di Domenico Bonvegna
Da qualche tempo si assiste a uno
stillicidio di messaggi e di commenti su facebook
dove più o meno “amici” danno giudizi “pesanti” sui discorsi o prese di
posizione dell’attuale Pontefice papa Francesco, a volte i messaggi sono
talmente puerili e ridicoli che viene da ridere o forse da piangere. In questi
giorni sempre preso dalla mia curiosità culturale, questa volta religiosa
teologica, mi sono imbattuto in un testo singolare, “Un pellegrino che ‘comincia da
Gerusalemme’”, sottotitolo: “Esercizi
spirituali sull’autobiografia di Ignazio di Loyola con riferimenti al Cammino
dell’uomo di Martin Buber”, scritto da un gesuita, Francesco Rossi De Gasperis,
pubblicato dalle Paoline (2015). Per la verità il libro ancora non l’ho letto
tutto, ma in particolare sono rimasto colpito dal capitolo, XXI: “Regole per il retto sentire che nella
Chiesa militante dobbiamo avere”. Ci sono alcuni passaggi che sembrano
fatte apposta per rispondere a quegli “amici” di facebook che da tempo si sono
dedicati allo sport di infangare l’attuale Sommo Pontefice.
Padre De Gasperis ci invita a pregare e
sulla linea degli Esercizi, propone
le regole “per il nostro genuino sentire
nella Chiesa militante”. Sono delle indicazioni, un invito “a porsi personalmente nella Chiesa, nelle
Chiese, là dove ognuno si trova, per vedere che cosa può fare di più e di
meglio ‘per formarci a sentire (quasi istintivamente) con profonda simpatia
nella Chiesa militante”.
La prima regola è quella di deporre ogni
giudizio, “dobbiamo tenere l’animo
apparecchiato e pronto per obbedire in tutto alla vera sposa di Cristo nostro
Signore che è la nostra Santa Madre Chiesa gerarchica”. E’ qui che Nostro
Signore Gesù Cristo continua ad operare nella storia, attraverso i successori
di Pietro e quindi anche con papa Francesco.
Padre De Gasperis ci mette in guardia
dal non vedere la Chiesa “con gli occhi
terreni e di cui si legga sui giornali”. La vera Chiesa si coglie in verità nell’atto di fede
cattolica: “Credo Ecclesiam”. S. Ignazio nel suo tempo l’aveva capito bene.
Quattro
direzioni verso cui camminare.
Pertanto il gesuita suggerisce, quattro direzioni verso cui camminare: “prima di tutto dobbiamo imparare a ‘sentire nella Chiesa’, rendendoci più
e meglio consapevoli della sua inculturazione nell’Italia odierna, con i suoi
pesi e misure, senza immaginare di trovarci o in un ambiente culturale
differente o, addirittura, liberi da ogni condizionamento culturale. La Chiesa -scrive De Gasperis – di per sé, dovunque si trovi, non
è italiana o francese o giapponese od orientale od occidentale…”Essa è di
Dio e di Cristo, dispersa e pellegrina a Roma, come a Berlino o a New York o a
Mosca”. A questo proposito il gesuita rimprovera tutti quelli che ritengono
che la Chiesa italiana sia più Chiesa delle altre. Non possiamo accettare che
la fede di un giapponese sia minoritaria rispetto alla nostra, come “se la fede venisse dall’antichità del
credere o dalla geografia, invece di essere un dono teologale di Dio”. Del
resto anche nella stessa Italia, la fede è vissuta in diversi modi.
Tra l’altro padre De Gasperisdopo avere
scritto che la Chiesa in Italia è molto
clericale, un po’ arrogante e provinciale, sostiene che l’ideale per una Chiesa non è una presenza
massiccia di clero. Come se chi ne ha poco è un sottosviluppato, “forse in alcune cose, i sottosviluppati
siamo noi, proprio a causa della sovrabbondanza di clericalismo”. Il padre
gesuita, è abbastanza critico verso certe esagerazionireligiose tipicamente
italiane. Bisogna stare attenti a non sacralizzare quelle che sono tradizioni
di uomini, come dice Gesù (Mt 13,1-9; Mc 7,1-13), anche se gli uomini sono
rispettabili.
Occorre ringraziare il Signore “di quello che siamo, ma senza
rivendicazioni campanilistiche, senza totalitarismi e immobilismi, che ci
rendono arroganti, non servi di Dio nella sua
Chiesa, ma padroni nelle nostre comunità”.
Padre Francesco Rossi De Gasperis parla
di bastioni caduti, a cominciare da
quello dell’”ideologia del papato”,
ad opera di papa Ratzinger.
La
Chiesa passata per il Concilio Vaticano II.
Il Concilio Vaticano II, forse è stato
troppo europeo e soprattutto si è celebrato contro
nessuno, forse l’unico nella storia della Chiesa. “Per questo fu molto più sereno degli altri(…)e ci ha dato una visione
più equilibrata e completa della verità cristiana e della Chiesa cattolica…”.
Per il gesuita “il Vaticano II potè fare
un discorso più tranquillo, più disteso, meno polemico e, quindi, più vero(…)”.
Comunque sia il Concilio si è mosso secondo l’idea che tutti i problemi e
situazioni della e nella Chiesa si dovrebbero sempre affrontare “Cominciando
da Gerusalemme”(Lc 24,47)da dove,
cioè, Dio ha cominciato e sempre dirige il nostro cammino-, più e prima che
dalle tappe successive e intermedie, costruite dagli uomini lungo i loro
sentieri”.
Il Vaticano II per padre Francesco, “ha seguito una linea di recupero: per ‘aggiornare’ la trasmissione della
fede, bisogna capire da dove si deve partire, che cosa si può e si deve
aggiornare”. Naturalmente, il Concilio, “non
ha mostrato alcun complesso cristiano di inferiorità dinanzi alla società
civile”.
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