di Marcello Falletti di Villafalletto
Il fecondo e
competente Autore nella Premessa,
puntualizza come scrivere e pubblicare “un libro come questo è sempre un
rischio e un azzardo” e più avanti, evidenziandone lo scopo, aggiunge:
«L’obiettivo del testo è indicare ciò che è considerato inattuale e scorretto
rispetto ai tempi che viviamo, propriamente per sottolineare la sempre
permanente concezione di Aristocrazia, Cavalleria, Nobiltà, intesi come segno e
consapevolezza di Stile, per una risvegliata coscienza d’affinamento e qualificazione
del soggetto, di Distinzione
appunto, rispetto a tutto ciò che è, invece, conforme, standardizzato,
massificato nel singolo e nel processo abbrutente informe come drammaticamente
avviene nella società del nostro tempo». Dobbiamo riconoscere quanto non abbia
torto e, allo stesso tempo, sappia cogliere quasi tutti gli aspetti
antropologici e sociologici che osserviamo ogni giorno, rispetto ad una società
che idealizza e strumentalizza sempre di più valori e concetti che, continuano
invece ad adagiarla, per non dire a seppellirla, in una forma di
narcotizzazione totale e generale.
Sono cambiati
i tempi o gli uomini? Verrebbe da chiedersi! La modesta conclusione sarebbe
quella di affermare umilmente: tutti e due! Eppure pare strano e controverso
come l’uomo moderno, quello del secolo Ventunesimo, che dimostra di aver
raggiunto vette inspiegabili, abbia modificato profondamente il senso di
giudizio, quello obiettivo di considerare ancora ciò che è valore, quello che è
merito e quanto possa esistere di negativo dentro se stesso e nei confronti
degli altri. Sembrerebbe che i parametri di giudizio e di raffronto siano
scomparsi; annullati in un qualunquismo che viene paventato per uguaglianza che
non si avvicina per niente al senso di fratellanza e dove tutto dovrebbe essere
posto sopra una bilancia che pende inesorabilmente da una parte e verso l’altra
senza alcuna ragione, senza nessuna motivazione o ponderazione interiore.
Verrebbe da pensare che l’uomo in generale sia sottoposto ad una narcotizzazione
costante che lo rende sopito, adagiato e demotivato a risvegliarsi da un sonno
che, a lungo andare, potrebbe annientarlo.
Scrive Publio
Ovidio Nasone – (43 a. C. -18ca d. C.) – poeta latino, letterato di successo
nato a Sulmona (AQ): «Laudamus
veteres, sed nostris utimur annis, / Mos tamen est aeque dignus uterque coli»,
lodiamo pure gli uomini del passato, ma viviamo ugualmente la vita dei nostri
giorni; tanto i costumi antichi come quelli moderni sono ugualmente degni di
rispetto ma non dobbiamo però dimenticarci degli insegnamenti che da questi ci
provengono. In mezzo a tanti ammaestramenti avremmo bisogno di riscoprirne non
solamente il valore ma anche saperne e discernere il reale merito, che il più
delle volte sfugge, lasciando spazio sì a quelli nuovi ma se sappiamo crearne
alcuni attuali, dovremmo rivalutare anche quelli trasmessici da un passato che
invece cerchiamo di abbandonare come non fosse mai esistito o, peggio ancora,
facendo del revisionismo inutile, che talvolta sembra più ispirato da
preconcetti, demagogie o per paura di sembrare obsoleti. Il nostro stimato
Autore si è posto sicuramente non soltanto questi interrogativi e li ha
sviscerati, presentandoli con una chiarezza disarmante e, allo stesso tempo,
cogliendone quegli aspetti che si vorrebbero far passare per superati; per non
dire da cancellare dalla mente dell’uomo razionale e pensante.
Se “la dignità
è di tutti e per tutti”, prosegue Tommaso Romano, dobbiamo inequivocabilmente
«Tornare all’equilibrio e all’equità vera, alla sostanzialità del linguaggio,
come ha insegnato Attilio Mordini, sono fonti necessarie per ristabilire e
ridare qualità e organicità al corpo sociale, rivalutando, vivificandole, le
naturali gerarchie dalla dimensione asfittica che viviamo, piuttosto che
isterilire del tutto, in una prospettiva virtuosa di miglioramento, realmente
aperta, facendoci uscire, se solo lo si decidesse, dall’uniforme e non
divenendo pedine forse inconsapevoli, strumenti di “élite” oligarchiche e
dirigiste che impongono e orientano gusti, opinioni, costumi, mode, oltre che
l’economia, la politica e lo stesso diritto, in nome di una astratta e falsa
libertà». Ci trova totalmente d’accordo, il carissimo Tommaso, senza essere
eccessivamente retorici e tantomeno pedanti.
Il volume
corposamente sostanziato nella parte del Florilegio,
trova culmine e riscontro nel Saggio di Amadeo-Martin Rey y Cabieses.
Avvalendosi della elevata forma stilistica ed espressiva che, da sempre,
contraddistingue il nostro Autore siciliano, si completa nella elegante e
suggestiva veste editoriale, in parte in bianco e nero, nell’altra a colori,
dove fra diversi Enti e Associazioni che hanno concesso il Patrocinio Morale,
figura anche il simbolo della nostra antica Accademia Collegio e un mio breve pensiero
sull’argomento.
Vogliamo
rassicurare il carissimo amico Tommaso Romano che il paventato rischio non
solamente ha fatto perdere efficacia all’azzardo paventato, ma ha abbattuto
tutti quegli assurdi preconcetti che, riuscendo a essere camuffati da attualità,
rendono l’uomo dei nostri tempi sempre più schiavo di se stesso e di quel voler
essere diverso, scadendo invece in qualunquismo che sembrerebbe più deleterio
che produttore di progresso e cultura. Quindi, per terminare con parole
semplici: ottimo lavoro! Ci auguriamo, ora, che possa contribuire a rifare
l’uomo dei nostri tempi.
Nessun commento:
Posta un commento