale, può rivelarsi ancora – mutatis mutandis – di
una certa attualità”. Pertanto osservando il miserando quadro politico
italiano sarei tentato di fare l'apologia del dittatore portoghese. Tra
l'altro, lo studio di Eliade, scritto nel 1942, non mi sembra che abbia intenti
celebrativi dello statista. Tuttavia come per ogni figura o esponente politico
del passato, vale anche per Salazar, occorre sempre giudicare tenendo conto del
momento storico in cui è vissuto. Nonostante tutto Salazar è un uomo del
Novecento, il secolo delle “ideologie assassine”, come lo definì Robert
Conquest.
Ripeto prima di emettere
giudizi sul professore Antonio Oliveira Salazar, bisogna studiarlo
attentamente. Al momento in Italia è stato pubblicato pochissimo materiale, in
rete si trova poco, tutte le pubblicazioni sono in portoghese. Per chi è
interessato, ho scoperto un sito internet, naturalmente in portoghese. (oliveirasalazar.org).
Mircea Eliade, visse in
Portogallo, tra il 1941 e il 1945, in questo periodo ha dedicato un libro al
dittatore. Si
tratta di un saggio storico-critico, documentato e interessante, che
ricostruisce l’intricata storia portoghese, specie a livelli socio-politico,
praticamente dal ‘700 al ‘900, mostrando la peculiarità della cultura politica
lusitana e restituendo, dopo anni di damnatio
memoriae, la meritata fama ad uno dei più grandi politici cattolici del XX
secolo.
E' un testo non
solo per specialisti o appassionati della storia di una nazione tutto sommato
“periferica”, ma di un libro che potrebbe dare qualche contributo in merito
alla formazione politica del militante cattolico italiano di oggi.
Salazar nasce
nel 1889, da una famiglia modesta, diventa seminarista per ben otto anni,
studente di giurisprudenza e poi docente universitario di Economia, politica e
finanza all'università di Coimbra. Una città che amerà sempre, dove“aveva
trovato la geografia ideale per il suo spirito”. Qui Salazar da studente e
da professore, amava “tutto il silenzio delle biblioteche e la solennità
della Città Universitaria, le passeggiate solitarie, nei parchi e nelle valli,
dove poteva continuare in stato di quiete le conversazioni con se stesso[...]”.
In questa città medievale,“romantica e rivoluzionaria a un tempo, Salazar
incontra l'impulso verso le cose che durano: la Chiesa, la gloria del
Portogallo e le opere del pensiero”. Chiamato a ricoprire prima il
ministro delle Finanze, dopo quello del capo del Governo portoghese.“Tutte le informazioni
biografiche a nostra disposizione – scrive Eliade - parlano d’un bambino modello,
dotato di quelle virtù tanto più antipatiche quanto più precoci, come mitezza e
temperanza – è il figlio ideale e l’amico esemplare” (p. 128). E tale
resterà sempre: un esempio di integrità
morale senza falla e senza infingimenti.
Salazar scelse di vivere come un monaco nel mondo,
facendosi servitore di Dio e del suo popolo, senza demagogia e senza
esibizionismi, tutto dedito alla causa della sua rivoluzione: una rivoluzione
spirituale, e quindi, logicamente, anche politica.
Mircea Eliade
fin dall’introduzione si pone la domanda: “E’ storicamente realizzabile una
rivoluzione che abbia come protagonisti uomini che credono, anzitutto, nel
primato dello spirituale?” (p. 11). Inoltre,“Come è stato possibile
arrivare a una forma cristiana di totalitarismo, in cui lo Stato non confisca
la vita di coloro che lo costituiscono ma fa sì che la persona umana (la
persona – non l’individuo) conservi tutti i suoi diritti naturali?” (pp. 11-12). Sono proprie queste fondamentali domande che hanno spinto Eliade
ad occuparsi dello statista portoghese.
Per Salazar
l'educazione e la formazione degli uomini sono troppo importanti per essere
trascurate.“Era persuaso che il problema nazionale - come in Francia, Italia
e Spagna – fosse una questione di educazione […] e che, di conseguenza, poco
avrebbe contato il cambio dei governi o dei regimi, se non avessimo cercato, in
primo luogo, di cambiare le persone. Avevamo bisogno di persone,
dovevamo educarle”. La questione educativa della gioventù, è stato un tema
sempre presente nell'uomo politico Salazar. Attraverso la volontà e la
cultura, bisogna cambiare l'uomo. Si possono fare tutte le possibili
riforme, ma prima di tutto è “l'essere umano a dover essere riplasmato. E
questo è compito dell'educazione”.
Salazar crede
nella possibilità di cambiare l'uomo attraverso una formazione laica, avviata
in famiglia e portata a compimento dalla scuola.“L'uomo ha un'intelligenza,
che va guidata dalla verità; ha una volontà, che va indirizzata al bene; ha uno
scopo, che dev'essere vigoroso e sano...A poco serve la scienza, se non aiuta
l'uomo a diventare migliore”. Sono dei principi universali di una
straordinaria attualità. Salazar confida nella superiorità dei genitori
nell'educazione dei figli e proprio dalla collaborazione tra genitori e
insegnanti,“uscirà la patria di domani, il Portogallo che, spero in Dio,
sarà più vigoroso e forte, intelligente e istruito, virtuoso e buono!”.
Salazar era convinto che “con la sola politica non si possa trovare una
soluzione ai grandi problemi che ci coinvolgono[...] Persuaso che la soluzione si trovasse nel
profondo d'ognuno di noi piuttosto che nel colore politico dei ministri”.
Salazar nel 1921, partecipò per la prima volta ad una seduta parlamentare, e
capì subito l'inutilità di questa istituzione politica,“l'irrimediabile
precarietà del regime democratico-parlamentare”. Gli bastò un solo giorno
per comprendere il processo di disgregazione del regime politico portoghese.
Eliade descrive molto bene la situazione politica di quel tempo, del resto
quasi metà del volume si dilunga sullo spettacolo degradante della politica
portoghese:“I governi cadono ogni tre anni oppure ogni tre settimane, a
stento se ne tiene il conto[...] dappertutto si possono scorgere i segni della
decomposizione: la corruzione dei politici, gli abusi dei dirigenti,
l'incidenza dell'amministrazione, la rovina economica e finanziaria del Paese,
la degradazione della stampa, la sterilità della cultura. La gente non sa più a
chi riporre la propria fiducia, le proprie speranze”. Sembra di descrivere
la nostra società italiana.
In pratica dal
1911 al 1926 il Portogallo ha visto succedersi otto capi di Stato q quarantatré
governi. Mentre dal 1926, fino al 42, un solo capo di Stato, il presidente
Carmona e solo cinque esecutivi. Pochi Paesi possono vantare una simile
stabilità.
Naturalmente
questo stato di “salute” della società portoghese porta allo scoppio di colpi
di Stato da parte dell'esercito, così si giunge al 28 maggio 1926, quando i
generali si rivolgono al popolo portoghese, per liberarli da una minoranza
corrotta e tirannica, che ha umiliato la nazione portoghese. Si forma un
triunvirato e a sorpresa si nomina il Dr. Oliveira Salazar a ricoprire il ruolo
di ministro delle finanze.
Successivamente
il generale Carmona si impone come unico responsabile del governo del Paese,
che si rivolge di nuovo a Salazar per risolvere la grave crisi economica del
Portogallo, investendolo questa volta di pieni poteri. Intanto la dittatura
militare negli ambienti politici europei non era ben vista. Si è pensato di
aiutare economicamente il Portogallo, ma le condizioni economiche della Società
delle Nazioni, limitavano troppo la sua sovranità, pertanto il governo
preannuncia un programma governativo rivoluzionario, dove“ciascuno deve
cercare di realizzare il possibile in casa propria,incominciando a mettere
ordine nella propria vita e nella propria famiglia e sacrificando poco -un'ora
di sonno, un giorno di vacanza, uno spettacolo, un pasto, eccetera”.
Salazar
rinchiuso nel suo ufficio, si era preso l'impegno di riequilibrare il bilancio
in un solo anno, un miracolo a cui difficilmente si poteva credere. Scrive
Eliade:“La rivoluzione di Salazar era tanto più difficile da comprendere in
quanto d'una sorprendente semplicità; questo perchè gli interessavano anzitutto
le cose piccole e ben fatte”. Il dittatore era convinto di aver “combattuto
per una politica del buon senso contro quei piani, talmente grandiosi e vasti,
da farci disperdere tutta l'energia solo per ammirarli, senza più lasciarci la
forza di realizzarli”. La cosa più urgente del momento era di risparmiare.“Non
facciamoci illusioni. La riduzione dei servizi pubblici e delle spese porta con
sé restrizioni alla vita privata e, di conseguenza, sofferenze”. Così
chiede di essere lasciato in pace,“piegato su tabelle numeriche, sforzandosi
giorno e notte di ridurre, equilibrare e risparmiare”. Non incontra
nessuno,“si rifiuta di partecipare alle cerimonie ufficiali o ai banchetti
diplomatici, ossessionato da un solo pensiero: il pareggio del bilancio. 'Stiamo
chiacchierando troppo!' “. Aveva detto due mesi fa ai
lavoratori. Certo per un filosofo cattolico, che crede in quei valori, che più
volte ha ribadito, nel primato della spiritualità e della forza creatrice dello
spirito,“costretto a iniziare la propria rivoluzione raddrizzando il
bilancio d'un Paese sull'orlo del baratro e risanandone a fatica le finanze.
Eppure – scrive Eliade – anche con questa attività, apparentemente così
terrena e materiale, mantiene la propria tecnica spirituale: l'equilibrio del
bilancio non è solo l'impresa d'un esperto finanziario ma è allo stesso tempo l'opera
d'un moralista, d'un filosofo e d'un praticante cristiano”.
Salazar ha fatto
un “lavoro serio”, rispetto ai vari demagoghi e incompetenti che hanno
distrutto il Portogallo. Il suo bilancio “non è il risultato di combinazioni
artificiose”. Non si può continuare “con bilanci truccati e riforme
fittizie”. Si dal primo momento è sincero con il popolo. Anche se è
sgradevole, occorre mettere subito il Paese di fronte alla verità.“Le
persone devono capire di trovarsi sull'orlo del precipizio: la salvezza può
provenire solo da loro stesse, può essere perseguita con mezzi semplici[...]”.
Salazar non sta creando niente di nuovo, ma a poco a poco si intravede il suo
ruolo guida della nazione e di vero capo del regime nato dalla rivoluzione del
28 maggio. In un solo anno e mezzo, ha fatto solo tre discorsi, intanto, “il
miracolo in cui nessuno credeva si è compiuto. Per la prima volta dal 1913, il
bilancio del Portogallo non è più in passivo. Anzi, il budget del biennio
1928-1929 redatto da Salazar si conclude con un eccedente di 1.567.000 escudos,
rispetto al deficit di 388.667.00”.
Ecco perché a
proposito della crisi economica che attanagliava l'Europa negli anni 30 il
grande storico delle civiltà e pensatore svizzero Gonzague de Reynold,
poteva scrivere:“Il Portogallo, grazie alla dittatura del grande cristiano
Salazar è il solo Stato del globo, il cui bilancio, si chiude, in questi ultimi
anni, con un'eccedenza di entrate e con le tasse più leggere d'Europa” (Gonzague
de Reynold, La casa Europa,D'Ettoris Editori, Crotone, 2015)
Ma Salazar non
ha scelto di collaborare con la dittatura militare per ridurre soltanto il
deficit, anche perché essa si sarebbe potuta mantenere con la forza per altre
sei, dodici mesi, poi tutto sarebbe crollato. Il professore, il tecnico Salazar
auspicava sopratutto una rivoluzione nazionale,“perché i deficit erano
dovuti non soltanto a una detestabile amministrazione, ma anche a una falsa
visione del mondo e della vita”. Certamente il risanamento del bilancio
dello Stato era urgente, però per Salazar, non finiva lì:“a nulla sarebbe
valso un pareggiamento se la gente avesse continuato a credere nei vecchi miti
liberali di ricchezza, produzione, individuo, eccetera”.
Nel 1930 parlerà dei Principi
fondamentali della rivoluzione politica. Tra essi, il cardine è la
tutela della famiglia, la quale, contro l’individuo esaltato “dal liberalismo
politico del XIX secolo”, è la vera “cellula sociale irriducibile, nucleo
originario del villaggio, della città e quindi della nazione” (p. 223). “Vogliamo
costruire lo Stato sociale e corporativo in stretta corrispondenza con la
costituzione naturale della società. Le famiglie, i villaggi, le città e le
corporazioni nella quali si trovano tutti i cittadini, con le loro libertà
giuridiche fondamentali, sono organismi costitutivi della nazione e, in quanto
tali, devono intervenire direttamente nella formazione dei corpi supremi dello
Stato” (p. 223)
Secondo il dittatore,“solo
un’autentica e fertile vita spirituale è in grado di garantire l’ordine
politico, l’equilibrio sociale e il progresso economico”. Sono parole
da meditare e da affiancare a queste non meno attuali: “E’ la crisi morale, prima ancora di quella
materiale, a rendere infelice il mondo” (pp. 229-230).
Salazar non ha timore di
menzionare Dio e la fede in un discorso politico, “egli è un filosofo che
crede in Dio”. Non aveva la vocazione del dittatore capace d'incitare e
costringere le masse, non aveva la voce da tribuno, “era un professore
emigrato nella politica”, non ha mai tradito la propria vocazione
d'istruire, accudire ed educare gli altri. Non ha mai abdicato alla serietà e
all'onestà dell'insegnante. Peraltro secondo Eliade,“le sue idee politiche
non avevano nulla di straordinario; molte di esse erano già state formulate in
passato, alcune applicate in altri Paesi”. Ha sempre anteposto a tutto i
valori a cui credeva: Dio, il primato dello spirito, il Portogallo e la
famiglia. Fu un dittatore senza volerlo per Eliade. Sempre con
calma e fermezza, “Sapeva ciò che voleva e dove stava andando”.
Secondo Eliade, Salazar, “Da cristiano, buon portoghese e professore, ha
inteso edificare la rivoluzione nazionale sulle stesse fondamenta da cui era
partito quando era stato chiamato a salvare il bilancio del paese: il primato
della spiritualità cristiana, della tradizione latina lusitana”.
La nuova Costituzione
portoghese del 1938, reca l'impronta dello spirito di Salazar, vi si trovano
tutti i principi che avevano ispirato la dottrina sociale del
cattolicesimo moderno. “Le fonti della nuova Costituzione portoghese
sono l'enciclica Divini Redemptoris di Pio XI. La Carta del lavoro
italiana ma, soprattutto, la Quadragesimo Anno del maggio 1931”.
L'ispirazione cattolica non significa che Salazar ha costruito uno Stato
confessionale, naturalmente mantiene la libertà nei confronti della Chiesa
romano-cattolica. Del resto Salazar voleva mantenersi libero anche dai suoi
vecchi compagni di lotta, che invitava a rinunciare all'organizzazione politica
e partitica. “Non accetta di lasciarsi condurre da alcun dogma che non sia
quello della nazione”. Cercava di mantenersi sempre al di sopra delle parti
per non compromettere l'unità nazionale.
Nel momento in cui lo Stato
non è più considerato una “totalità di individui”[...] i partiti non possono
più sussistere e la lotta di classe si conclude”. Pertanto, “a
fondamento dello Stato va la famiglia e solo chi sia capofamiglia gode di
diritti politici; solo chi ha cura d'un focolare domestico è considerato capace
di scegliere i rappresentanti nelle Camere Corporative o nell'Assemblea
Nazionale”. Nell'organizzazione dello Stato, Salazar, attribuisce alla
famiglia un'importanza determinante. E' l'apologia della famiglia, uno dei
leitmotiv dei discorsi di Salazar.
La maggioranza dei
portoghesi è con Salazar, anche perchè sono troppo evidenti le opere materiali
e sociali. Ma questa maggioranza deve essere educata, convinta, deve essere
trasformata moralmente. Dev'essere sradicata da quella mentalità
democratico-liberale e principalmente massonica. Ecco che Salazar procede a mettere
al bando nel 1935 la massoneria.
Concludo. Salazar visse
nella semplicità e morì povero, conducendo un'esistenza fuori dal comune. Le
sue ricchezze furono i suoi ideali.
Amico intimo del cardinale
arcivescovo di Lisbona (con cui visse da studente) e di suor Lucia di Fatima
(la quale lo stimava molto), non ostentò mai la sua profonda religiosità, ma si
servì della dottrina cattolica e delle massime del Vangelo per essere un buon
servitore dei cittadini, specie dei poveri, dei semplici e dei marginali.
Insegna a tutti noi che è sempre possibile, malgrado
l’odio e la potenza dei nemici, “la passione calma di compiere il proprio
dovere, vivere verticalmente, accettare con serenità il proprio destino, senza
chiedere ricompense” (p. 237)
A me sembra che“Salazar ha tentato di salvare il
Portogallo attraverso una rivoluzione cristiana, vale a dire attraverso una
rivoluzione che partisse dalle cose piccole e ben fatte – e ci è riuscito”.
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