di Domenico Bonvegna
Dopo aver letto e presentato
dei testi che evidenziano la distanza netta tra il Nord e il Sud Italia, come “Brandelli
d'Italia”, di Romano Bracalini e “Il Sud deve morire” di Carlo
Puca, ma anche“Un paese troppo lungo” di Giorgio Ruffolo. Anzi qualcuno
rileva pure la superiorità del Nord. Mi appresto a presentare un testo che
seppur fa notare, la distanza tra il Nord e il Sud, nello stesso tempo traccia
un percorso di riabilitazione del Mezzogiorno. Mi riferisco a “Il Sud
Puzza”. Storia di vergogna e d'orgoglio”, di Pino Aprile
(Piemme, 2013).
Anche Aprile fa una specie
di viaggio nelle regioni meridionali e racconta in 400 pagine come il nostro
Mezzogiorno d'Italia, nonostante tutto ha le potenzialità per risollevarsi. Il
libro racconta anche nei minimi particolari, come i napoletani, i pugliesi, i
lucani, i calabresi, i siciliani, a poco a poco, si sono risvegliati, assumendo
quello spirito antagonista, per ribellarsi.“E' la storia di
una decisione che ne ha portato con sé molte altre, e che si riassume in un
grido di protesta: 'non vogliamo sopportare più'”. Ma che cosa ha fatto
ribellare i meridionali? Per Aprile è stata,“La Puzza”, anzi “Le
Puzze”. Le puzze di Taranto con l'Ilva, di Gela con l'Eni,
della “Terra dei fuochi”, con i veleni tossici, in Campania, con i pozzi
petroliferi in Lucania. E' un Sud che rischia di morire di cancro, di leucemia,
di malattie genetiche, proprio perchè in certi suoi territori, senza badare
all'ambiente naturale, si sono costruite industrie o si è scaricato rifiuti
tossici pericolosi.
In tutte queste “puzze”, ci
sono intrecci politici e malavitosi, che per Aprile, non sono solo prodotti del
Sud, spesso sono del Nord. Tante volte si è parlato e scritto sui mali che
affliggono il Meridione, tra quelli più vistosi, non si può trascurare il
fenomeno mafioso. Molti hanno scritto che il Sud per decollare deve liberarsi
da tutte le criminalità organizzate. Il libro di Aprile, racconta in maniera
semplice, come fare per liberarsi da questa malattia, ma anche da tutte le
altre che affliggono e tengono prigioniero il Sud.
Pino Aprile è ottimista,
forse anche troppo, il Sud risorgerà. Lui ci crede, forse, tra i giornalisti,
scrittori, è quello che ci crede di più, si nota in “Terroni” e
in “Giù al Sud”. Questo ottimismo nasce dal proliferare di numerose iniziative, dalle tantissime
associazioni, nate per sensibilizzare e contrastare tutto quello che ha
affossato il Sud, principalmente, la criminalità. E' ottimista perchè intravede
una fitta rete di persone ricostruttori di buona società. E questo si nota
principalmente nella “Terra dei fuochi”, in Campania, nella piana
del Volturno, dove la puzza ha fatto letteralmente ribellare le varie comunità
del territorio. Per Aprile si tratta del più grande avvelenamento di massa in
un Paese occidentale. Come minimo, i politici, di fronte a un disastro del
genere dovrebbero perdere il sonno. Per il momento, lo perdono i napoletani.
Ricordo il racconto di padre Maurizio Patriciello, nel suo “Non
aspettiamo l'apocalisse”, Rizzoli (2014), dove scrive che per la forte
puzza, non riesce a prendere sonno. La
Campania felix, era una terra ricca,“non c'e frutta, ortaggio che possa concorrere con quelli coltivati
qui, né terra, in Europa, che dia, come questa, sino a quattro raccolti l'anno”.
Ora è diventata, infelix. A fianco di questi terreni coltivati, c'è
un'immensa discarica, “di migliaia e migliaia di tonnellate e rifiuti
tossici e no, ammassati per anni in modo illegale e poi persino legale[...]”.
Qui troviamo interessi della camorra, ma anche della grande industria del Nord,
“che ha pensato di essere furba e risparmiare, scaricando i suoi scarti
tossici attraverso un circuito illegale[...]”. Scrive Aprile, a proposito
dei veleni, “oggi in Campania si respira e si mangia diossina in percentuale
sino a diecimila volte superiori alla media italiana e ci sono più di 2.500
siti da bonificare, il doppio della Lombardia[...]”. Il tutto in un
territorio, in un'area dove c'è la più alta densità di esseri umani per metro
quadro, al mondo.
Il giornalista pugliese, nel
libro, non può non fare riferimento a don Patriciello, un grande prete, parroco
a Parco Verde (non vi inganni il nome).“Siamo diventati sommelier
delle puzze: dal colore del fumo (nero: plastica; grigio: polistirolo...) e
soprattutto dall'odore, sappiamo indovinare cosa brucia. E, con buona
approssimazione, dal vento che tira, pure dove”. Padre Patriciello è
diventato un leader involontario delle tante associazioni che vogliono liberare
la piana dei veleni. E Aprile, le elenca tutte, ci sono volute 4 pagine. C'è
stata una proliferazione di comitati, quello che non è avvenuto in trent'anni,
e successo in soli due anni. Aprile alla fine, si chiede:“cosa unisce
medici, preti, ambientalisti, attori, economisti, ciclisti, casalinghe,
attivisti antimafia...?”. La risposta mi sembra ovvia.
Rimanendo in Campania, il
libro di Aprile affronta anche il grosso nodo del famigerato quartiere dei
centomila di Scampia a Napoli.“Bisogna essere geni per
costruire il caos sociale con tale precisione […] Una perfetta antisocietà
civile; o società incivile”. A proposito Aprile scrive:“E'
l'immagine del Sud: costruito male, per obbligarlo al male e all'assenza di
futuro[...]”.
Il capitolo, dedicato a
Scampia, parte dalla manifestazione del Carnevale, tra le strade del
territorio. Le associazioni che lo organizzano a poco a poco sono riusciti a
coinvolgere gli abitanti. I vari organizzatori legati allo slogan,“Qui si fa
la buona Scampia o si muore”, cercano la ricostruzione sociale del territorio.
“E' lungo l'elenco dei sognatori, perchè si sappia che non è utopia far
bella Scampia”, scrive Aprile. Anche a Scampia l'associazionismo prolifera,
anzi qui c'è il più alto tasso di “cure sociali per metro quadro
d'Europa”. I religiosi sono i più attivi come sempre. E' una lunga lista,
per forza, incompleta, addirittura Aprile scrive: se vi annoia saltate il
paragrafo.
Tuttavia anche per Scampia
Aprile vede il riscatto, non è un “inferno chiuso, ripiegato su se stesso a
consumarsi nel male”. Invece, è innervato da una rete di luci, sono quelle
associazioni, come la palestra Maddaloni, dove frequentano oltre cinquecento
persone.“E' il sociale concepito come capacità di innovazione, - ha
detto Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione Con il Sud - lo stare
insieme per costruire regole e progetti comuni. La somma di queste cose può
cambiare il quartiere”.
Un intero capitolo è
dedicato all'altra “puzza” del Meridione. Taranto, la città più inquinata
del mondo. Pino Aprile, conosce bene il territorio, perche c'era, quando è
arrivata la più grande fabbrica siderurgica d'Italia, d'Europa. Abitava
di fronte e sua madre si accorse subito, cosa significava: l'odore e la polvere
nera. “Smettemmo di vivere con le finestre aperte; di passare le notti
d'estate sul balcone. Un'unica tinta fra il bruno e il rossastro spento si
stese sull'intero quartiere; il nostro mondo perse i colori”. Poi la gente
cominciò a morire, di “brutto male”, allora non si diceva di cancro o di
tumore. E anche qui il libro racconta delle associazioni di tarantini, nate per
salvare la città e la sua gente. Le difficoltà, la fatica, dei vari promotori a
far capire, a prendere coscienza agli ignari e distratti tarantini della grave
pericolosità dei veleni diffusi dall'industria.
Il capitolo dedicato alla
Calabria, prende il nome di “Orgoglio”, forse perchè un
professore, un intellettuale, si è messo in testa di reagire, di ribellarsi a
certi sistemi. E' Giancarlo Costabile, professore all'università
di Arcavacata di Cosenza, uno di destra, che è approdato alla teologia della
liberazione di Freire. Ha indetto un corso di studi dove secondo Aprile,“entri
terrone inconsapevole e da cui esci terrone consapevole”. Il testo di
riferimento è un libro di pedagogia,“La Pedagogia degli oppressi” di
Freire. Il professore cambia strategia di studi, non più l'aula, ma bisogna
andare a studiare fuori, negli ambienti dove vive la gente, dove si contesta il
sistema. Pare che il corso di studi ha
avuto un certo successo, Aprile stesso ha parlato ad una grande folla di
studenti.
In Aprile noto un certo
fascino per i temi “terzomondisti”, dove si sottolinea la negatività della
“conquista” occidentale dei territori dell'America latina. Nel capitolo Aprile
racconta il suo percorso nel territorio calabrese, a cominciare da San Luca,
alla Piana di Gioa Tauro. Soprattutto espone i viaggi in pulmann, carovane di
auto, del professore Costabile con i suoi studenti. Arrivano in cento,
duecento.”Tutti in paese sanno e vedono che l'università 'va a lezione' di
sana cittadinanza da chi non si piega al boss, che magari è amico del sindaco,
del parlamentare, a cui procura voti”. Da questi viaggi dovrebbe nascere,
stimolare la nascita di una nuova società. Per Aprile, è la Pedagogia
della resistenza che produce qualcosa per la società.
Poi c'è il capitolo della Lucania,
“la regione nascosta”, la “colonia d'Italia”. Dove le compagnie
petrolifere stanno ottenendo diverse concessioni per estrarre il petrolio. Qui
Aprile evidenzia la pericolosità dei vari siti vicini ai centri abitati. Nell'ultimo
capitolo si affronta la situazione complessa della Sicilia. In questo
caso a puzzare, è soprattutto la costa meridionale.“Un paradiso stuprato
dall'industria chimica e petrolifera[...]”. Mezzo secolo di inquinamento,
danni genetici, tumori. Aprile racconta come mutò il territorio intorno alla
marina di Melilli, fra Augusta e Siracusa. Come hanno eliminato un migliaio di
persone, proprio come hanno fatto a Gioia Tauro. Anche qui bisognava scegliere
tra lavoro e salute. E poi si passa a Gela, dove si offriva il lavoro a tanti
siciliani. Anche qui ben presto si scoprì che l'industrializzazione del
territorio, portava guai ben peggiori. Nacquero le associazioni non solo
ambientaliste per denunciare il problema.
Il libro di Aprile coniuga
molto il passato storico con il presente del Meridione. Ogni tanto apre delle
parentesi sulla storia, e riferisce della brutale conquista del Sud ad opera
dei piemontesi nel 1860. Fa riferimento ai cosiddetti “briganti”, che hanno
lottato contro la militarizzazione del loro territorio. Forse è il giornalista
che più di altri ha rivendicato magari confusamente un certo orgoglio
meridionale nei confronti del Nord. Aprile denuncia il potere politico che ha
condannato il Sud e continua ancora oggi a condannarlo:“alla minorità
infrastrutturale (meno strade e rare autostrade, niente treni, pochissimi
aeroporti, mentre il resto del Paese ne viene dotato pure con i soldi dei
meridionali).
Pertanto dopo aver
riscoperto come è stata unificata l'Italia, a tutto danno dei meridionali, sono
nati comitati, associazioni, partiti, che pretendono equità e rispetto della
verità storica, come quella che riguarda Pietrarsa, presso
Napoli, dove c'era la più grande ed efficiente officina meccanica del tempo,
dove i soldati nel 1863 spararono contro i lavoratori decisi ad impedire la
rottamazione della fabbrica, per favorire la più piccola del genovese Ansaldo.
Aprile sottolinea la
pubblicazione, in pochissimi anni di opere che fanno giustizia sulla verità
storica della conquista del Sud. Non solo libri, ma anche decine di lavori
teatrali che si richiamano alla storia negata, alle stragi patite, ai ribelli
che presero le armi e furono sterminati, come l'eccellente festival della Grancia
in Lucania. Ormai rileva Aprile, nonostante l'avversione di alcuni
cattedratici, all'università, sembra normale presentare tesi e tesine che
raccontano un'altra storia, sul risorgimento. A questo proposito mi piace
ricordare, quando presentai alla prof di storia, alle superiori, io giovane
studente, uno studio di due fogli di carta di protocollo sulla storia
della Vandea e dei crimini dei giacobini francesi.
Dopo “Terroni”,
scrive Aprile, mi chiedevano:“Quando sarà davvero unita l'Italia?”. Io
rispondevo:”Il giorno che ci daremo appuntamento in via Cavour, angolo via
Carmine Crocco Donatelli”. Pareva fantascienza proprio in un paese
della Puglia, a Villa Castelli (Brindisi), ci si può incontrare fra “Via
Garibaldi e via Sergente Romano”.
Pertanto per Aprile, non
sono fenomeni diversi quelli della moltiplicazione di comitati, associazioni,
dei ribelli positivi sulle questioni ambientali, economiche, della salute, da
quelli dei valori e temi storici. Lo
spirito antagonista è lo stesso. Infatti capita spesso che a dare vita ai
comitati antimafia e contro le discariche, sono gli stessi protagonisti del
recupero della storia nascosta e dimenticata del Sud.
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