di Lino Di Stefano
L’Autore del volume di cui stiamo
per occuparci – ‘…Libera e una!’ (Thule, Palermo, 2015) – si chiama Corrado
Camizzi e senza indulgere a sedicenti encomi, egli non ha, certo, bisogno di
presentazioni essendo la tua attività scientifica, nella fattispecie
storiografica, conosciuta non solo per la sua attività, appunto di storico, ma
anche per i suoi interessi pedagogico-speculativi, coltivati, in particolare,
per alcuni temi scolastici, soprattutto gentiliani.
Questa volta il docente emiliano è tornato ai motivi cari alla Musa
della storia, Clio, con un ampio ed articolato affresco relativo alle complesse
vicende che portarono la penisola alla sua unità dopo tanti sacrifici e dopo
molte sofferenze. Giustamente, il Prefatore, Giulio Vignoli – docente di
Diritto europeo e storico anche lui – ha definito il lavoro di Camizzi “un libro che opportuno, è un sasso nello
stagno putrido di questa Italia sordida e vile, che pare non avere più una
meta”.
Corrado Camizzi intitola il primo capitolo della sua preziosa ricerca,
‘La Nazione’, termine, com’è noto, quasi sconosciuto nell’Italia di oggi stante
l’uso e l’abuso del vocabolo ‘Paese’, poco adatto, a nostro giudizio, ad
esprimere la vera identità di un popolo visto, altresì, che la Nazione è la
comunanza di cultura e di lingua alla quale vanno aggiunti i fattori geografici
, storici, economici, giuridici etc., fermo restando, scrive l’Autore, che
l’Italia “come ‘nazione culturale’ è ben più antica della ‘nazione politica’”.
E, al riguardo, egli cita non solo autori italiani come Dante, Petrarca,
Cuoco e Mazzini, ma anche scrittori stranieri come Herder ed altri; a questo
punto, sebbene Gramsci ritenga che si possa parlare solo di ‘Età della
Rivoluzione francese’, Camizzi intesta un altro suo capitolo esattamente,
‘L’età del Risorgimento’ circoscrivendolo, opportunamente, tra inizi Settecento
e prima metà del Novecento non senza definirlo “risveglio della coscienza
nazionale”.
Quantunque l’eminente storico Gioacchino Volpe
considerasse fattore centrale del Risorgimento non tanto la creazione dello
stato unitario, bensì quella realtà voluta dal popolo italiano; in definitiva,
per lo storico abruzzese, il Risorgimento “fu una conquista degli Italiani su
se stessi, prima ancora che non sugli stranieri”. A questo punto, Corrado Camizzi affronta anche il problema
del Settecento individuando nelle
riforme e nei grandi autori - quali Goldoni, Alfieri, Parini, Muratori e
Giannone ed altri scrittori – i pròdromi del risveglio nazionale.
Riconoscendo, inoltre, il positivo ruolo svolto dagli Stati italiani,
segnatamente il Piemonte, per una collaborazione fra cultura e politica in
vista del risveglio nazionale; ora l’Autore, entrando ‘in medias res’, affronta
una questione capitale per l’Italia e per l’Europa e vale a dire l’Illuminismo
italiano avente come centri principali Milano, Firenze e Napoli con esiti
considerevoli sia sul piano letterario, sia nella sfera artistica e filosofica.
Anche in questo caso, l’Italia si trovò al centro di tale importante
fenomeno e ciò vuoi per il generale clima di rinnovamento che agitò le Nazioni
più civili dell’Europa, vuoi per la nascita, nella penisola, di Circoli
di prestigio come, ad esempio, ‘Il Caffè’, vuoi, ancora, per la presenza
di studiosi di grande levatura come i fratelli Verri, Cesare Beccaria, geniali avventurieri quali Casanova,
Cagliostro e Gorani e, naturalmente, la celebre triade formata da Goldoni,
Alfieri e Parini.
L’Autore, nella sua ampia ricerca, affronta, altresì, moltissime altre
questioni storiografiche non escluse
Restaurazione e Controrivoluzione tenuto conto, son sue parole, che “il
pensiero controrivoluzionario dell’Ottocento fu radicalmente conservatore anche
a costo d’ignorare completamente i mutamenti politico-sociali e culturali che
si erano verificati a cavallo dei due secoli”. E, qui, egli cita due autori ovverosia Monaldo Leopardi, padre del poeta, e
Clemente Solaro della Margherita; anche le Società Segrete non sfuggono alle
indagini di Camizzi il quale fa esplicito riferimento ai vari martiri
Santarosa, Morelli, Silvati, Pellico e Maroncelli .
Da qui, il passo alla cultura romantica è breve considerato che l’Autore
discute, con cognizione di causa, dei vari movimenti che agitarono il periodo e
degli uomini preposti alla formazione degli Italiani e della Nazione: Foscolo,
Rosmini, Lambruschini, Mazzini, Gioberti, Tommaseo e tanti altri. Ecco perché
occorreva attuare le riforme senza le quali l’unità non si sarebbe realizzata.
Ed eccoci giunti al famigerato ‘48 che tante speranze suscitò negli
Italiani specialmente quando Carlo Alberto impegnò la propria dinastia in vista
dei futuri destini della patria italiana ad onta degli ostacoli frapposti dal
Papa e dall’intero Stato pontificio ; per fortuna, i fatti andarono per il
verso giusto con l’unità realizzata sotto il vessillo del ‘mito sabaudo’ non
senza qualche dolorosissimo sacrificio come la cessione di Nizza e del suo
territorio alla Francia.
Sicché si può con concludere, con l’Autore, che “la formazione dello
Stato nazionale in Italia è, forse, insieme con l’unificazione tedesca, il
fatto di maggiore portata europea del XIX secolo”; senza nessuno stupore, egli continua,
se “attorno all’Italia del Risorgimento si concentrò, specialmente nel
cinquantennio fra il 1820 e il 1870, il vario interesse dei sovrani e
dell’opinione pubblica europea”. Ciononostante, molti problemi rimasero
irrisolti ad iniziare dalla ‘questione romana’ dato che Roma era destinata a
diventare capitale della Nazione.
Nel ‘70’, poi, la questione si risolverà mentre resterà sul tappeto il
problema del Mezzogiorno risalente al Medioevo e, se si vuole, anche ad epoche
antecedenti. Comunque, alla fine, tutto si risolse sebbene restassero fuori dai
confini nazionali le cosiddette ‘terre irrendente’. Nelle pagine finali del suo
pregevole saggio, l’Autore riporta, al riguardo, anche giudizi di studiosi
stranieri.
Come, ad esempio, Pecout, Michels e Vossler
non esclusi i nostri Salvatorelli – il quale riteneva che il Risorgimento
iniziasse nel ‘700 – Maturi che parlava
di Risorgimento come mito etico-politico e Croce per il quale non vi fu scadimento di
tono tra l’Italia risorgimentale e quella unitaria. A questo punto,
accomiatandosi dal lettore, Corrado Camizzi
chiude le sue riflessioni sul Risorgimento facendo sue le tesi del
grande storico Gioacchino Volpe.
Secondo quest’ultimo ed altri studiosi, infatti, il Risorgimento fu un
fenomeno prettamente italiano in quanto i sintomi sono rintracciabili attraverso
i secoli visto che il concetto di ‘Nazione italiana’, in senso culturale, era
presente nella mente delle persone più preparate fin dai primi anni dell’XI
secolo. Non essendo possibile esaurire nell’ambito di un articolo l’intima
ricchezza del volume di Corrado Camizzi, aggiungiamo che esso è stato ben
concepito ed altrettanto diligentemente sviscerato
in tutte le sue parti.
Anche, è doveroso sottolinearlo, con la
dimostrazione, da parte dell’Autore, di un grande amore per la propria patria,
termine, quest’ultimo, rifiutato dagli Italiani per una presunta ed errata
convinzione di richiami a fantasmi
nazionalistici, laddove esso indica sempre e semplicemente la terra dei padri.
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