di Giuseppe La Russa
Una
poesia costruita nel tempo e dal tempo, che ne annoda i fili infiniti, che ha
la sostanza del passato e fa da cerniera verso il futuro, che profuma di eterno
ma si contamina di carnalità quotidiana. La silloge Maredentro di Giusi Lombardo, edita da Thule con prefazione di
Giuseppe Bagnasco, lascia questa forte impronta al lettore, un desiderio di
infinito, un singulto di eterno.
Già
l’immagine del mare, nel titolo e in copertina nel disegno di Gino Frattini,
offre l’immagine dello smisurato e della vastità insiti nell’intera raccolta: è
questa aspirazione verso una dimensione spirituale totale la spinta continua
che permea l’intera antologia di Giusi Lombardo, ma ad una analisi attenta il
libro ci offre altri spunti interessanti.
Le
note che attraversano l’intera raccolta sono quasi essenzialmente di natura
cromatica e, come proprio Giuseppe Bagnasco mette in luce nella sua
introduzione, esse giocano sulla diatriba luce/buio, che poi altro non sono che
l’attualizzazione visiva della dialettica speranza/disperazione; i testi della
raccolta, che appaiono come una accorata confessione, uno struggente grido di
umanità e all’umanità, sono l’epifania e la manifestazione, agli occhi dell’autrice,
dell’evoluzione perpetua delle cose, del cosmo: e se la deriva più ovvia e
naturale potrebbe essere la malinconia (Malinconia
è proprio il titolo di una delle poesie), la «commozione di quel che non c’è
più», l’intero volume mostra la ricerca e la maturazione di un senso, la lucida
consapevolezza che il trascorrere del tempo è un dato incontrovertibile ed è
proprio in quello spazio che l’uomo può e deve inserire la propria forza
creatrice e poietica, nel segno della luce e della speranza; luce e speranza,
si diceva, temi che vengono donati agli occhi del lettore attraverso vistose
pennellate cromatiche e mediante il frequente ricorso all’alba, quel momento
della giornata in cui tutto è ancora da inventare, da scoprire, da fare: «Poco
m’importa se c’è molto da fare,/ se dovrò lottare ancor con menti chiuse,/ ad
ogni alba inizia una nuova vita/ e potrò ricominciare a sperare//».
Solo
in questa consapevolezza e grazie a questa maturata coscienza, l’autrice può
far propria una verità forte ed indissolubile che potremmo riassumere
attraverso una massima di Henri Bergson: «Il mio stato d’animo si riempie di
continuo della durata che raccoglie». È questa nuova rivelazione che permette
all’uomo di cogliere il tempo, oltre che di viverlo, di raccogliere e generare
nuova vita dalla più trita quotidianità, di vedere l’eterno nell’attimo, di
nascere continuamente in un perpetuo e limpido soffio vitale: «E in un glorioso
momento/ un soffio vitale risorge, vola,/ si ferma nel tempo// di un lieve
momento/ che sa di eternità//».
Impossibile
nascondere le proprie ferite, del corpo e dello spirito, perché anch’esse
rendono un uomo ciò che è, perché anch’esse sono vita, ma anche con esse – e
grazie ad esse – si può continuare a Vivere
ancora, vivere in ogni fruscio, in agno alito di vento, in ogni frammento,
perché «Eterno è il tempo/ che mi trasforma e mi evolve/ attimo dopo attimo…//»
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